Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10267 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10267 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: SCRIMA ANTONIETTA

SENTENZA
sul ricorso 21168-2011 proposto da:
PAPALE FRANCESCO , considerato domiciliato ex lege in ROMA,
presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,
rappresentato e difeso dall’avvocato ENRICO MARRADI giusta
procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
ASSICURAZIONI GENERALI SPA 00079760328, in persona dei
suoi Legali Rappresentanti, Dott. ALBERTO BUSETTO e Dott.
PAOLO BAVARESCO, elettivamente domiciliata in ROMA,
V.CICERONE 49, presso lo studio dell’avvocato SVEVA

Data pubblicazione: 20/05/2015

BERNARDINI, rappresentata e difesa dall’avvocato SALVATORE
ARM-RNIO giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente avverso la sentenza n. 1034/2011 della CORL t.. D’APPET IO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/02/2015 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA;
udito l’Avvocato FABRIZIO DE’ MARSI per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott,
RICCARDO FUZIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DF.T. PROCESSO
Il 28 agosto 2000 Francesco Papale denunciava il furto di una
cassaforte avvenuto nella sua abitazione. Alla fine dell’anno 2001 la
Procura della Repubblica di Milano chiedeva al GIP l’archiviazione del
procedimento per il delitto di furto e iscriveva il Papale nel registro
delle notizie di reato a carico di persone note, per le ipotesi criminose
di cui agli artt. 367 e 642 c.p..
Il lungo procedimento penale si concludeva con la condanna del
Papale alla pena di anni uno e mesi due di reclusione, annullata, poi,
dalla sentenza del 18 giugno del 2010 della Corte di Cassazione penale,
poiché scaduti i termini di prescrizione dei reati menzionati.
Durante le indagini a carico di ignoti per il furto e prima della sua
iscrizione nel registro degli indagati, il Papale conveniva in giudi’zio, in
sede civile, la Assicurazioni Generali S.p.A. per sentirla condannare al
pagamento, in suo favore, dell’indennizzo per il furto subito, in base al
contratto di assicurazione stipulato fra l’attore e la predetta società.

Ric. 2011 n. 21168
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MILANO, depositata il 14/04/2011 R.G.N. 1242/2008;

Accolta in primo grado, tale domanda veniva rigettata dalla Corte di
Appello di Milano, che condannava il Papale al pagamento delle spese
di lite dei due gradi di giudizio.
In pendenza del primo grado del predetto procedimento civile, con

Papale instaurava un ulteriore giudizio civile innanzi al Tribunale di
Milano nei confronti della Assicurazioni Generali S.p.A. per sentirla
condannare al risarcimento danni subiti a causa di gravi patologie
neuropsichiattiche che poneva in rapporto di causalità con gli scritti
difensivi della detta società presentati per opporsi alla richiesta di
archiviazione riguardante il procedimento penale a carico dell’attore. 1.1
Papale fondava la sua domanda sull’art. 2043 c.c. in combinato
disposto con l’art. 2 Cost. e quantificava i danni in una somma non
inferiore a € 1.569.921,16.
Si costituiva in giudizio la Assicurazioni Generali S.p.A..
Il Tribunale di Milano, con sentenza n. 3190/2008, rigettava la
domanda attorea in quanto carente dei presupposti della responsabilità
aquiliana (quali l’ingiustizia del danno, il dolo o la colpa di colui che
provoca l’illecito e il nesso causale).
Avverso tale sentenza il Papale proponeva gravame cui resisteva la
Assicurazioni Generali S.p.A. che proponeva appello incidentale in
relazione alla compensazione delle spese di lite operata in primo grado.
La Corte di Appello di Milano, con sentenza del 14 aprile 2011,
accoglieva l’appello incidentale della società assicurativa e condannava
il Papale alla rifusione delle spese del primo grado di giudizio,
confermava nel resto la sentenza impugnata, con condanna
dell’appellante principale anche alle spese del secondo grado.
Avverso la sentenza della Corte di merito il Papale ha proposto ricorso
per cassazione sulla. base di due motivi.
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atto di citazione notificato in data 25 novembre 2003, Francesco

