Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10270 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10270 Anno 2015
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO

Cron.)02:40

SENTENZA
Rep.

sul ricorso 26062-2011 proposto da:
Ud. 20/02/2015

SCANSANI

LAURA SCNLRA27T43I362R,

RONCHI

ELENA
PU

RNCLNE60A70F205E, RONCHI MARIA LUCIA
RNCMLC59H44F2050, RONCHI FERDINANDO RNCFDN55TO1F205G,
RONCHI MARIA GRAZIA RNCMGR49S44F2050, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIALE GIULIO CESARE 14 A-4,
2015
484

presso lo studio dell’avvocato GABRIELE PAFUNDI, che
li rappresenta e difende unitamente agli avvocati
SILVIA ERINA MARIA FORTE, GIAMPAOLO PUCCI giusta
procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –

1

Data pubblicazione: 20/05/2015

contro

COMUNE BARANZATE, in persona del Sindaco pro tempore,
sig. GIUSEPPE CORBARI, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio
dell’avvocato LUIGI MANZI, rappresentato e difeso

calce al controricorso;

avverso la sentenza n.

controricorrente

2340/2010 della CORTE

D’APPELLO di MILANO, depositata il 23/08/2010 R.G.N.
1776/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 20/02/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI
ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato GABRIELE PAFUNDI;
udito l’Avvocato FRANCESCO BORASI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

dall’avvocato FRANCESCO BORASI giusta procura in

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 23/8/2010 la Corte d’Appello di Milano ha
0 respinto il gravame interposto dai sigg. Elena Ronchi ed altri nei
confronti della pronunzia Trib. Milano 24/1/2007 di condanna
generica al pagamento di somma a titolo di risarcimento del danno

nel Comune di Baranzate, con rimessione della relativa
liquidazione a separato giudizio, in favore del detto ente locale.
Avverso la suindicata pronunzia del giudice dell’appello sigg.
Elena Ronchi ed altri propongono ora ricorso per cassazione,
affidato a 3 motivi, illustrati da memoria.
Resiste con controricorso il Comune di Baranzate, che ha
presentato anche memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 0 motivo i ricorrenti denunziano <> degli artt. 18 L. n. 349 del 1986, 303, 311 d.lgs.
n. 152 del 2006, 81 c.p.c., in riferimento all’art. 360, 1 0 co. n.
3, c.p.c.
Si dolgono che la corte di merito abbia «omesso» il
<> all’esito dell’emanazione
dell’art. 303, lett. f), d.lgs. n. 152 del 2006, come modificato
dall’art. 5

bis

D.L. n. 135 del 2009, aggiunto dalla L. ( di

conversione ) n. 166 del 2009, che l’ha riservata allo Stato.
Con il 2 0 motivo denunziano «violazione o falsa applicazione
dell’art. 18 L. n. 349 del 1986, in riferimento all’art. 360, 1 °

3

ambientale per la compromissione dell’area di loro proprietà sita

co.

n.

3,

c.p.c.;

nonché

<> motivazione su punto decisivo della controversia,
in riferimento all’art. 360, l ° co. n. 5, c.p.c.
Si dolgono che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto
applicabile l’art. 18 L. n. 349 del 1986, pur trattandosi nella

mantenuta e all’evento dannoso conseguitone.
Con

il

motivo

denunziano

<> degli artt. 18 L. n. 349 del 1986, 2043, 2050, 2051
c.c., 40 c.p., 217, 218 T.U. leggi sanitarie del 1934, della L. n.
366 del 1941, del d.p.r. n. 915 del 1982, in riferimento all’art.
360, l ° co. n. 3, c.p.c.; nonché <> motivazione su punti decisivi della
controversia, in riferimento all’art. 360, l ° co. n. 5, c.p.c.
Si dolgono la corte di merito li abbia ritenuti in colpa per
la ravvisata violazione di obblighi di sorveglianza e di vigilanza
invero non previsti dall’art. 18 L. n. 349 del 1986, il quale non
prevede nemmeno una responsabilità solidale dei proprietari del
fondo, viceversa ritenuta sussistente nell’impugnata sentenza.
I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto
connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati.
Va anzitutto osservato che come questa Corte ha già avuto modo
di affermare, il ricorso per cassazione richiede, da un lato, per
ogni motivo di ricorso, la rubrica del motivo, con la puntuale
indicazione delle ragioni per cui il motivo medesimo -tra quelli
espressamente previsti dall’art. 360 c.p.c.- è proposto;

