Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10262 del 19/04/2021

Cassazione civile sez. I, 19/04/2021, (ud. 12/01/2021, dep. 19/04/2021), n.10262

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francersco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11159/2017 proposto da:

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Ennio Quirino Visconti n. 20, presso lo studio dell’avvocato Di

Bernardo Mario, rappresentata e difesa dagli avvocati Giaconia

Alberto, Gitto Antonino, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Idea Frutta di F. N. S.r.l., in persona del legale

rappresentante pro tempore, domiciliata in Roma, Piazza Cavour,

presso la Cancelleria Civile della Corte di Cassazione,

rappresentata e difesa dall’avvocato Cundari Gaetano, giusta procura

in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1519/2016 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 19/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/01/2021 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con sentenza del 19 ottobre 2016, la Corte d’appello di Catania ha confermato la decisione del Tribunale della stessa città del 14 gennaio 2016, la quale aveva dichiarato l’illegittimità dell’addebito degli interessi anatocistici e della commissione massimo scoperto sul conto corrente bancario dell’odierna ricorrente, condannando la banca alle restituzioni.

La corte del merito ha ritenuto, condividendo l’assunto del primo giudice, che fosse infondato l’appello della banca con riguardo al rigetto dell’eccezione di prescrizione, da essa sollevata, in quanto inefficace: ciò, non avendo la banca precisato quali rimesse fossero ripristinatorie e quali solutorie, onde dell’eccezione non si poteva tenere nessun conto, posto che la specifica indicazione delle rimesse prescritte era stata fatta dalla banca solo tardivamente, nella comparsa conclusionale di primo grado.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., sulla base di un motivo, illustrato anche da memoria.

La società intimata resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con l’unico motivo, la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 2935 c.c. e art. 115 c.p.c., oltre ad omesso esame di fatto decisivo, per avere la corte del merito rifiutato di prendere in esame l’eccezione di prescrizione sull’assunto della sua genericità, per la sola circostanza di non avere la banca elencato le singole rimesse quali aventi, volta a volta, natura ripristinatoria o solutoria: come, invece, non era suo onere ed essendo, altresì, incontestato che il conto corrente non era mai stato assistito da un’apertura di credito, tanto che tutte le rimesse erano, pacificamente, solutorie, onde la prescrizione è decorre dai singoli pagamenti.

2. – Il motivo è fondato.

La corte del merito, nella sua motivazione semplificata, ha onerato la banca di precisare la natura delle singole rimesse, come già il primo giudice, disattendendo così il motivo di appello, con cui la banca continuava ad invocare la prescrizione della pretesa.

In tal modo, il giudice territoriale ha disatteso il principio, ribadito plurime volte dalla S.C., secondo cui nel contratto di conto corrente bancario l’eccezione di prescrizione è validamente proposta quando la parte ne abbia allegato il fatto costitutivo, e cioè l’inerzia del titolare, e manifestato la volontà di avvalersene, ai fini della valida proposizione dell’eccezione non essendo invece necessario che la banca indichi specificamente le rimesse prescritte.

In particolare, le Sezioni unite hanno affermato il principio di diritto secondo cui, in tema di prescrizione estintiva, l’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto in giudizio, voglia opporre l’eccezione di prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di conto corrente assistito da apertura di credito, è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto, unita alla dichiarazione di volerne profittare, senza che sia necessaria l’indicazione delle specifiche rimesse solutorie ritenute prescritte (Cass., sez. un., 13 giugno 2019, n. 15895).

Il principio era stato già espresso dalla S.C., osservandosi come, poichè la decorrenza della prescrizione è condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio, dei versamenti effettuati dal cliente, essa matura sempre dalla data del pagamento, qualora il conto risulti in passivo e non sia stata concessa al cliente un’apertura di credito, oppure i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento; ne discende che, eccepita dalla banca la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, è onere del cliente provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito, che qualifichi quel versamento come mero ripristino della disponibilità accordata (Cass. 30 gennaio 2019, n. 2660; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27705; Cass. 30 ottobre 2018, n. 27704; Cass. 10 luglio 2018, n. 18144).

Occorre, perciò, distinguere “a seconda che il contratto risulti “affidato” o meno: in caso di conto “non affidato”, tutte le rimesse devono automaticamente reputarsi solutorie” (Cass. 24 maggio 2018, n. 12977; Cass. 22 febbraio 2018, n. 4372; ed altre); e, poichè la decorrenza della prescrizione dalla data del pagamento è condizionata al carattere solutorio e non meramente ripristinatorio dei versamenti, in mancanza di un’apertura di credito non può che concludersi per detto dies a quo.

Sul punto, va ribadito come, qualora si tratti di versamenti eseguiti su un conto in passivo (o “scoperto”), cui non accede alcuna apertura di credito a favore del correntista, o quando i versamenti siano destinati a coprire un passivo eccedente i limiti dell’accreditamento, allora dovrà dirsi che quei versamenti integrino la nozione di “pagamento”; il contrario, quando i versamenti in conto, non avendo il passivo superato il limite dell’affidamento concesso al cliente, consistano in meri atti ripristinatori della provvista, pur sempre nella disponibilità del cliente.

In definitiva, poichè la decorrenza della prescrizione dalla data del pagamento è condizionata al carattere solutorio, e non meramente ripristinatorio, dei versamenti, essa sussiste sempre in mancanza di un’apertura di credito: onde, eccepita dalla banca la prescrizione del diritto alla ripetizione dell’indebito per decorso del termine decennale dal pagamento, è onere del cliente provare l’esistenza di un contratto di apertura di credito, che qualifichi quel pagamento come mero ripristino della disponibilità accordata.

E tale allegazione, concernente un contratto formale di apertura di credito, con la relativa prova, va offerta dal correntista che agisce in ripetizione dell’indebito, nel rispetto delle preclusioni formali del primo grado del giudizio.

2. – Non essendosi la corte del merito conformata ai principi esposti, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio al giudice del merito, affinchè determini il calcolo del saldo dovuto alla banca secondo i criteri indicati.

Ad essa si demanda altresì la liquidazione delle spese di lite relative al giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, innanzi alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 12 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2021

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