Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10267 del 19/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 19/04/2021, (ud. 13/01/2021, dep. 19/04/2021), n.10267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 34140-2019 proposto da:

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

suo Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e

quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di Cartolarizzazione

dei Crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati LELIO MARITATO, ANTONIETTA

CORETTI, CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE;

– ricorrenti –

contro

D.M.S., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE REGINA

MARGHERITA, 93, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE PASSANITI,

rappresentata e difesa dall’avvocato MASSIMO CAMALDO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 388/2019 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 09/05/2019 R.G.N. 207/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

13/01/2021 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato LELIO MARITATO;

uditi gli Avvocati MASSIMO CAMALDO e GIUSEPPE PASSANITI.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza 9.5.19 la Corte di Appello di Firenze ha confermato la sentenza del 9.3.18 del tribunale di Siena che aveva dichiarato l’insussistenza dell’obbligo dell’avvocato D.M. di iscrizione alla gestione separata INPS di cui alla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26 e di pagamento dei contributi relativi dovuti per l’anno 2009, richiesti dall’INPS con avviso di addebito di Euro 435.

In particolare, ritenuta l’attività non abituale e rilevato che l’avvocato aveva prodotto nel 2009 redditi inferiori ad Euro 5000 (soglia rilevante D.L. n. 269 del 2003, ex art. 44, comma 2 convertito con modificazioni in L. n. 326 del 2003), la corte territoriale ha escluso l’obbligo di iscrizione e di pagamento dei contributi richiesti.

Avverso tale sentenza ricorre l’INPS per un motivo, illustrato da memoria, cui resiste il contribuente con controricorso.

Con l’unico motivo si deduce violazione della L. n. 335 del 1995, art. 2, commi da 26 a 31 D.L. n. 98 del 2011, art. 18 convertito in L. n. 111 del 2011, L. n. 247 del 2010, art. 21, comma 8, D.L. n. 269 del 2003, art. 40 e art. 44, comma 2 convertito in L. n. 326 del 2003, per avere trascurato che avvocato era iscritto all’albo e titolare di partita IVA.

Il ricorso è infondato.

Va premesso che, ricostruendo la portata precettiva della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, per come autenticamente interpretato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 18, comma 12, (conv. con L. n. 111 del 2011), questa Corte, sulla scorta di Cass. S.U. n. 3240 del 2010, ha avuto modo di affermare più volte che l’obbligo di iscrizione alla Gestione separata è genericamente rivolto a chiunque percepisca un reddito derivante dall’esercizio abituale (ancorchè non esclusivo) ed anche occasionale (oltre la soglia monetaria indicata nel D.L. n. 269 del 2003, art. 44, comma 2, conv. con L. n. 326 del 2003) di un’attività professionale per la quale è prevista l’iscrizione ad un albo o ad un elenco, tale obbligo venendo meno solo se il reddito prodotto dall’attività professionale predetta è già integralmente oggetto di obbligo assicurativo gestito dalla cassa di riferimento (così, espressamente, Cass. n. 32167 del 2018, in motivazione, cui hanno dato continuità, tra le numerose, Cass. nn. 519 del 2019, 317 e 1827 del 2020, 477 e 478 del 2021). E trattasi di affermazione che discende agevolmente dalla lettura del combinato disposto della L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 26, e del D.L. n. 269 del 2003, art. 44 entrambi cit., il primo dei quali, per quanto qui rileva, prevede l’obbligatorietà dell’iscrizione a carico dei “soggetti che esercitino, per professione abituale, ancorchè non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 49, comma 1 e successive modificazioni ed integrazioni”, mentre il secondo, a decorrere dal 1 gennaio 2004, estende tale obbligo anche ai “soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale (…) solo qualora il reddito annuo derivante da dette attività sia superioread Euro 5.000”. Nell’intento del legislatore, reso palese dalla lettera delle disposizioni citate, l’obbligatorietà dell’iscrizione presso la Gestione separata da parte di un professionista iscritto ad albo o elenco è collegata, infatti, all’esercizio abituale, ancorchè non esclusivo, di una professione che dia luogo ad un reddito non assoggettato a contribuzione da parte della cassa di riferimento; la produzione di un reddito superiore alla soglia di Euro 5.000,00 costituisce invece il presupposto affinchè anche un’attività di lavoro autonomo occasionale possa mettere capo all’iscrizione presso la medesima Gestione, restando invece normativamente irrilevante qualora ci si trovi in presenza di un’attività lavorativa svolta con i caratteri dell’abitualità.

Dirimente è, insomma, il modo in cui è svolta l’attività libero-professionale, se in forma abituale o meno.

Una volta chiarito che il requisito dell’abitualità dev’essere accertato in punto di fatto, ben può la percezione da parte del libero professionista di un reddito annuo di importo inferiore a Euro 5.000,00 rilevare quale indizio per escludere che, in concreto, l’attività sia stata svolta con carattere di abitualità (fermo restando che l’abitualità di cui si discute dev’essere apprezzata nella sua dimensione di scelta ex ante del libero professionista, coerentemente con la disciplina che è propria delle gestioni dei lavoratori autonomi, e non invece come conseguenza ex post desumibile dall’ammontare di reddito prodotto, dal momento che ciò equivarrebbe a tornare ad ancorare il requisito dell’iscrizione alla Gestione separata alla produzione di un reddito superiore alla soglia di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 44 cit.).

La Corte di merito, in difetto di prova – di cui era onerato l’INPS – di abitualità dell’attività, ha accertato nel caso che l’attività svolta dal professionista era occasionale e produttiva di reddito modesto, inferiore al limite. A fronte di tale accertamento, la mera iscrizione all’albo o la titolarità di partita IVA non sono elementi sufficienti a dimostrare l’abitualità dell’esercizio dell’attività professionale, trattandosi per converso – come accertato dalla corte territoriale – di modesta attività non esorbitante dall’occasionalità.

Spese secondo soccombenza.

Sussistono i requisiti processuali per il raddoppio del contributo unificato, se dovuto, a carico del ricorrente.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in Euro 200 per compensi professionali e 200 per esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 13 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2021

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