La Assicurazioni Generali S.p.A. ha resistito con controricorso,
illustrato da memoria.
MOTTVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo, rubricato “omessa, insufficiente o

giudizio”, il Papale censura la motivazione della sentenza della Corte di
Appello di Milano che giustificherebbe il rigetto della domanda con le
condanne intervenute nel procedimento penale, così confermando la
fondatezza dell’opposizione della società assicuratrice all’archiviazione.
Il ricorrente rappresenta che nessuna sentenza penale di sua condanna
è passata in giudicato ed anzi, come pure evidenziato nella sentenza
impugnata, nessuna sentenza avrebbe mai dovuto essere emanata per
l’intervenuta prescrizione dei reati antecedentemente alla prima
sentenza di condanna e che pure la sentenza della Corte di merito del
2007, con cui in sede civile è stata rigettata la domanda di condanna
della società assicuratrice all’indennizzo, non sarebbe arrivata a
conclusioni certe.
Lamenta, in particolare, che l’atto di opposizione alla richiesta di
archiviazione sarebbe diretto unicamente a “demolire la figura del
Papale” con riferimenti a precedenti furti e ad aspetti personali del
Papale (sedicente parapsicologo, mago sfasciacarrozze) di per sé
ininfluenti e irrilevanti ma che contribuirebbero “a delineare i contorni
in cui va collocata la presente vicenda e forniscono la prospettiva in cui
esaminare i singoli elementi ed indizi a carico del Papale”. In
particolare, secondo il ricorrente, dire che una persona é stato
“sedicente parapsicologo, mago e addirittura professore in questi
campi … e sfasciacarrozze” costituirebbe un grave insulto, un
atteggiamento diffamatorio che non può essere discriminato in quanto

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contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il

del tutto inutile … e propedeutico alla presentazione del Papale come
un delinquente dedito alla truffa delle assicurazioni”.
Il non aver considerato tali circostanze determinerebbe una evidente
omissione motivazionale oltre che le violazioni di legge lamentate nel

2. Con il secondo motivo si deduce «Violazione e falsa applicazione
degli artt. 595 e 598 del codice penale”.
Assume il ricorrente che la società assicuratrice avrebbe impostato la
sua difesa sulla denigrazione sistematica del Papale e che
ricorrerebbero nella specie i “requisiti” del reato di diffamazione
punibile ai sensi dell’art. 595 c.p. senza che possa invocarsi la
scrirninante di cui all’art. 598 c.p., che trova applicazione in relazione
alle offese che riguardino in modo diretto ed immediato l’oggetto della
controversia e abbiano rilevanza funzionale per le argomentazioni
svolte a sostegno della tesi prospettata o per raccoglimento della
domanda proposta.
3. I due motivi, che, essendo strettamente connessi, possono essere
trattati unitariamente, sono infondati.
La sentenza impugnata é motivata e la motivazione é congrua ed
immune da vizi logici o giuridici, avendo la Corte di merito
puntualmente argomentato in relazione alla decisione assunta
ritenendo, dopo un attento esame delle vicende processuali del Papale,
sia in sede civile che penale, relative e, comunque, connesse ai fatti di
cui si discute in causa, che l’esito di tali vicende “confermi che le
iniziative assunte dalle Assicurazioni Generali per opporsi
all’archiviazione del procedimento penale a carico del Papale e per
contrastare la pretesa di conseguire l’indennizzo assicurativo in sede
civile, oltre a costituire, su un piano strettamente formale … la puntuale
estrinsecazione di facoltà riconosciute dall’ordinamento” – in tal modo
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secondo motivo.

sostanzialmente reputando rilevanti le argomentazioni svolte e i
termini utilizzati a sostegno della tesi prospettata o per raccoglimento
dell’istanza proposta -, “abbiano fornito un prezioso contributo alla
giustizia, per evitare che l’autore di comportamenti illeciti potesse
conseguire il profitto delle sue manovre fraudolente”. Si evidenzia,

in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di
comprendere la rafia decidendi che sorregge il decisum adottato, per cui
non sussiste motivazione contraddittoria allorché – come nel caso
all’esame – dalla lettura della sentenza non sussistano incertezze di
sorta su quella che è stata la volontà del giudice (Cass., sez. un., 22
dicembre 2010, n. 25984) e che la motivazione omessa o insufficiente è
configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito,
come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale
obliterazione di elementi che, se considerati, avrebbero condotto ad
una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza,
nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che
lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento,
– il che nella specie, non si é verificato – ma non già quando, invece, vi
sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente
sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati
(Cass., sez. un. 25 ottobre 2010, n. 24148; Cass. 14 febbraio 2013, n.
3668).
Neppure sussiste la lamentata violazione di legge, sia per quanto già
evidenziato in relazione ai sostantivi riferiti al ricorrente e sia perché
essi, negli atti in cui sono indicati, risultano preceduti dall’aggettivo
“sedicente”, dal che emerge, in tutta evidenza, l’infondatezza del
motivo proposto al riguardo.

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peraltro, che il vizio di contraddittorietà della motivazione ricorre solo

Inoltre, entrambi i mezzi all’esame presentano profili di
inammissibilità, tendendosi con essi ad una rivalutazione del merito,
non consentita in questa sede.
4. Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
5. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo,

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in
favore della società controricorrente, delle spese del presente giudizio
di legittimità, che liquida in complessivi euro 18.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi, oltre spese generali e accessori, come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza
Civile della Corte Su .rem. di Cassazione, il 18 febbraio 2015.

seguono la soccombenza.

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