Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10276 del 19/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 19/04/2021, (ud. 08/10/2020, dep. 19/04/2021), n.10276

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 388-2020 R.G. proposto da:

FARMACIA M. SAS DI M.V. E C., in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato ALFONSO TORDO CAPRIOLI;

– ricorrente –

contro

M.M.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BARNABA ORTANI 85, presso lo studio dell’avvocato VALERIO DI GRAVIO,

che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE

TAMBERI;

– resistente –

per regolamento di competenza avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di

NUORO, depositata il 07/11/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 08/10/2020 dal Consigliere Relatore Dott. MILENA

FALASCHI;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. MISTRI CORRADO, che chiede che

l’istanza di regolamento necessario di competenza meriti di essere

accolta, disponendosi per l’effetto la prosecuzione del giudizio

sospeso.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA E RAGIONI DELLA DECISIONE

La Farmacia M. s.a.s. di M.V. & C. depositava, dinanzi al Tribunale di Nuoro, ricorso per ottenere decreto ingiuntivo nei confronti di M.M.A., in qualità di titolare della Parafarmacia Nini, cancellata dal registro delle imprese, per il pagamento di una fattura rimasta insoluta per un totale di Euro 51.768,46, decreto che veniva emesso in data 15 febbraio 2019 e avverso il quale la intimata proponeva opposizione, chiedendo in via preliminare la sospensione del procedimento, ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in attesa della definizione dei giudizi pendenti avanti al Tribunale di Viterbo ed il giudice adito, a scioglimento di riserva, disponeva la sospensione del giudizio sull’assunto che avendo il V. presentato il ricorso monitorio nella qualità di legale rappresentante della Farmacia M. s.a.s., qualità contestata dalla opponente, e dipendendo la stessa dalla decisione in ordine alla validità o meno del contratto di cessione di quote societarie e dal valido esercizio del diritto di opzione da parte di Me.Cr., esistendo peraltro sulle quote del V. sequestro giudiziario accordato dal Tribunale di Viterbo, ai sensi dell’art. 670 c.p.c., avanti al quale pendeva controversia sulla proprietà delle quote sequestrate, per cui riteneva che in siffatta situazione di fatto il V. potesse non avere titolo per azionare il credito esposto nel decreto ingiuntivo impugnato.

Avverso l’ordinanza di sospensione del procedimento, depositata in data 7 novembre 2019, la Farmacia M. s.a.s. ha proposto regolamento di competenza, ai sensi dell’art. 42 c.p.c., notificato in data 16 dicembre 2019, articolato su tre motivi, dopo brevi premesse sulla natura dell’istituto di sospensione necessaria del processo, anche alla luce dei principi costituzionali ed unionali, illustrati anche da memoria.

Ha resistito la M. con memoria difensiva ex art. 47 c.p.c., nella quale riproduce le difese svolge in sede di opposizione sostenendo la tesi del conflitto di giudicati in ipotesi M.V. non venisse riconosciuto legale rappresentante e socio accomandatario della Farmacia M. dal Tribunale di Viterbo.

Essendosi ritenute applicabili le condizioni per la decisione ai sensi dell’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Procuratore Generale di formulare le sue conclusioni e all’esito del loro deposito è stato adottato decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– con il primo motivo la ricorrente lamenta ex art. 360 c.p.c., comma 3 la violazione dell’art. 295 c.p.c. in conseguenza della violazione dell’art. 75 c.p.c. in tema di legittimazione processuale, per avere il giudicante errato nella ricerca e nella interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto. In altri termini, ad avviso della ricorrente, il Tribunale di Nuoro avrebbe confuso i concetti di legittimazione processuale, intesa come capacità di agire in giudizio, con quello di legittimazione ad agire intesa come titolarità della specifica situazione giuridica controversa e potere di agire a tutela di essa.

Con il secondo motivo la ricorrente, sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 3, denuncia la violazione dell’art. 295 c.p.c. in conseguenza della falsa applicazione dell’art. 81 c.p.c. in tema di legittimazione ad agire, non avendo il giudice adito rilevato la carenza di pregiudizialità tecnica, anche sotto il profilo oggettivo, tra i due giudizi. Ad avviso della ricorrente la titolarità di quote in capo al socio V. non rappresenterebbe elemento costitutivo pregiudiziale di una vertenza di recupero crediti azionata dalla società nei confronti dei suoi debitori, posto che da quest’ultima decisione non potrebbe dipendere dalla risoluzione del contratto di cessione di quote per esservi diversità soggettiva tra i due giudizi che esclude la possibilità di un conflitto pratico di giudicato di Nuoro per il recupero crediti della società e quello di Viterbo relativo alla titolarità della quota di socio accomandatario.

Con il terzo motivo la ricorrente, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamenta la falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c. per la carenza del rapporto di pregiudizialità nel caso di specie, sia sotto il profilo soggettivo sia quello oggettivo, per essere la norma invocata di stretta interpretazione.

Le tre censure – che per la loro evidente connessione argomentativa che le avvince vanno esaminate unitariamente – sono fondate.

