Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10263 del 26/05/2017

Cassazione civile, sez. trib., 26/04/2017, (ud. 11/04/2017, dep.26/04/2017),  n. 10263

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PICCIALLI Luigi – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino – rel. Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi Pietro – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 7492/2012 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro

CIACIULLO MARMI S.R.L., in persona del suo legale rappresentante

C.M., rappresentata e difesa, giusta delega a margine del

controricorso, dagli Avv.ti Oreste Cantillo e Guglielmo Cantillo,

elettivamente domiciliata presso lo Studio degli stessi, in Roma,

Lungotevere dei Mellini n. 17;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Campania sez. staccata di Salerno n. 66/09/11, depositata il 7

febbraio 2011;

Udita la relazione svolta nella udienza camerale dell’11 aprile 2017

dal Cons. Ernestino Luigi Bruschetta.

Fatto

FATTO E DIRITTO

1. Con l’impugnata sentenza n. 66/09/11 depositata il 7 febbraio 2011 la Commissione Tributaria Regionale della Campania sez. staccata di Salerno, in riforma della decisione n. 74/15/10 della Commissione Tributaria Provinciale di Salerno, accoglieva il ricorso promosso da Cianciullo Marmi S.r.l. contro l’avviso n. (OMISSIS) IVA IRPEG IRAP 2005, con il quale veniva recuperato a tassazione un maggior imponibile, perchè l’accertamento fondato sullo studio di settore non era stato preceduto dal preventivo contraddittorio amministrativo.

2. L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso sulla base di quattro infondati motivi, cui la contribuente resisteva con controricorso, perchè:

– con i primi due motivi l’ufficio deduceva vizio di insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile ratione temporis, nonchè violazione di legge ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, imputando alla CTR di avere erroneamente ritenuto che l’impugnato avviso fosse fondato sullo studio di settore; le due censure sono però preliminarmente inammissibili per difetto di autosufficienza non essendo stato integralmente trascritto il testo dell’accertamento, non permettendo pertanto alcuna sicura attività nomofilattica, la quale deve ovviamente formarsi su dati di fatto verificabili come certi (Cass. sez. 6 n. 16134 del 2015; Cass. sez. trib. n. 15138 del 2009);

– con il terzo motivo l’ufficio deduceva vizio di insufficiente motivazione ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 applicabile ratione temporis, addebitando alla CTR di non aver adeguatamente spiegato perchè il prescritto requisito non potesse ritenersi soddisfatto anche da un contraddittorio intervenuto dopo la notifica dell’impugnato avviso; il mezzo è però inammissibile perchè in realtà con lo stesso si denuncia una violazione di legge riguardante la disciplina dell’accertamento fondato sugli studi di settore, la quale violazione doveva pertanto essere censurata ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (Cass. sez. lav. n. 7394 del 2010; Cass. sez. 1 n. 4178 del 2007);

– con il quarto motivo l’ufficio deduceva ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 21, nonchè del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218, art. 6 addebitando alla CTR di non aver dichiarato inammissibile perchè tardivamente proposto il ricorso promosso contro l’impugnato avviso, in particolare sostenendo che siccome il procedimento di accertamento con adesione non sarebbe possibile con riferimento agli avvisi fondati sugli studi di settore, i termini per impugnare l’atto fiscale non sarebbero stati sospesi; ma il mezzo, oltre che inammissibile quantomeno perchè comporta degli accertamenti di fatto non consentiti in questa sede (Cass. sez. 1 n. 9993 del 2016; Cass. sez. 3 n. 4238 del 2011), è anche all’evidenza infondato perchè, come riconosciuto da tutta la dottrina, il procedimento di accertamento con adesione non conosce praticamente limiti oggettivi o soggettivi.

3. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condanna l’ufficio a rimborsare alla contribuente le spese processuali, liquidate in Euro 3.200,00 a titolo di compenso, oltre a spese forfetarie ed ad accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2017

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