Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10263 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10263 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: SCARANO LUIGI ALESSANDRO

Conseguenze

SENTENZA

R.G.N. 22230/2011

sul ricorso 22230-2011 proposto da:
CERRETTI

DAVIDE

CRRDVD72B26I499U,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA IPPOLITO NIEVO 61, presso lo
studio dell’avvocato VALENTINO GENTILE, rappresentato
e difeso dall’avvocato LUIGI CALZOLARI giusta procura
speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –

2015
contro

405

FONDIARIA

SAI

SPA

in

persona

del

legale

rappresentante Dott. FILIPPO SARDELLI, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI NICOTERA 29, presso

1

Data pubblicazione: 20/05/2015

cron.)0263
Rep.

Cj

Ud. 13/02/2015
PU

lo studio dell’avvocato MARCO CARDIA,

che la

rappresenta e difende giusta procura speciale a
margine del controricorso;
– controrícorrente t

nonchè contro
r

VIGLIANES1 MONICA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 958/2010 della CORTE D’APPELLO
di GENOVA, depositata il 1/9/2010, R.G.N. 1606/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 13/02/2015 dal Consigliere Dott. LUIGI
i
I

ALESSANDRO SCARANO;
udito l’Avvocato LUIGI CALZOLARI;
udito l’Avvocato GIANLUCA MARUCCHI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PIERFELICE PRATIS che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

,f.
t

DI GROTTOLE MARIO, LEONI ANTONIA, POLVERINI SABRINA,

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 1 ° /9/2010 la Corte d’Appello di Genova ha
respinto i gravami interposti dal sig. Davide Cerretti ( in via
principale ) e dalla società Fondiaria-Sai s.p.a. ( in via
incidentale ) in relazione alla pronunzia Trib. La Spezia, di

Polverini e Martina Cerretti nei confronti dei sigg. Monica
Viglianesi e Mario Di Grottole nonché della compagnia
assicuratrice La Fondiaria Assicurazioni s.p.a. di risarcimento
dei danni lamentati in conseguenza di sinistro stradale all’esito
del quale era deceduto in data 8/6/1995 il loro, rispettivamente,
marito e padre sig. Andrea Cerretti, in ragione del ravvisato
concorso di colpa del medesimo nella determinazione del medesimo
nella misura del 30%.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito il sig.
Davide Cerretti propone ora ricorso per cassazione, affidato ad
unico complesso motivo, illustrato da memoria.
Resiste con controricorso la società Fondiaria-Sai s.p.a.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico complesso motivo il ricorrente denunzia «violazione
e/o falsa applicazione di norme di diritto>>, in relazione
all’art. 360, l ° co. n. 3, c.p.c.; nonché «omessa, insufficiente
o contraddittoria>> motivazione su punto decisivo della
controversia, in relazione all’art. 360, 1 0 co. n. 5, c.p.c.

3

parziale accoglimento della domanda proposta dalle signore Sabrina

Lamenta che erroneamente la corte di merito ha quantificato il
danno morale sofferto, quale fratello della vittima, in base alle
Tabelle di Genova anziché di quelle di Milano.
Il motivo è fondato e va accolto nei termini di seguito
indicati.

valutazione equitativa, la cui scelta e adozione è rimessa alla
prudente discrezionalità del giudice, debbono essere idonei a
consentire di addivenirsi ad una liquidazione congrua, sia sul
piano dell’effettività del ristoro del pregiudizio che di quello
della relativa perequazione -nel rispetto delle diversità proprie
dei singoli casi concreti- sul territorio nazionale (v., da
ultimo, Cass., 23/1/2014, n. 1361).
In tema di liquidazione del danno l’equità si è infatti in
giurisprudenza intesa nel significato di “adeguatezza” e di
“proporzione”, assolvendo alla fondamentale funzione di “garantire
l’intima coerenza dell’ordinamento, assicurando che casi uguali
non siano trattati in modo diseguale”, con eliminazione delle
“disparità di trattamento” e delle “ingiustizie” ( così Cass.,
7/6/2011, n. 12408: “equità non vuol dire arbitrio, perché
i

quest’ultimo, non scaturendo da un processo logico-deduttivo, non
potrebbe mai essere sorretto da adeguata motivazione. Alla nozione
di equità è consustanziale l’idea di adeguatezza e di proporzione.
Ma anche di parità di trattamento” ).
I criteri da adottarsi al riguardo debbono consentire pertanto
una valutazione che sia equa, e cioè adeguata e proporzionata (v.

