Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10261 del 12/05/2014


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 10261 Anno 2014
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: PETITTI STEFANO

equa riparazione
sentenza con motivazione
semplificata

SENTENZA
sul ricorso proposto da:

TROISI Gaetano (TRS GTN 36M14 L461N), rappresentato e
difeso, per procura speciale a margine del ricorso,
dall’Avvocato Michele Troisi, domiciliato in Roma, via
F.Corridoni 23, presso lo studio dell’Avvocato Barbara
Balboni;

ricorrente

contro
\ MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro
tempore,

pro

rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale

dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei
Portoghesi n. 12, è domiciliato per legge;

Data pubblicazione: 12/05/2014

- resistente avverso il decreto della Corte d’appello di Napoli
pubblicato in data 31 ottobre 2012.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Stefano Petitti;
sentito l’Avvocato Michele Troisi;
Ritenuto che, con ricorso depositato in data 12 giugno
2012 presso la Corte d’Appello di Napoli, Troisi Gaetano
chiedeva la condanna del Ministero della giustizia al
pagamento del danno non patrimoniale derivato dalla
irragionevole durata di un giudizio, instaurato nei suoi
confronti dinanzi alla pretura di Salerno con citazione
del 25 giugno 1996, per sentirlo condannare alla rimozione
di un cancello, e definito con sentenza depositata in data
10 novembre 2011;
che l’adita Corte d’appello rilevava che il giudizio
presupposto non presentava particolari profili di
complessità, sicché lo stesso avrebbe dovuto essere
definito in un triennio anziché in 15 anni;
che, conseguentemente, la Corte d’appello riteneva
accertata una irragionevole durata del giudizio
presupposto, sino alla data della decisione, di 12 anni;
ritardo in relazione al quale liquidava un indennizzo di

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udienza del 18 marzo 2014 dal Presidente relatore Dott.

euro 7.200,00, adottando il criterio di 600,00 euro per
anno di ritardo, oltre interessi dalla decisione;
che per la cassazione di questo decreto Troisi Gaetano
ha proposto ricorso sulla base di un motivo, illustrato da

che

l’intimato

Ministero

ha

resistito

con

controricorso.
Considerato che il Collegio ha deliberato l’adozione
della motivazione semplificata nella redazione della
sentenza;
che non è di ostacolo alla trattazione del
procedimento la mancata presenza del Pubblico Ministero,
atteso che in tema di intervento del P.M. nel giudizio
civile di cassazione, per effetto delle modifiche
introdotte dagli artt. 75 e 81 del d.l. 21 giugno 2013, n.
69, conv. in legge 9 agosto 2013, n. 98, la partecipazione
del P.M. alle udienze che si tengono presso la sesta
sezione non è più obbligatoria, impregiudicata la facoltà
del P.M. di intervenirvi, ai sensi dell’art. 70, terzo
comma, cod. proc. civ., ove ravvisi un pubblico interesse
(Cass. del 20 gennaio 2014, n. 1089);
che, sempre in via preliminare, devono essere
disattese le eccezioni di inammissibilità del
controricorso, formulate dal ricorrente nella memoria ex
art. 378 cod. proc. civ.;

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memoria;

che, infatti, da un lato, il controricorso contiene
puntualmente la richiesta di completa reiezione del
ricorso (pag. 2); dall’altro, la valutazione in ordine
alla determinatezza o meno delle deduzioni difensive

merito delle difese stesse, che non alla loro
ammissibilità;
che con il ricorso articolato in cinque motivi il
ricorrente denuncia: a) violazione dell’art. 2 della legge
n. 89 del 2001, degli artt. 6, par. l, 31 e 41 della CEDU,
violazione dell’art. 132 cod. proc. civ. e vizio di
motivazione con riferimento alla liquidazione contenuta in
euro 600,00 per anno di ritardo, essendosi la Corte
d’appello immotivatamente discostata dagli ordinari
criteri di liquidazione del danno non patrimoniale da
irragionevole durata del processo; b) violazione dell’art.
115 cod. proc. civ. e dell’art. 2697 cod. civ., violazione
del principio di disponibilità delle prove e dell’onere
della prova, nullità del decreto decisorio per violazione
dell’art. 101 cod. proc. civ. (violazione del
contraddittorio) dell’art. 132 cod. proc. civ. e difetto
assoluto di motivazione, per avere la Corte d’appello
deciso mediante parametri diversi da quelli indicati dal
ricorrente e non contestati dalla controparte; c)
violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e del principio

