Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10260 del 19/04/2021

Cassazione civile sez. I, 19/04/2021, (ud. 10/12/2020, dep. 19/04/2021), n.10260

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21128/2016 proposto da:

Arena NPL ONE S.r.l., e per essa quale mandataria di doBank s.p.a.

(denominazione assunta da UniCredit Credit Management Bank S.p.a.),

in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in Roma, Via Ovidio n. 20, presso lo studio

dell’avvocato Coleine Filippo, che la rappresenta e difende, giusta

procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.G., elettivamente domiciliata in Roma, Piazza

Giuseppe Mazzini n. 27, presso lo studio dell’avvocato Petrone

Marco, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato Inglese

Giuseppe, giusta procura in calce al controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 1227/2015 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 30/10/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/12/2020 dal cons. Dott. VALITUTTI ANTONIO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con atto di citazione notificato il 29 aprile 2008, P.G. proponeva opposizione, dinanzi al Tribunale di Genova, nei confronti del decreto ingiuntivo n. 405/2008, con il quale era stato intimato alla medesima, unitamente ad C.A. e ad C.I., quali fideiussori della C.A. e figli s.n.c., il pagamento, in favore dei Capitalia Service – quale mandataria di Banca di Roma s.p.a. (i cui crediti sono stati, poi, ceduti ad Aspra Finance s.p.a.) – della somma di Euro 252.852,14, oltre interessi, a titolo di saldo negativo del conto corrente intestato alla debitrice principale. Il Tribunale adito, con sentenza n. 1239/2011, dichiarava la nullità della clausola del contratto di conto corrente n. (OMISSIS), del 9 ottobre 1991, determinativa del tasso debitore degli interessi, e della clausola inerente alla commissione di massimo scoperto, ed accoglieva l’opposizione, revocando il decreto opposto, con condanna della banca creditrice alle spese del giudizio.

2. La Corte d’appello di Genova, con sentenza n. 1227/2015, depositata il 30 ottobre 2015, rigettava sia appello principale dell’istituto di credito, sia l’appello incidentale della P., compensando le spese del grado di giudizio. La Corte riteneva, infatti, per un verso, che la banca creditrice non avesse assolto all’onere di provare l’entità del credito azionato, per altro verso, che la domanda della P., di sospensione del calcolo degli interessi debitori per un periodo di seicento giorni, ai sensi della L. n. 44 del 1999, art. 20 fosse tardiva e, pertanto, inammissibile.

3. Per la cassazione di tale sentenza ha, quindi, proposto ricorso Arena NPL One s.r.l., quale mandataria di doBank s.p.. (già Unicredit Credit Management Bank s.p.a., che aveva incorporato Aspra Finance s.p.a.), nei confronti di P.G., affidato a quattro motivi. La resistente ha replicato con controricorso contenente altresì ricorso incidentale, affidato ad un solo motivo, e con memoria.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

1.1. Lamenta la banca che la Corte d’appello abbia disatteso l’eccezione di ultrapetizione – proposta dall’istituto di credito con il primo motivo di appello – nella quale sarebbe incorso il giudice di primo grado, per essersi pronunciato d’ufficio sulla non debenza della somma ingiunta, derivante dalla nullità della clausola avente ad oggetto gli interessi ultralegali, sebbene l’opponente si sarebbe limitata a contestare la mancata sospensione del computo degli interessi per il periodo di trecento giorni – prorogati a seicento, con provvedimento prefettizio – ai sensi della L. n. 55 del 1999, art. 20.

1.2. Il mezzo è infondato.

1.2.1. il vizio di “ultra” o “extra” petizione ricorre, invero, quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione (petitum o causa petendi), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto (“petitum immediato”), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso (“petitum mediato”), così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cass., 21/03/2019, n. 8048; Cass., 11/04/2018, n. 9002; Cass., 24/09/2015, n. 18868).

1.2.2. Nel caso di specie, la Corte d’appello (p. 6) ha accertato che l’opponente, fin dal primo grado di giudizio, aveva contestato la debenza delle somme oggetto del provvedimento monitorio, “sottolineando, in particolare, che la banca non aveva indicato gli importo ritenuti dovuti a titolo di capitale e quelli ritenuti dovuti a titolo di interessi, cosicchè il debitore non era in grado di verificare nè l’entità, nè la correttezza degli importi richiesti”. Tanto più che il primo giudice aveva dichiarato la nullità della relativa clausola del contratto di conto corrente del 9 ottobre 1991, in quanto contenente la previsione della capitalizzazione trimestrale degli interessi.