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Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, i criteri di

Cass., 7/6/2011, n. 12408), in considerazione di tutte le
circostanze concrete del caso specifico, al fine di ristorare il
pregiudizio effettivamente subito dal danneggiato, in ossequio al
principio per il quale il danneggiante e il debitore sono tenuti
al ristoro solamente dei danni arrecati con il fatto illecito o

Cass., 23/1/2014, n. 1361).
Essendo la liquidazione del

quantum dovuto per il ristoro del

danno inevitabilmente caratterizzata da un certo grado di
approssimazione, è altresì da escludersi che l’attività di
quantificazione del danno sia di per sé soggetta a controllo in
sede di legittimità, se non sotto l’esclusivo profilo del vizio di
motivazione, in presenza di totale mancanza di giustificazione
sorreggente la statuizione o di macroscopico scostamento da dati
di comune esperienza o di radicale contraddittorietà delle
argomentazioni (cfr., da ultimo, Cass., 7/6/2011, n. 12408; Cass.,
19/5/2010, n. 12918; Cass., 26/1/2010, n. 1529), giacché il
giudice è tenuto a dare conto dell’esercizio dei propri poteri
discrezionali e, perché la liquidazione equitativa non risulti
arbitraria, è necessario che fornisca l’indicazione, anche se
sommariamente, delle ragioni del processo logico sul quale essa è
fondata (cfr. Cass., 30/5/2002, n. 7896; Cass., 30/5/1995, n.
6061; Cass., 4/5/1989, n. 2074; Cass., 13/5/1983, n. 3273).
A tale stregua, la quantificazione di un ammontare che si
prospetti non congruo rispetto al caso concreto, in quanto
irragionevole e sproporzionato per difetto o per eccesso (v.

5

l’inadempimento ad essi causalmente ascrivibile (v., da ultimo,

Cass., 31/8/2011, n. 17879), e pertanto sotto tale profilo non
integrale, depone nel senso di adozione di un sistema di
quantificazione per ciò stesso a palesarsi inidoneo a consentire
al giudice di pervenire ad una valutazione informata ad equità,
legittimando i dubbi in ordine alla sua legittimità.

costituita dal sistema delle tabelle (v. Cass., 7/6/2011, n.
12408; Cass., Sez. Un., 11/11/2008, n. 26972. V. altresì Cass.,
13/5/2011, n. 10527).
Pur se oggetto di forti critiche in dottrina, essendosi il
sistema tabellare ritenuto lesivo della dignità umana, da epoca
risalente il giudice, anche laddove non imposto dalla legge, fa
ricorso all’ausilio di tabelle (v. Cass., 9/1/1998, n. 134).
Tale sistema d’altro canto costituisce solo una modalità di
calcolo tra le molteplici utilizzabili (per l’adozione, quanto al
danno morale da reato, del criterio della odiosità della condotta
lesiva, e quanto al cd. danno esistenziale, del criterio al clima
di intimidazione creato nell’ambiente lavorativo dal comportamento
del datore di lavoro e al peggioramento delle relazioni interne al
nucleo familiare in conseguenza di esso, v. Cass., 19/5/2010, n.
3

12318).
Le tabelle, siano esse giudiziali o normative, sono uno
strumento idoneo a consentire al giudice di dare attuazione alla
clausola generale posta all’art. 1226 c.c. (v. Cass., 19/5/1999,
n. 4852), non già di derogarvi; e di addivenire ad una
quantificazione del danno rispondente ad equità, nell’effettiva

6

Valida soluzione si è ravvisata essere invero quella

esplicazione di poteri discrezionali, e non già rispondenti ad
arbitrio (quand’anche “equo”).
Lo stesso legislatore, oltre alla giurisprudenza, ha fatto ad
esse espressamente riferimento.
Mentre in tema di responsabilità civile da circolazione

nazionale (i cui importi sono stati da ultimo aggiornati con D.M.
6 giugno 2013, in G.U. 14 giugno 2013, n. 138) per la liquidazione
delle invalidità cd. micropermanenti (fino a 9 punti), in caso di
assenza di tabelle normativamente determinate, come ad esempio per
le cd. macropermanenti e per le ipotesi diverse da quelle oggetto
del suindicato decreto legislativo, il giudice fa normalmente
ricorso a tabelle elaborate in base alle prassi seguite nei
diversi tribunali (per l’affermazione che tali tabelle
costituiscono il cd. “notorio locale” v. in particolare Cass., 1
giugno 2010, n. 13431), la cui utilizzazione è stata dalle Sezioni
Unite avallata nei limiti in cui, nell’avvalersene, il giudice
proceda ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno
non patrimoniale, valutando nella loro effettiva consistenza le
sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, al fine
“di pervenire al ristoro del danno nella sua interezza” (v. Cass.,
Sez. Un., 11 novembre 2008, n. 26972).
Preso atto che le Tabelle di Milano sono andate nel tempo
assumendo e palesando una “vocazione nazionale”, in quanto recanti
i parametri maggiormente idonei a consentire di tradurre il
concetto dell’equità valutativa, e ad evitare (o quantomeno