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dell’amministrazione resistente attiene piuttosto al

di corrispondenza tra chiesto e pronunciato in relazione
al dies a quo della condanna al pagamento degli interessi
legali, per avere la Corte d’appello disposto il pagamento
degli stessi dalla data della decisione e non da quella

ricorrente, e difetto assoluto di motivazione in merito;
d) violazione dell’art. 92 cod. proc. civ. per illegittima
compensazione delle spese di giudizio e difetto assoluto
di motivazione, non avendo il ricorrente richiesto alcuna
somma di denaro che giustificasse le ragioni a sostegno di
detta compensazione; e) violazione degli artt. 91 e 92
cod. proc. civ. e del principio della soccombenza, essendo
la presunta discordanza tra il chiesto e l’ottenuto frutto
dell’erronea applicazione dei parametri di riferimento per
la liquidazione dell’indennizzo, addebitabile alla Corte
d’appello e non al ricorrente;
che i primi due motivi di sono infondati;
che, infatti, se è vero che il giudice nazionale deve,
in linea di principio, uniformarsi ai criteri di
liquidazione elaborati dalla Corte Europea dei diritti
dell’uomo (secondo cui, data l’esigenza di garantire che
la liquidazione sia satisfattiva di un danno e non
indebitamente lucrativa, la quantificazione del danno non
patrimoniale dev’essere, di regola, non inferiore a euro
750,00 per ogni anno di ritardo, in relazione ai primi tre

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del ritardo e/o della domanda, come invece richiesto dal

anni eccedenti la durata ragionevole, e non inferiore a
euro 1.000,00 per quelli successivi), permane tuttavia, in
capo allo stesso giudice, il potere di discostarsene, in
misura ragionevole, qualora, avuto riguardo alle

concreti di positiva smentita di detti criteri, dei quali
deve dar conto in motivazione (Cass. 18617 del 2010; Cass.
17922 del 2010);
che, nella specie, dal provvedimento impugnato si
desume che la Corte d’appello ha ritenuto di potersi
discostare dagli ordinari criteri di determinazione
dell’indennizzo, in quanto, tenuto conto dell’oggetto
della controversia, concernente la rimozione di un
cancello, ha implicitamente ravvisato la non particolare
rilevanza della posta in gioco;
che il terzo motivo è fondato, atteso che il
ricorrente aveva chiesto la condanna del Ministero al
pagamento degli interessi sulla somma liquidata a titolo
di indennizzo e quindi la decorrenza degli stessi va
individuata nella data della domanda e non in quella della
decisione;
che questa Corte ha infatti affermato il principio,
condiviso dal Collegio, per cui «in materia di
liquidazione dell’equa riparazione per la durata
irragionevole del processo presupposto, dal carattere

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peculiarità della singola fattispecie, ravvisi elementi

indennitario dell’obbligazione discende che gli interessi
legali decorrono dalla data della domanda di equa
riparazione, sempreché, tuttavia, essi siano stati
richiesti» (Cass. n. 24962 del 2011);

atteso che la compensazione parziale delle spese risulta
correttamente motivata dalla Corte d’appello, e il
requisito di validità richiesto ex art. 92 comma 2
pienamente soddisfatto, in quanto, se è vero che il
ricorrente non aveva fatto espressa richiesta di una cifra
complessiva, aveva tuttavia indicato dei parametri per il
calcolo dell’indennizzo nettamente più elevati di quelli
successivamente reputati ragionevoli dalla Corte;
che, quindi, rigettati il primo, il secondo, il quarto
e il quinto motivo di ricorso e accolto il terzo, il
decreto impugnato deve essere cassato in relazione al
motivo accolto;
che tuttavia, non essendo necessari ulteriori
accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, disponendosi che gli interessi legali sulla somma
liquidata dalla Corte d’appello decorrano dalla data della
domanda, ferme le restanti statuizioni contenute nel
decreto impugnato;
che, quanto alle spese del giudizio di legittimità, le
stesse, in considerazione del limitatissimo accoglimento

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che il quarto e il quinto motivo sono infondati,

del ricorso, possono essere compensate interamente tra le
parti.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte rigetta il primo, il secondo, il quarto e il

decreto impugnato in relazione alla censura accolta e,
decidendo

nel merito, condanna il Ministero della

giustizia al pagamento degli interessi legali sulla somma
liquidata nell’impugnato decreto dalla data della domanda
al saldo,

ferme le altre statuizioni del detto decreto;

compensa

tra le parti le spese del giudizio di

legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della
Sesta sezione civile – 2 della Corte suprema di
cassazione, il 18 marzo 2014.

quinto motivo di ricorso, accoglie il terzo; cassa il

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