Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10265 del 02/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 10265 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 6043-2008 proposto da:
– I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587, in persona del legale
rappresentante

pro

tempore, elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
2013
840

avvocati CORRERA FABRIZIO, CALIULO LUIGI, CORETTI
ANTONIETTA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

MANGIAVILLANO ANTONINO, MONTEPASCHI SERIT S.P.A. (ora

Data pubblicazione: 02/05/2013

SERIT SICILIA S.P.A.);
– intimati –

avverso la sentenza n. 1472/2006 della CORTE D’APPELLO
di PALERMO, depositata il 23/02/2007 R.G.N. 1007/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

BALESTRIERI;
udito l’Avvocato D’ALOISIO CARLA per delega CORETTI
ANTONIETTA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI,che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

udienza del 07/03/2013 dal Consigliere Dott. FEDERICO

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Svolgimento del processo
Con ricorso al Tribunale di Agrigento, Antonino Mangiavillano
chiese l’accertamento negativo del credito di cui al verbale ispettivo
dell’INPS del 20 settembre 2000, relativo all’omesso versamento dei
contributi dovuti, dal 1993 al 1999, quale datore di lavoro agricolo.
A sostegno dell’opposizione dedusse che per gli anni 1998 e 1999
aveva presentato le dichiarazioni trimestrali della manodopera
impiegata senza che l’INPS gli avesse fornito il conteggio dei
contributi e inviato i necessari bollettini di versamento, mentre il
suddetto verbale ispettivo doveva comunque ritenersi illegittimo
nella parte in cui non aveva analiticamente indicato il calcolo delle
sanzioni dovute che, a suo dire, risultavano del tutto sproporzionate
all’omissione contestata.
Lamentò comunque che il calcolo delle retribuzioni imponibili per
l’anno 1999 era stato effettuato senza tenere conto della sua
adesione al contratto di riallineamento depositato nelle forme di
legge.
Con successivo rìcorso, il Mangiavillano propose opposizione
avverso la cartella esattoriale notificatagli il 29/1/2003, con la
quale gli era stato intimato il pagamento di euro 524.845,19 per le
medesime causali del verbare ispettivo, deducendone la illegittimità
ai sensì,dell’art. 24 comma 3 del d.lgs n. 46/99, stante la pend,enza
del giudizio avverso l’accertamento ispettivo, e, nel merito,
riproponendo le medesime difese sopra riportate.
L’INPS e la Montepaschi Serit restavano contumaci.
Il Giudice adito, riuniti i giudizi, con sentenza n. 2593J2003,
annullò la cartella di pagamento opposta, respingendo tuttavia la
domanda proposta da Mangiavillano.
In particolare il Tribunale, premesso che la pendenza del
procedimento avente ad oggetto l’accertamento ispettivo
precludeva l’iscrizione a ruolo dei contributi, ai sensi dell’art. 24,
comma 3, del d.lgs n.46/99, con conseguente invalidità della
cartella di pagamento, ritenne però che la domanda proposta dal
Mangiavillano fosse infondate in quanto costui non aveva provato la
validità dei contratto di riallineamente retributivo, del quale aveva
chiesto l’applicazione, contestata dall’INPS sin dalla fase
amministrativa quanto al requisito di rappresentatività delle
organizzazioni sindacali.
Awerso tale sentenza proponeva appello il Mangiavillano; resisteva
l’INPS, mentre la Montepaschi Serit restava contumace.
Con sentenza depositata il 23 febbraio 2007, la Corte d’appello di
Palermo, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava
che sui contributi di cui in motivazione, l’appellante era tenuto a
pagare all’INPS le somme aggiuntive determinate tuttavia in
applicazione dell’art. 1, comma 217, letta) della L. n. 662\96.

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Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso l’INPS, affidato
ad unico motivo.
Il Mangiavillano ed il Montepaschi Serit s.p.a. sono rimasti intimati.
Motivi della decisione
1.- L’INPS denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1,
comma 217, della legge 23 dicembre 1996 n. 662 (art. 360, comma
1, n. 3 c.p.c.), oltre ad un vizio di motivazione (art. 360, comma 1,
n. 5 c.p.c.).
Lamenta che la Corte distrettuale ritenne erroneamente che la
condotta osservata dall’originario ricorrente non dovesse essere
ricondotta nell’alveo dell’evasione contributiva, bensì in quello
dell’omissione, avendo il Magiavillano presentato le denunce
trimestrali, seppure con riduzioni retributive esplicitamente riferite
alla dichiarata applicazione del contratto di riallineamento (di cui
all’art. 5 del D.L. n. 510 del 1996, convertito nella legge n. 608 del
1996), la cui validità doveva essere comunque vagliata dall’Istituto.
Evidenzia che, secondo quanto osservato dalle sezioni unite di
questa Corte (sent. n. 4808\05), “la fattispecie dell’omissione
contributiva deve ritenersi limitata all’ipotesi del (solo) mancato
pagamento da parte del datore di lavoro, in presenza di tutte le
denunce e registrazioni obbligatorie necessarie, mentre la
mancanza di uno solo degli altri necessari adempimenti, in quanto
strettamente funzionali al regolare svolgimento dei compiti di
istituto dell’Ente previdenziale ed alla tempestiva soddisfazione dei
diritti pensionistici dei lavoratori assicurati è sufficiente ad integrare
gli estremi della evasione„ mentre “un’interpretazione meno
rigorosa del concetto di omissione, esteso a tutte le ipotesi che in
qualunque modo abbiano reso possibile all’Ente previdenziale
l’accertamento degli inadempimenti contributivi, anche a distanza di
tempo, o in ritardo rispetto alle cadenze informative periodiche
prescritte dalla legge n. 843 del 1978, aggraverebbe la posizione
dell’Ente previdenziale, imponendo allo stesso un’incessante attivita
ispettiva, laddove il sistema postula, anche nel suo aspetto
contributivo, per la sua funzionalità, una collabarazione spontanea
tra i soggetti interessati”.
Deduce l’INPS che le argomentazioni utilizzate a sostegno della
decisione impugnata, si ponevano in contrasto con l’insegnamento
della Suprema Corte.
Ed invero, prosegue il ricorrente, premesso che costituisce dato
pacifico il mancato pagamento dei contributi (elemento che di per
sé solo potrebbe configurare l’ipotesi dell’omissione), va rilevato
che risulta ugualmente accertato e non contestato che le
retribuzioni denunciate non erano quelle contrattuali, ma quelle
ridotte in rapporto ad un contratto di riallineamento invalido, che
peraltro costrinse l’Istituto ad un accertamento ispettivo al fine di

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verificare le contribuzioni dovute, inferendone, erroneamente, che
nella specie si versava in ipotesi di omissione e non già di evasione
contributiva.
2. —Il ricorso è infondato.
La questione ha formato oggetto di diverse e contrastanti pronunce
di questa S.C., affermandosi dapprima che in tema di obbligazioni
contributive nei confronti delle gestioni previdenziali ed
assistenziali, l’omessa denuncia all’INPS di lavoratori, ancorché
registrati nei libri paga e matricola, configura l’ipotesi di “evasione
contributiva” di cui all’art. 116, comma 8, lett. B), della legge n.
388 del 2000 e non la meno grave fattispecie di “omissione
contributiva” di cui alla lettera A) della medesima norma, che
riguarda le sole ipotesi in cui il datore di lavoro, pur avendo
proweduto a tutte le denunce e registrazioni obbligatorie, ometta il
pagamento dei contributi, dovendosi ritenere che l’omessa
denuncia dei lavoratori all’INPS faccia presumere l’esistenza della
volontà del datore di occultare i rapporti di lavoro al fine di non
versare i contributi, e gravando sul medesimo l’onere di provare la
sua buona fede, che non può reputarsi assolto in ragione della
mera registrazione dei lavoratori nei libri paga e matricola, che
restano nell’esclusiva disponibilità del datore stesso e sono oggetto
di verifica da parte dell’istituto previdenziale solo in occasione delle
ispezioni (Cass. 10 maggio 2010 n. 11261).
Si è poi invece sostenuto, anche nel vigore della legge 23 dicembre
2000, n. 388, che la mera mancata presentazione dei moduli
indicanti la dettagliata indicazione dei contributi previdenziali da
versare, configuri la fattispecie della omissione – e non già della
evasione – contributiva, ricadente nella previsione della lettera a)
dell’art. 116, comma 8, della medesima legge, qualora il credito
dell’istituto previdenziale sia comunque evincibile dalla
documentazione di provenienza del soggetto obbligato, quali i libri
contabili e le denunce riepilogative annuali (Cass. 20 gennaio 2011
n. 1230).
Successivamente la Corte ha affermato che l’omessa o infedele
denuncia mensile all’INPS (attraverso i cosiddetti modelli DM10) di
rapporti di lavoro o di retribuzioni erogate, ancorché registrati nei
libri di cui è obbligatoria la tenuta, concretizza l’ipotesi di “evasione
contributiva” di cui all’art. 116, comma 8, lett. B), della legge n.
388 del 2000, e non la meno grave fattispecie di “omissione
contributiva” di cui alla lettera A) della medesima norma, che
riguarda le sole ipotesi in cui il datore di lavoro, pur avendo
provveduto a tutte le denunce e registrazioni obbligatorie, ometta il
pagamento dei contributi, dovendosi ritenere che l’omessa o

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 marzo 2013
Il Presidente
L’estensore

infedele denuncia configuri occultamento dei rapporti o delle
retribuzioni o di entrambi (cfr. Cass. 27 dicembre 2011 n. 28966).
L’orientamento è stato di recente ribadito da Cass. 25 giugno 2012
n. 10509, secondo cui l’omessa o infedele denuncia mensile
all’INPS circa rapporti di lavoro e retribuzioni erogate integra
“evasione contributiva” ex art. 116, comma 8, lett. b), della legge
n. 388 del 2000, e non la meno grave “omissione contributiva” di
cui alla lettera a) della medesima norma.
Il Collegio condivide tale più recente orientamento, correttamente
basato sulla circostanza che l’omessa o infedele denuncia fa
presumere l’esistenza della volontà datoriale di occultare i dati allo
specifico fine di non versare i contributi o i premi dovuti, salvo
prova contraria del soggetto obbligato, anche alla luce del più
favorevole regime di cui all’art. 116 L. n. 388\00.
Ora tuttavia non v’è dubbio che nella specie, il Mangiavillano no —ns-1
ha omesso denunce obbligatorie o reso denunce o dichiarazioni non
conformi al vero, risultando irrilevante, sotto questo profilo, che il
contratto di riallineamento su cui i dati contributivi erano basati, sia
stato successivamente dichiarato invalido, non ricorrrendo pertanto
l’ipotesi dell’evasione ma solo quella dell’omissione contributiva, di
cui all’art. 1, comma 217, lettera b), della L. n. 662\96 1 applicabile
nel caso di specie, così come ritenuto dalla sentenza impugnata. _
3. Il ricorso deve pertanto rigettarsi. Nulla per le spese essendo il
Mangiavillano rimasto intimato.

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