7

stradale, il D.Lgs. n. 209 del 2005 ha introdotto la tabella unica

ridurre) – al di là delle diversità delle condizioni economiche e
sociali dei diversi contesti territoriali – ingiustificate
disparità di trattamento che finiscano per profilarsi in termini
di violazione dell’art. 3 Cost., coma 2, questa Corte è pervenuta
a ritenerle valido criterio di valutazione equitativa ex art. 1226

conseguenti alla circolazione (v. Cass., 7/6/2011, n. 12408;
Cass., 30/6/2011, n. 14402).
Essendo l’equità il contrario dell’arbitrio, la liquidazione
equitativa operata dal giudice di merito è sindacabile in sede di
legittimità (solamente) laddove risulti non congruamente motivata,
dovendo di essa “darsi una giustificazione razionale a posteriori”
(v. Cass., 7/6/2011, n. 12408).
Si è al riguardo per lungo tempo esclusa la necessità per il
giudice di motivare in ordine all’applicazione delle tabelle in
uso presso il proprio ufficio giudiziario, essendo esse fondate
sulla media dei precedenti del medesimo, e avendo la relativa
adozione la finalità di uniformare, quantomeno nell’ambito
territoriale, i criteri di liquidazione del danno (v. Cass.,
2/3/2004, n. 418), dovendo per converso adeguatamente motivarsi la
2

scelta di avvalersi di tabelle in uso presso altri uffici (v.
Cass., 21/10/2009, n. 22287; Cass., 1/6/2006, n. 13130; Cass.,
20/10/2005, n. 20323; Cass., 3/8/2005, n. 16237).
Essendo la liquidazione del

quantum dovuto per il ristoro del

danno non patrimoniale inevitabilmente caratterizzata da un certo
grado di approssimazione, si escludeva altresì che l’attività di

8

c.c. delle lesioni di non lieve entità (dal 10% al 100%)

quantificazione del danno fosse di per sé soggetta a controllo in
sede di legittimità, se non sotto l’esclusivo profilo del vizio di
motivazione, in presenza di totale mancanza di giustificazione
sorreggente la statuizione o di macroscopico scostamento da dati
di comune esperienza o di radicale contraddittorietà delle

Cass., 26/1/2010, n. 1529). In particolare laddove la liquidazione
del danno si palesasse manifestamente fittizia o irrisoria o
simbolica o per nulla correlata con le premesse in fatto in ordine
alla natura e all’entità del danno dal medesimo giudice accertate
(v. Cass., 16/9/2008, n. 23725; Cass., 2/3/2004, n. 4186; Cass.,
2/3/1998, n. 2272; Cass., 21/5/1996, n. 4671).
La Corte Suprema di Cassazione è peraltro recentemente
pervenuta a radicalmente mutare tale orientamento.
La mancata adozione da parte del giudice di merito delle
Tabelle

di Milano in favore di altre, ivi ricomprese quelle in

precedenza adottate presso la diversa autorità giudiziaria cui
appartiene, si è ravvisato integrare violazione di norma di
diritto censurabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art.
360 c.p.c., comma l, n. 3, (v. Cass., 7/6/2011, n. 12408, ove si è
altresì precisato che al fine di evitarsi la declaratoria di
inammissibilità del ricorso per la novità della questione non è
sufficiente che in appello sia stata prospettata l’inadeguatezza
della liquidazione operata dal primo giudice, ma occorre che il
ricorrente si sia specificamente doluto, sotto il profilo della
violazione di legge, della mancata liquidazione del danno in base

9

argomentazioni (cfr., da ultimo, Cass., 19/5/2010, n. 12918;

ai valori delle tabelle elaborate a Milano; e che, inoltre, nei
giudizi svoltisi in luoghi diversi da quelli nei quali le tabelle
milanesi sono comunemente adottate, quelle tabelle abbia anche
versato in atti.
t

Si

è quindi al riguardo ulteriormente precisato che i

parametri delle Tabelle di Milano sono da prendersi a riferimento
da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del
danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e
verifica di quella di inferiore ammontare cui sia diversamente
pervenuto, sottolineandosi che incongrua è la motivazione che non
dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una
quantificazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso
concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui l’adozione
dei parametri esibiti dalle dette Tabelle di Milano consente di
pervenire ( v. Cass., 30/6/2011, n. 14402 ).
Orbene, laddove ha immediatamente affermato che <>, e laddove ha ritenuto <> la liquidazione
operata dal giudice di prime cure, <>>, la corte di merito ha nell’impugnata sentenza
invero disatteso i suindicati principi.

10

.

Della medesima s’impone pertanto la cassazione, con rinvio
alla Corte d’Appello di Genova, che in diversa composizione
procederà a nuovo esame, facendo dei medesimi applicazione.
Il giudice di rinvio provvederà anche in ordine alle spese del
giudizio di cassazione.

La Corte accoglie p.q.r.

il ricorso. Cassa in relazione

l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di
cassazione, Corte d’Appello di Genova, in diversa composizione.

Roma, 13/2/2015

P.Q.M.

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