Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10264 del 19/04/2021
Cassazione civile sez. I, 19/04/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 19/04/2021), n.10264
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –
Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –
Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –
Dott. TERRUSI Francersco – Consigliere –
Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 11641/2017 proposto da:
B.T., Z.D., Z.G., Z.F.: anche quale
amministratore pro tempore della Zeus s.r.l., elettivamente
domiciliati in Roma, Via di Ripetta n. 41, presso lo studio
dell’avvocato Abeti Riccardo, rappresentati e difesi dagli avvocati
Greco Giovanni, Muraro Luca, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
Arena NPL One S.r.l., e per essa quale mandataria doBank S.p.a.
(denominazione assunta da Unicredit Credit Management Bank, già
(OMISSIS) S.p.a.), in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma, Via Ovidio n. 20, presso lo
studio dell’avvocato Coleine Filippo, rappresentata e difesa
dall’avvocato Zilio-Cambiagio Altegrado, giusta procura speciale per
Notaio Dott. P.C.C. di (OMISSIS);
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2891/2016 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,
pubblicata il 21/12/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
12/01/2021 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Con sentenza del 21 dicembre 2016, la Corte d’appello di Venezia ha confermato la decisione del Tribunale di Bassano del Grappa n. 19/2009, la quale aveva respinto l’opposizione a decreto ingiuntivo, proposta dalla società e dai suoi fideiussori, ottenuto su richiesta di (OMISSIS) s.p.a.
Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la parte soccombente, sulla base di due motivi.
La banca intimata resiste con controricorso.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. – Con il primo motivo, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1284,1309,1988 c.c., artt. 112 e 277 c.p.c., oltre ad omesso esame di fatto decisivo, per avere la corte del merito mancato di considerare che il riconoscimento del debito non era stato sottoscritto dalla società, debitrice principale, onde per essa non poteva avere effetto; nè essa ha tenuto conto del rilievo secondo cui non vi era prova della pattuizione per iscritto degli interessi pretesi, pari al 7% annuo, nè ha risposto alla questione della quantificazione in primo grado di un maggior credito per Euro 11.615,93.
Con il secondo motivo, si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 1284,1309,1987,1988 e 2697 c.c., per avere la sentenza impugnata confermato gli effetti del riconoscimento di debito, che invece non poteva, per quanto esposto, avere valore per la società; comunque, avrebbe dovuto essere disposta una c.t.u. per accertare il calcolo degli interessi.
2. – Il due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto in parte sovrapposti negli argomenti che espongono, non colgono nel segno.
La corte del merito ha ritenuto, condividendo l’assunto del primo giudice, che il credito vantato fosse assistito da riconoscimento del debito, con il quale furono individuati compiutamente tutti i rapporti tra le parti, gli importi dovuti per ciascuno di essi ed il debito finale, tale da esonerare la creditrice da ulteriore prova.
Ha aggiunto come il tribunale abbia rilevato non potersi includere gli interessi moratori nel T.e.g.m. e che sussiste, contrariamente all’assunto dei debitori, il patto scritto sulla misura ultralegale degli interessi, statuizioni entrambe non confutate in appello; non vi fu mala fede da parte della banca, non avendo, anzi, i debitori stessi ottemperato al cd. piano di rientro; la censura relativa ad un maggior credito di Euro 11.615,93, non dovuto, è rimasta del tutto generica e priva dei necessari riferimenti di calcolo.
Ciò posto, i motivi proposti non si confrontano con la decisione impugnata, nè sono formulati in modo idoneo a renderli ammissibili.
Quanto alla pretesa mancata sottoscrizione della società, debitrice principale, in calce al riconoscimento del debito, la censura non è rispettosa dell’art. 366 c.p.c., neppure riportando il contenuto della dichiarazione e delle sottoscrizioni apposte in calce alla scrittura.
Tale specificità è, invece, contenuta nel controricorso, il quale all’opposto dell’assunto di parte ricorrente – riporta una formula che si riferisce anche alla società debitrice principale, così come la stessa ebbe a firmare l’atto, in persona ded legale rappresentante; nè la circostanza che questi fosse, altresì, un fideiussore vale in sè a sottrarre valore alla firma quale amministratore della società, secondo il con confutato assunto della banca.
Quanto alla censura circa l’inesistenza del patto scritto sulla misura degli interessi, la corte territoriale ha ritenuto il punto non validamente impugnato, e questa statuizione non viene, a sua volta, censurata adeguatamente nel motivo per cassazione, in violazione dell’art. 366 c.p.c..
Infine, la questione del preteso maggior importo, pari ad Euro 11.615,93, è stata disattesa dalla corte territoriale, che ha giudicato il motivo “generico” e privo dei necessari criteri di un diverso calcolo: anche questa statuizione non è stata censurata nel rispetto dell’art. 366 c.p.c., onde il motivo è, sul punto, inammissibile.
Infine, inammissibile è la censura di non avere comunque la corte del merito disposto una c.t.u. per operare i riconteggi, trattandosi di una facoltà discrezionale rimessa al prudente apprezzamento delle risultanze processuali da parte del giudice del merito.
3. – In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
4. – Le spese seguono la soccombenza.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese, liquidate in complessivi Euro 10.200,00, ivi compresi Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie al 15% ed agli accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti per il raddoppio del versamento del contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 gennaio 2021.
Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2021