Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10268 del 10/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 10/05/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 10/05/2011), n.10268

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

B.F.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte n. 11/10/07, depositata il 27 marzo 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

dicembre 2010 dal Relatore Cons. Dr. Antonio Greco.

La Carte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

“L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione nei confronti della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 11/10/07, depositata il 27 marzo 2007, che, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di (OMISSIS), ha riconosciuto a B.F., agente di commercio, il diritto al rimborso dell’IRAP versata per l’anno 2002.

Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso contiene un motivo, rispondente ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ., con il quale l’amministrazione ricorrente denuncia violazione della normativa istitutiva dell’IRAP, dell’art. 2195 cod. civ. e del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 51, sotto il profilo del presupposto impositivo costituito dalla sussistenza di autonoma organizzazione, che sarebbe intrinseco all’attività dell’agente di commercio.

La ratio decidendi della sentenza impugnata è conforme al principio affermato dalle Sezioni unite di questa Corte in sede di composizione del contrasto delineatosi in materia nella giurisprudenza di legittimità, secondo cui, a norma del combinato disposto del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2, comma 1, primo periodo, e art. 3, comma 1, lett. c), l’esercizio dell’attività di agente di commercio di cui alla L. 9 maggio 1985, n. 204, art. 1, è escluso dall’applicazione dell’imposta soltanto qualora si tratti di attività non autonomamente organizzata. Il requisito della “autonoma organizzazione”, il cui accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità se congruamente motivato, ricorre quando il contribuente: a) sia, sotto qualsiasi forma, il responsabile dell’organizzazione e non sia, quindi, inserito in strutture organizzative riferibili ad altrui responsabilità ed interesse; b) impieghi beni strumentali eccedenti, secondo l’id quod plerumque accidit, il minimo indispensabile per l’esercizio dell’attività in assenza dell’organizzazione, oppure si avvalga in modo non occasionale di lavoro altrui; costituisce onere del contribuente, che chieda il rimborso dell’imposta asseritamente non dovuta, dare la prova dell’assenza delle predette condizioni (Cass. 26 maggio 2009, n. 12108).

D’altra parte, non è oggetto di censura l’inequivoco accertamento di fatto compiuto dal giudice d’appello in ordine all’insussistenza, nella specie, di autonoma organizzazione.

In conclusione, si ritiene che, ai sensi dell’art. 375, comma 1, e art. 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio in quanto manifestamente infondato”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, il ricorso deve essere rigettato;

che non vi è luogo a provvedere sulle spese, considerato il mancato svolgimento di attività difensiva da parte dell’intimato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2011

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