Occorre ricordare che le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 1670 del 2003) hanno precisato non essere consentita la sospensione discrezionale del processo, spiegando che nel quadro della disciplina di cui all’art. 295 c.p.c. come novellato dalla L. 26 novembre 1990, n. 353 – non vi e più spazio per una discrezionale, e non sindacabile, facoltà di sospensione del processo, esercitabile dal giudice al di fuori dei casi tassativi di sospensione legale: ove ammessa, infatti, una tale facoltà – oltre che inconciliabile con il disfavore nei confronti del fenomeno sospensivo, sotteso alla riforma del citato art. 42 del codice di rito – si porrebbe in insanabile contrasto sia con il principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e della tutela giurisdizionale (art. 24 Cost.), sia con il canone della durata ragionevole, che la legge deve assicurare nel quadro del giusto processo, ai sensi del nuovo art. 111 Cost.; dalla esclusione della configurabilità di una sospensione facoltativa ope iudicis del giudizio, deriva sistematicamente, come logico corollario, la impugnabilità, ai sensi dell’art. 42 c.p.c., di ogni sospensione del processo, quale che ne sia la motivazione, e che il ricorso deve essere accolto ogni qualvolta non si sia in presenza di un caso di sospensione ex lege (Cass. n. 23906 del 2010).

Nel merito, a prescindere dai profili sottolineati dalla ricorrente della diversità delle parti dei due processi e della sussistenza o meno di un rapporto di pregiudizialità tra le due cause, il giudice non poteva disporre la sospensione necessaria ai sensi dell’art. 295 c.p.c. per essere stata erroneamente adottata in carenza di presupposto.

Infatti è da escludere che la causa petendi ed il petitum di questo giudizio, incentrati sul recupero di un credito che la Farmacia Mercaraglia vanta nei confronti di ditta individuale, la Parafarmacia Nini, per il mancato pagamento di una fattura relativa all’acquisto di prodotti farmaceutici, possa venire pregiudicato dall’esito del procedimento instaurato avanti al Tribunale di Viterbo avente ad oggetto l’accertamento della titolarità della quota di socio accomandatario della s.a.s. Farmacia M. di V.M., ed in particolare la controversia circa la validità di due contratti collegati, stipulati in pari vendita, di vendita delle quote della medesima Farmacia in favore del Dott. V. e del Dott. R., con opzione di acquisto della quota alienata al Dott. V. in favore di Me.Cr., nonchè l’esercizio del diritto di opzione da parte di quest’ultima.

Invero difetta nel caso perfino il rischio di una incompatibilità meramente logica fra i possibili giudicati dei due procedimenti in quanto, in base alla stessa prospettazione dei fatti, i giudizi riguardano ben distinte situazioni giuridiche soggettive tra loro, intercorrenti tra parti diverse, di talchè colui che ha agito per l’accertamento del credito non tende a contraddire le due distinte sfere di interessi rispetto alla verifica dell’avvenuto perfezionamento del contratto di alienazione delle quote della Farmacia e del correlato diritto di opzione da parte di Me.Cr. sulle medesime quote. Nè può ritenersi che una decisione sfavorevole al V. assunta dal Tribunale di Viterbo in ordine alla sua qualità di socio accomandatario e quale legale rappresentante della s.a.s. possa porre eventualmente nel nulla nei confronti della medesima s.a.s. il diritto a ricevere il pagamento della fattura relativa alla vendita di prodotti farmaceutici, giacchè il rapporto processuale regolarmente costituito in capo alla società per il tramite del suo (temporaneo) rappresentante legale non si modifica nè viene meno, nel corso del giudizio, ove muti l’identità della persona fisica titolare della rappresentanza della medesima società, non determinandosi alcuna confusione con quella degli altri diritti in contesa (Cass. n. 11536 del 2014).

Del resto per consolidata giurisprudenza di questa corte ai fini dell’applicazione dell’art. 295 c.p.c., per ritenere la pregiudizialità fra cause, è necessario che i due giudizi si svolgano tra le stesse parti, in ragione della influenza che la decisione assunta nel giudizio che ha connotazioni di pregiudizialità deve assumere nel giudizio sospeso (v. Cass. n. 4730 del 1999; più di recente, Cass. n. 12436 del 2017).

Dunque tra le varie cause pendenti fra le parti, non esattamente coincidenti, non sussiste neppure rapporto obiettivo di pregiudizialità, perchè i giudizi risultano essere stati introdotti in relazione a diverse causae petendi neppure parzialmente coincidenti.

Sul punto esiste soltanto un apodittico rilievo del giudice a quo circa la ricorrenza dei presupposti in discorso.

In definitiva, il ricorso va accolto e per l’effetto va cassata l’ordinanza di sospensione adottata dal giudice unico del Tribunale di Nuoro il 7 novembre 2019 nel procedimento n. 526/2019, il quale dovrà provvedere alla prosecuzione del giudizio, previa riassunzione nei termini di legge.

Va riservata al giudizio di merito la liquidazione delle spese processuali anche per questa fase del giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso e cassa il provvedimento impugnato;

dispone la prosecuzione del giudizio dinanzi al Tribunale di Nuoro avanti al quale rimette le parti, previa riassunzione nei termini di legge.

Le spese processuali del regolamento di competenza riservate alla fase di merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della VI-2 Sezione Civile, il 8 ottobre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2021

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA