Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10262 del 12/05/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 10262 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LOSAVIO Silvio (LSV SLV 50E23 H0961), rappresentato e
difeso, per procura speciale in calce al ricorso,
dall’Avvocato Stefano Bodoni, domiciliato in Roma, Piazza
Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte suprema
di cassazione;
– ricorrente –

contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro

pro

tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale
dello Stato, presso cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;
– resistente –

Data pubblicazione: 12/05/2014

avverso il decreto della Corte d’appello di Ancona
depositato il 23 novembre 2012 e notificato in data 7
gennaio 2013.
Udita

la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Stefano Bordoni.
Ritenuto

che, con ricorso depositato in data 30 giugno

2011 presso la Corte d’appello di Ancona, Losavio Silvio
chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al
pagamento dei danni patrimoniali e non patrimoniali
derivanti dalla irragionevole durata di un giudizio penale
svoltosi davanti agli uffici giudiziari di Bologna e
definito con sentenza di non doversi procedere per
intervenuta prescrizione del reato, emessa in data 19
aprile 2011;
che l’adita Corte d’appello, in considerazione della
incidenza della prescrizione sulla quantificazione del
danno, tenuto altresì conto delle particolari
ripercussioni della pendenza del procedimento sulla
persona del ricorrente in considerazione dell’attività
lavorativa svolta dallo stesso, riteneva che il processo
avesse avuto una durata irragionevole di due anni, sicché
liquidava un indennizzo di euro 4.000,00, oltre interessi
dalla domanda, rigettando la domanda di danno

udienza del 18 marzo 2014 dal Consigliere relatore Dott.

patrimoniale, trattandosi di danno non risarcibile alla
stregua del principio della normale sequenza causale, e,
peraltro, non adeguatamente provato;
che Losavio Silvio ha proposto ricorso per la

illustrati da memoria;
che il Ministero della giustizia ha resistito con
controricorso, eccependo la inammissibilità del ricorso
per tardività.
Considerato che non è di ostacolo alla trattazione del
procedimento la mancata presenza del pubblico ministero
atteso che in tema intervento del P.M. nel giudizio civile
di cassazione, per effetto delle modifiche introdotte
dagli artt. 75 e 81 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, conv.
in legge 9 agosto 2013, n. 98, la partecipazione del P.M.
alle udienze che si tengono presso la sesta sezione non è
più obbligatoria, impregiudicata la facoltà del P.M. di
intervenirvi, ai sensi dell’art. 70, terzo comma, cod.
proc. civ., ove ravvisi un pubblico interesse (Cass. n.
1089 del 2014).
che con il primo motivo di ricorso, il ricorrente
denuncia il mancato riconoscimento di un pieno ed
integrale risarcimento del danno non patrimoniale
conseguente alla mancata rinuncia alla prescrizione nel
corso del processo penale e l’errata individuazione del

cassazione di questo decreto, affidato a due motivi,

dies a quo

per il computo della durata del processo,

sostenendo che la Corte d’appello avrebbe errato, sotto un
primo profilo, nel ridurre l’entità del risarcimento del
danno non patrimoniale a causa della sua mancata rinuncia

risarcimento prescinderebbe dall’esito fausto o infausto
del procedimento, e, sotto altro profilo, nell’aver
considerato

dies a quo ai

fini del calcolo della durata

del processo il 23 novembre 2005, data in cui gli venne
notificato l’avviso ai sensi dell’art.

415-bis c.p.p., e

non il 9 dicembre 2004, data in cui apprese la sua
iscrizione nel registro degli indagati;
che con il secondo motivo il ricorrente si duole del
mancato riconoscimento del danno patrimoniale conseguente
alla sospensione della valutazione per l’avanzamento al
grado superiore per ben sette anni, danno erroneamente
escluso dalla Corte d’appello perché non ritenuto
sussistente alla stregua del principio della normale
sequenza causale né, peraltro, adeguatamente provato;
che è fondata l’eccezione di inammissibilità formulata
dalla difesa erariale;
che il decreto qui impugnato è stato notificato, ad
istanza del difensore del ricorrente e in forma esecutiva,
all’Avvocatura distrettuale di Ancona il 7 gennaio 2013;

alla causa estintiva del reato, atteso che il diritto al

che la detta notifica deve ritenersi idonea a far
decorrere il termine per la proposizione del ricorso per
cassazione sia per il destinatario della notificazione che
per il notificante;