4

specie di norma successiva alla ravvisata condotta colposa da essi

dall’altro, esige l’illustrazione del singolo motivo, contenente
l’esposizione degli argomenti invocati a sostegno della decisione
assunta con la sentenza impugnata, e l’analitica precisazione
delle considerazioni che, in relazione al motivo come
espressamente indicato nella rubrica, giustificano la cassazione

Risponde altresì a massima consolidata nella giurisprudenza di
legittimità che i motivi posti a fondamento dell’invocata
cassazione della decisione impugnata debbono avere i caratteri
della specificità, della completezza, e della riferibilità alla
decisione stessa, con -fra l’altro- l’esposizione di
argomentazioni intelligibili ed esaurienti ad illustrazione delle
dedotte violazioni di norme o principi di diritto, essendo
inammissibile il motivo nel quale non venga precisato in qual modo
e sotto quale profilo (se per contrasto con la norma indicata, o
con

l’interpretazione

della

stessa

fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente
dottrina) abbia avuto luogo la violazione nella quale si assume
essere incorsa la pronuncia di merito ( cfr., da ultimo, Cass.,
2/4/2014, n. 7692 ).
Sebbene l’esposizione sommaria dei fatti di causa non deve
necessariamente costituire una premessa a sé stante ed autonoma
rispetto ai motivi di impugnazione, è tuttavia indispensabile, per
soddisfare la prescrizione di cui all’art. 366, l ° co. n. 3,
c.p.c., che il ricorso offra, sia pure in modo sommario, una
cognizione sufficientemente chiara e completa dei fatti che hanno

5

della sentenza ( v. in particolare Cass., 19/8/2009, n. 18421 ).

originato la controversia, nonché delle vicende del processo e
della posizione dei soggetti che vi hanno partecipato, in modo che
tali elementi possano essere conosciuti soltanto mediante il
ricorso, senza necessità di attingere ad altre fonti, ivi compresi
i propri scritti difensivi del giudizio di merito, la sentenza

4937; Cass., 22/5/1999, n. 4998 ).
È cioè indispensabile che dal solo contesto del ricorso sia
possibile desumere una conoscenza del “fatto”, sostanziale e
processuale, sufficiente per bene intendere il significato e la
portata delle critiche rivolte alla pronuncia del giudice a

quo

(v. Cass., 4/6/1999, n. 5492).
Orbene, i suindicati principi risultano non osservati dagli
odierni ricorrente.
Va anzitutto posto in rilievo che il ricorso risulta formulato
in violazione del requisito, a pena di inammissibilità richiesto
all’art. 366, 1 ° cc. n. 6, c.p.c., là dove i ricorrenti fanno
riferimento ad atti e documenti del giudizio di merito [ es.,
all’<>, al
<>, alla comparsa di costituzione e risposta
nel giudizio di 1 ° grado, all’<>, al
<>, ai <>,

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impugnata ( v. Cass., 23/7/2004, n. 13830; Cass., 17/4/2000, n.

all’installazione di <>, alle poste <>, alle <>, all’impugnazione <>, alla «disposta C.T.U.>>, alla sentenza del
giudice di prime cure, all’<>, alle
<>, al <>, all’essere «la situazione di
degrado dell’area attribuibile al fatto di terzi>>, a «quanto
accaduto nel corso di decenni>> i limitandosi a meramente
richiamarli, senza invero debitamente -per la parte d’interesse in
questa sede- riprodurli nel ricorso ovvero, laddove riprodotti,
senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della
relativa individuazione con riferimento alla sequenza dello
svolgimento del processo inerente alla documentazione, come
pervenuta presso la Corte di Cassazione, al fine di renderne
possibile l’esame ( v., da ultimo, Cass., 16/3/2012, n. 4220 ),
con precisazione ( anche ) dell’esatta collocazione nel fascicolo
d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati
rispettivamente acquisiti o prodotti ( anche ) in sede di giudizio
di legittimità ( v. Cass., 23/3/2010, n. 6937; Cass., 12/6/2008,
n. 15808; Cass., 25/5/2007, n. 12239, e, da ultimo, Cass.,
6/11/2012, n. 19157 ), la mancanza anche di una sola di tali

