Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10267 del 10/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 10/05/2011, (ud. 03/12/2010, dep. 10/05/2011), n.10267

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARLEO Giovanni – Presidente –

Dott. D’ALESSANDRO Paolo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio

n. 471/40/06, depositata il 27 dicembre 2006.

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 3

dicembre 2010 dal Relatore Cons. Antonio Greco.

La Corte:

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la seguente relazione:

” M.A., socio con quota del 20% della snc Perforazione Pozzi Artesiani F.lli Maini, impugnava l’avviso di accertamento ai fini dell’IRPEF del reddito da partecipazione per l’anno 1996, effettuato sulla base dei parametri di cui alla L. 28 dicembre 1995, n. 549, e scaturente dal maggior reddito accertato nei confronti della società. Eccepiva l’illegittimità del D.P.C.M. 29 gennaio 1996, applicato in entrambi gli accertamenti, per essere stato omesso il prescritto parere del Consiglio di Stato.

Il ricorso era accolto in primo grado.

La Commissione tributaria regionale del Lazio, rigettando l’appello dell’Agenzia delle entrate, ufficio di Latina, confermava l’annullamento, “sia pure sotto un diverso profilo”, ritenendo che l’uso dei parametri non sia di per sè sufficiente “ope legis” ad assolvere l’onere della prova gravante sull’ufficio.

Avverso la sentenza l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione.

Il contribuente non ha svolto attività nella presente sede.

Il ricorso contiene tre motivi, rispondenti ai requisiti prescritti dall’art. 366 bis cod. proc. civ., con il primo dei quali l’amministrazione ricorrente censura la decisione per vizio di motivazione; con il secondo dei quali denuncia la violazione del divieto di jus novorum in appello; e con il terzo dei quali si duole della violazione e falsa applicazione della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 179 e segg., e dell’art. 2697 cod. civ..

Preliminarmente si rileva che il giudizio, concernente l’accertamento, a carico di un socio, del reddito di partecipazione ad una società di persone, essendosi svolto solo nei confronti di alcuni dei soggetti interessati, senza aver visto la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari, è affetto da nullità assoluta.

Ciò in quanto “in materia tributaria l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi commi della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio” (Cass., sezioni unite, 4 giugno 2008, n. 14815).

In conclusione, si ritiene che, ai sensi degli artt. 375 e 380 bis cod. proc. civ., il ricorso possa essere deciso in camera di consiglio”;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti costituite;

che non sono state depositate conclusioni scritte nè memorie;

considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione e pertanto, ribaditi i principi di diritto sopra enunciati, le sentenze di primo e di secondo grado vanno cassate, va dichiarata la nullità dell’intero giudizio e la causa rinviata alla Commissione tributaria provinciale di Latina;

che sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

La Corte, provvedendo sul ricorso, cassa le sentenze di primo e di secondo grado, dichiara la nullità dell’intero giudizio e rinvia alla Commissione tributaria provinciale di Latina.

Dichiara compensate tra le parti le spese del giudizio.

Così deciso in Roma, il 3 dicembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2011

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