Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10265 del 19/04/2021

Cassazione civile sez. lav., 19/04/2021, (ud. 24/11/2020, dep. 19/04/2021), n.10265

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1061-2020 proposto da:

S.T., domiciliato in ROMA, piazza CAVOUR, presso la

CANCELLERIA della CORTE SUPREMA di CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dall’avvocato DAVIDE VERLATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI VERONA – SEZIONE

DI VICENZA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e

difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici

domicilia ope legis in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto n. 9356/2016 del TRIBUNALE di VENEZIA, depositate

il 31/10/2019 R.G.N. 6241/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

24/11/2020 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. con decreto n. 9356/2019 il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso di S.T., cittadino del (OMISSIS), avverso il provvedimento di rigetto da parte della competente Commissione territoriale della domanda di protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria;

1.1. dal decreto impugnato emerge che l’odierno ricorrente aveva allegato di essere nato (il (OMISSIS)) e vissuto a (OMISSIS) con la sola madre e di essere fuggito a causa della guerra civile scoppiata nel Nord del paese a seguito di un colpo di Stato mentre frequentava la scuola secondaria; infatti, un giorno del maggio 2012 era dovuto uscire da scuola e fuggire immediatamente seguendo la folla, dirigendosi in Algeria, dove si era mantenuto lavorando per circa tre anni; dopo un viaggio di venti giorni era arrivato in Libia dalla quale si era imbarcato per l’Italia dove era giunto nell’agosto 2016;

1.2. il giudice di merito ha condiviso la valutazione della Commissione Territoriale in ordine alla complessiva inattendibilità del racconto del ricorrente circa la città di provenienza, che non era, come riferito, (OMISSIS) ma la capitale del (OMISSIS), (OMISSIS), la quale, a differenza della regione di (OMISSIS), non era interessata dalla guerra; tanto escludeva il timore di essere ucciso in caso di rimpatrio, a (OMISSIS) e non a (OMISSIS); non sussistevano i presupposti per il riconoscimento dello status di rifugiato e neppure le condizioni che consentivano il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) in quanto il ricorrente non rischiava di subire la condanna o la esecuzione per la pena di morte o di essere sottoposto a tortura o ad altra forma di pena o trattamento inumano degradante in caso di rientro in (OMISSIS); neppure sussistevano le condizioni per il riconoscimento della ipotesi sub art. 14, lett. c D.Lgs. cit. in quanto le fonti consultate attestavano che mentre nel Nord del (OMISSIS) era stato proclamato lo Stato dell'(OMISSIS) con un’amministrazione separata e presenza di gruppi islamici, nel resto del Paese, dal 2013, vi era un governo stabile; in particolare, per la capitale (OMISSIS), posta al sud del Paese, non era configurabile alcuna situazione di violenza generalizzata; era, infine, da escludere la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria in quanto la genericità e la scarsa credibilità del narrato non consentivano di identificare particolari profili di vulnerabilità in capo al richiedente; non vi erano elementi per ritenere raggiunto un elevato livello di integrazione in Italia; in particolare, la documentazione prodotta non rivelava lo svolgimento di attività lavorativa sufficientemente stabile e con retribuzione adeguata, tale da consentire l’autosostentamento in Italia; la mancanza di credibilità della storia impediva di svolgere la valutazione comparativa tra la sua condizione e quella in cui il richiedente si sarebbe venuto a trovare in caso di rientro nel Paese di origine;

2. S.T. ha chiesto la cassazione della decisione sulla base di due motivi; il Ministero dell’Interno intimato non ha resistito con controricorso, ma ha depositato atto di costituzione ai fini della eventuale partecipazione all’udienza di discussione ai sensi dell’art. 370 c.p.c., comma 1, ultimo alinea, cui non ha fatto seguito alcuna attività difensiva;

3. parte ricorrente ha depositato documentazione relativa allo svolgimento di attività lavorativa.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3 e del D.Lgs. n. 150 del 2001, art. 19, comma 8 come sostituito o modificato dal D.L. n. 13 del 2017, art. 35 bis, comma 9, censurando la violazione dei principi in tema di valutazione del materiale probatorio e di acquisizione di ufficio delle informazioni necessarie; rappresenta che sia la protezione sussidiaria D.Lgs. n. 151 del 2007, art. 14, ex lett. c) sia la protezione umanitaria prescindono dalla valutazione di credibilità del ricorrente; si duole che nessuna corretta e aggiornata informazione era stata acquisita sulla situazione generale dello Stato del richiedente;

2. con il secondo motivo deduce omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti, nonchè violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 2697 c.c. del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in riferimento al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 14, lett. b) e c) e art. 32;

3. premessa la inammissibilità, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., della documentazione prodotta in data 17.11.2020 dal ricorrente, i motivi di ricorso, esaminati congiuntamente per connessione, sono da accogliere nei termini in prosieguo evidenziati;

4. si premette che come chiarito da questa Corte il giudizio di scarsa credibilità della narrazione del richiedente, in relazione alla specifica situazione dedotta a sostegno della domanda di protezione internazionale, non può precludere la valutazione, da parte del giudice, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria, delle diverse circostanze che concretizzino una situazione di “vulnerabilità”, da effettuarsi su base oggettiva e, se necessario, previa integrazione anche officiosa delle allegazioni del ricorrente, in applicazione del principio di cooperazione istruttoria, in quanto il riconoscimento del diritto al rilascio del permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, deve essere frutto di valutazione autonoma, non potendo conseguire automaticamente al rigetto delle altre domande di protezione internazionale, attesa la strutturale diversità dei relativi presupposti (ex plurimis Cass. n. 8020/2020, n. 10922/2019);

4.1. ha errato, pertanto, il giudice di merito nel ritenere che la genericità e la scarsa credibilità del narrato del ricorrente impedissero di ricavare la esistenza di particolari profili di vulnerabilità giustificativi del permesso di soggiorno anzichè approfondire, anche attraverso l’esercizio di poteri officiosi, la situazione del richiedente asilo in relazione alla esistenza di particolari condizioni giustificative della protezione umanitaria (v., in particolare, per il profilo attinente ai paesi di transito quanto riferito in ricorso, pag. 12, circa il “passaggio” in Algeria e in Libia, prima di giungere in Italia);

5. è da respingere, invece, il motivo che censura la decisione per aver negato la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c);

5.1. il giudice di merito ha escluso la esistenza nel paese di provenienza dell’aspirante alla protezione sussidiaria di una situazione di violenza indiscriminata da conflitto armato, facendo riferimento ad una pluralità di fonti, che ha espressamente citate, tra le quali il rapporto EASO del dicembre 2018 (v. pagg. 11 e 12 decreto) e, quindi, quasi coevo alla decisione impugnata; tate accertamento non è contrastato, come intuitivo, dal mero riferimento a precedenti di merito che secondo parte ricorrente avrebbero offerto una ricostruzione divergente della situazione in (OMISSIS), rispetto a quella fatta propria nel decreto impugnato; tanto meno può conferirsi rilievo ai report pubblicati sui siti citati dal ricorrente (ricorso, pag. 15) in quanto la mancata trascrizione del relativo contenuto, in violazione delle prescrizioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, rende la censura del tutto priva di specificità;

nei limiti sopraindicati si impone, quindi, la cassazione con rinvio della decisione;

al giudice del rinvio è demandato il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione; cassa la sentenza impugnata e rinvia anche ai fini del regolamento delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Venezia, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2021

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