7

Lombardia» della <> e «correttamente saranno
esaminate e decise le loro domande, ove gli originari attori vi
insistano>> v. Cass., 6/5/2015, n. 9012; Cass., 6/5/2015, n.
9013 ).
Va per altro verso sottolineato che la ravvisata condotta
colposa degli odierni ricorrenti, oltre che nelle «fonti
normative ed amministrative>> cui la corte di merito sottolinea
avere il giudice di prime cure fatto correttamente riferimento
(<>, artt. 217 e 218 TU Leggi Sanitarie del 1934>>,
«DPR 915/82>>, «Legge Regione Lombardia 94/80>>), trova invero
fondamento già in base alle regola generale della diligenza posta
all’art. 1176 c.c. e alla clausola generale di buona fede o
correttezza di cui all’art. 1175 c.c.
Giusta quanto questa Corte ha già avuto modo di affermare con
riferimento a differenti fattispecie ( cfr. Cass., 20/2/2015, n.
3367; Cass., 27/8/2014, n. 18304 ), così come in ambito
contrattuale
responsabilità

anche

ai

della

fini

extracontrattuale

la

configurabilità
colpa

si

della

sostanzia

nell’inosservanza di leggi, regolamenti, regole e discipline

13

ambientale, abrogando numerose leggi precedenti ) da soggetti

nonché nell’obiettiva violazione degli aspetti della diligenza,
della prudenza e della perizia, al cui rispetto il soggetto deve
improntare la propria condotta ( anche ) nei rapporti della vita
comune di relazione.
Ormai da tempo superata, se non addirittura tramontata, la
concezione etica della responsabilità civile ( informata sulla
concezione psicologica della colpa, propria invero del diritto
penale ), va affermato che, come anche in dottrina non si è
mancato di porsi autorevolmente in rilievo, pure nei comuni
rapporti della vita di relazione, oltre che nell’adempimento delle
obbligazioni, la diligenza assume imprescindibile e decisivo
rilievo, quale criterio di determinazione del modello di condotta.
Essa vale allora a distinguere sia tra comportamenti
negozialmente dovuti o meno sia tra comportamenti obiettivamente
leciti ed illeciti.
Designando lo sforzo dal soggetto dovuto per la salvaguardia
dell’interesse altrui, avuto riguardo alle circostanze concrete
del caso, in entrambe le ipotesi la diligenza si pone altresì
quale criterio di responsabilità.
Essa segna dunque la condotta obiettivamente dovuta, la cui
violazione ridonda in termini di responsabilità civile ( anche )
extracontrattuale e obbliga al risarcimento dei danni derivanti
dall’evento causalmente ascrivibile alla condotta negligente, e
pertanto illecita.
Con particolare riferimento all’obbligazione negoziale, si è
da questa Corte posto in rilievo che la diligenza va a tale fine

14

0

correlata alla qualità del soggetto, e valutata secondo criteri di
normalità da apprezzarsi in relazione alle condizioni del
medesimo, avuto in particolare riguardo alla relativa
qualificazione.
Lo specifico settore di competenza in cui rientra l’attività

applicazione delle cognizioni tecniche che sono tipiche
dell’attività necessaria per l’esecuzione dell’attività espletata.
Questa Corte ha già avuto più volte modo di porre in rilievo,
in accordo con quanto osservato anche in dottrina, che il
debitore è di regola tenuto ad una normale perizia, commisurata
alla natura dell’attività esercitata ( secondo una misura
obiettiva che prescinde dalle concrete capacità del soggetto,
sicché deve escludersi che ove privo delle necessarie cognizioni
tecniche il debitore rimanga esentato dall’adempiere
l’obbligazione con la perizia adeguata alla natura dell’attività
esercitata ); mentre una diversa misura di perizia è dovuta in
relazione alla qualifica professionale del debitore, in relazione
ai diversi gradi di specializzazione propri dello specifico
settore di attività ( cfr., con riferimento al professionista, ed
in particolare allo specialista, Cass., 20/10/2014, n. 22222 ).
La normalità risponde quindi ad un giudizio relazionale di
valore, in ragione delle circostanze del caso.
Nei comuni rapporti della vita di relazione ( oltre che
nell’adempimento delle obbligazioni il soggetto deve osservare
altresì gli obblighi di buona fede oggettiva o correttezza, quale