domiciliato ex lege presso l’Avvocatura distrettuale dello
Stato, è idonea a far decorrere il termine breve non solo
nei confronti del notificato, ma anche nei confronti del
notificante, dovendosi considerare effettuata alla parte
nel domicilio eletto;
che non giova al ricorrente il rilievo che il
Ministero della giustizia non ebbe a costituirsi nel
giudizio dinnanzi alla Corte d’appello di Ancona, atteso
che, ai sensi dell’art. 11 del r.d. n. 1611 del 1933,
«tutte le citazioni, i ricorsi e qualsiasi altro atto di
opposizione giudiziale, nonché le opposizioni ad
ingiunzione e gli atti istitutivi di giudizi che si
svolgono innanzi alle giurisdizioni amministrative o
speciali, od innanzi agli arbitri, devono essere
notificati alle Amministrazioni dello Stato presso
l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distretto ha
sede l’Autorità giudiziaria innanzi alla quale è portata
la causa, nella persona del Ministro competente» (comma 1)
e che «ogni altro atto giudiziale e le sentenze devono
essere notificati presso l’ufficio dell’Avvocatura dello

che, invero, la notifica al Ministero della Giustizia,

Stato nel cui distretto ha sede l’Autorità giudiziaria
presso cui pende la causa o che ha pronunciato la
sentenza» (comma 2);
che, dunque, la notificazione del decreto in forma

non costituitasi nel giudizio dinnanzi alla Corte
d’appello, doveva essere necessariamente effettuata, ai
sensi dell’art. 292, ultimo comma, cod. proc. civ., alla
parte personalmente, il che vale a dire, trattandosi di
amministrazione dello Stato, presso il domicilio

ex lege

dell’amministrazione stessa, e cioè presso l’Avvocatura
distrettuale, ove la notifica è avvenuta;
che, d’altra parte, questa Corte ha chiarito che «ogni
atto finalizzato alla introduzione di un giudizio nei
confronti di una Amministrazione dello Stato, e ogni
successivo atto giudiziale indirizzato ad una
Amministrazione dello Stato che debba essere notificato in
pendenza di giudizio, deve essere notificato alla
Avvocatura dello Stato, senza che possa operarsi una
distinzione a seconda che la parte si sia costituita nel
giudizio pendente o sia rimasta contumace, senza che la
mancata applicazione della disciplina della contumacia
alle Amministrazioni dello Stato possa costituire una
violazione del principio di uguaglianza, atteso che
l’Avvocatura dello Stato è l’organo al quale è

esecutiva all’Amministrazione della giustizia, ancorché

istituzionalmente affidata la difesa in giudizio delle
Amministrazioni statali, e pertanto la cognizione diretta
dell’atto da parte dell’Amministrazione non potrebbe
assicurarle una miglior difesa rispetto a quella che

riferimento a tutte le questioni in cui essa è coinvolta»
(Cass. n 7315 del 2004);
che, ancora, può rilevarsi che alla detta regola può
farsi eccezione nei soli casi previsti dalla legge, come
avveniva nei giudizi di opposizione ad ordinanza
ingiunzione ai sensi della legge n. 689 del 1981, per i
quali si è affermato che «quando l’autorità opposta
(costituita da un organo periferico dell’Amministrazione
statale) si è difesa personalmente o tramite un proprio
funzionario, oppure è rimasta contumace, il ricorso per
cassazione avverso la sentenza emessa dal giudice di pace
dev’essere notificato all’autorità stessa presso la sua
sede legale» (Cass. n. 21418 del 2009);
che, dunque, la notifica del decreto impugnato al
Ministero della giustizia, contumace nel giudizio di
merito, effettuata in forma esecutiva presso l’Avvocatura
distrettuale deve ritenersi valida ed idonea a far
decorrere il termine per impugnare, sicché la
notificazione del ricorso per cassazione eseguita, per il

l’Avvocatura dello Stato le appresta con continuità ed in

notificante,

il 21 marzo 2013 con la consegna

all’ufficiale giudiziario, deve essere ritenuta tardiva;
che il ricorso va quindi dichiarato inammissibile, con
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle

dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna
il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di
legittimità, che liquida in euro 292,50 per compensi,
oltre alle spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta Sezione Civile – 2 della Corte suprema di
cassazione, il 18 marzo 2014.

spese del giudizio di legittimità, come liquidate in

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