15

esercitata richiede infatti la specifica conoscenza ed

generale principio di solidarietà sociale la cui violazione
comporta l’insorgenza di responsabilità (anche) extracontrattuale.
E’ pertanto tenuto a mantenere un comportamento leale,
osservando obblighi di informazione e di avviso nonché di
salvaguardia dell’utilità altrui -nei limiti dell’apprezzabile

responsabilità in ordine ai falsi affidamenti anche solo
colposamente ingenerati nella controparte contrattuale e nei terzi
(cfr., con riferimento a differenti fattispecie, Cass., 20/2/2006,
n. 3651; Cass., 27/10/2006, n. 23273; Cass., 15/2/2007, n. 3462;
Cass., 13/4/2007, n. 8826; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass.,
30/10/2007, n. 22860; Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056;
Cass., 27/4/2011, n. 9404, e, da ultimo, Cass., 27/8/2014, n.
18304), giacché l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza,
quale generale principio di solidarietà sociale, trova
applicazione anche in tema di responsabilità extracontrattuale, il
soggetto essendo pertanto tenuto a mantenere nei rapporti della
vita di relazione un comportamento leale, specificantesi in
obblighi di informazione e di avviso nonché volto alla
s

salvaguardia dell’utilità altrui -nei limiti dell’apprezzabile
sacrificio-,

dalla

cui

violazione

conseguono

profili

di

y

responsabilità

(

cfr.

Cass.,

20/2/2006,

n.

3651;

Cass.,

27/10/2006, n. 23273; Cass., 15/2/2007, n. 3462; Cass., 13/4/2007,
n. 8826; Cass., 24/7/2007, n. 16315; Cass., 30/10/2007, n. 22860;
Cass., Sez. Un., 25/11/2008, n. 28056; Cass., 27/4/2011, n. 9404;
Cass., 30/6/2014, n. 14765 ).

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sacrificio-, dalla cui violazione conseguono profili di

Integrata sul punto la motivazione dell’impugnata sentenza nei
suddetti termini ex art. 384 c.p.c., va conclusivamente osservato
come emerga dunque evidente che lungi dal denunziare vizi della
sentenza gravata rilevanti sotto i ricordati profili le deduzioni
dei ricorrenti, oltre a risultare formulate secondo un modello
difforme da quello delineato all’art. 366, 1 0 co. n. 4, c.p.c., si
risolvono in realtà nella mera doglianza circa l’asseritamente
erronea attribuzione da parte del giudice del merito agli elementi
valutati di un valore ed un significato difformi dalle sue
aspettative (v. Cass., 20/10/2005, n. 20322), e nell’inammissibile
pretesa di una lettura dell’asserto probatorio diversa da quella
nel caso dal medesimo operata (cfr. Cass., 18/4/2006, n. 8932).
Per tale via, lungi dal censurare la sentenza per uno dei
tassativi motivi indicati nell’art. 360 c.p.c., in realtà
sollecitano,

contra ius

e cercando di superare i limiti

istituzionali del giudizio di legittimità, un nuovo giudizio di
merito, in contrasto con il fermo principio di questa Corte
secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito
di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione dei
giudici della Corte di Cassazione elementi di fatto già
considerati dai giudici del merito, al fine di pervenire ad un
diverso apprezzamento degli stessi (cfr. Cass., 14/3/2006, n.
5443).
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il
rigetto del ricorso.

17

t

Le spese, liquidate come in dispositivo,

seguono la

soccombenza.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento,
in solido, delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in

a spese generali ed accessori come per legge.

Roma, 20/2/2015

complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre

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