1.2.3. Se ne deve inferire che il giudice di appello, e prima ancora quello di primo grado, non sono affatto incorsi nel vizio di ultra o extrapetizione, considerato altresì che – secondo il costante insegnamento di questa Corte – la nullità della clausola di capitalizzazione trimestrale degli interessi è rilevabile d’ufficio dal giudice, quando il contratto venga in rilievo come fonte di obblighi fatti valere in giudizio, come nel caso del giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo che la banca abbia ottenuto nei confronti di un proprio cliente (Cass., 25/11/2010, n.:23944; Cass., 08/05/2008, n. 11466).

1.3. Per tali ragioni, la censura va, pertanto disattesa.

2. Con il secondo ed il quarto motivo di ricorso – che, per la loro intima connessione, possono essere esaminati congiuntamente – la Arena NPL One denuncia la violazione degli artt. 645,115 e 191 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2.1. La ricorrente si duole del fatto che la Corte d’appello non abbia provveduto, al di là dell’eventuale illegittimità dell’emissione dell’ingiunzione opposta, ad accertare se la pretesa creditoria azionata in via monitoria fosse, o meno, fondata. Ed a tal fine, il giudice di appello ben avrebbe potuto, al di là della richiesta ritenuta tardiva – della parte creditrice, disporre d’ufficio una consulenza tecnica d’ufficio, ai sensi degli artt. 61 e 191 c.p.c., al fine di accertare il fondamento della domanda della banca appellante.

2.2. Le doglianze sono inammissibili, ed in parte anche infondate.

2.2.1. Il ricorso per cassazione deve contenere, invero, a pena di inammissibilità, l’esposizione dei motivi per i quali si richiede la cassazione della sentenza impugnata, aventi i requisiti della specificità, completezza e riferibilità alla decisione impugnata (Cass., 25/02/2004, n. 3741; Cass., 23/03/2005, n. 6219; Cass., 17/07/2007, n. 15952; Cass., 19/08/2009, n. 18421). In particolare è necessario che venga contestata specificamente la “ratio decidendi” posta a fondamento della pronuncia oggetto di impugnazione (Cass., 10/08/2017, n. 19989).

2.2.2. Nel caso di specie, i motivi in esame non colgono, per contro, la ratio decidendi della pronuncia impugnata, non essendo esatto che la Corte d’appello non abbia provveduto a valutare il fondamento della pretesa creditoria azionata con la domanda di ingiunzione, avendo – ben al contrario – il giudice di secondo grado accertato che, alla stregua della documentazione versata in atti dalla banca, non poteva in alcun modo desumersi quale fosse l’entità della somma ingiunta a titolo di interessi, e quale fosse l’importo ingiunto a titolo di sorte capitale, al fine del dovuto riscontro – tenuto conto anche del menzionato contenuto dell’opposizione proposta dalla P. – circa l’eventuale inclusione, in detti importi, di interessi a tasso extralegale e/o di interessi anatocistici. La Corte d’appello è giunta, pertanto, alla motivata conclusione che, nella specie, “la banca non abbia assolto all’onere probatorio relativo all’entità del suo credito”, e che, pertanto, la sentenza di primo grado, che aveva revocato il decreto ingiuntivo andasse confermata.

2.2. Quanto alla c.t.u., il giudice di secondo grado non si è limitato a rilevare la tardività della richiesta, ma ne ha escluso

l’opportunità, per non avere l’istituto di credito prodotto “alcuna documentazione relativa al rapporto anteriore al 9 ottobre 1995, indispensabile ai fini dell’esatta ricostruzione del rapporto medesimo.

D’altro canto, costituisce affermazione del tutto pacifica, nella giurisprudenza di legittimità, quella secondo cui lo svolgimento di una consulenza tecnica d’ufficio rientra nel potere discrezionale del giudice del merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nei limiti in cui la mancata ammissione della consulenza si risolva in un vizio della motivazione sul merito della controversia – ipotesi da escludere nel caso concreto, per le ragioni suesposte – ovvero nell’omesso esame di un fatto decisivo (cfr. ex plurimis, Cass., 13/02/2020, n. 3696).

2.3. I motivi in esame vanno, di conseguenza, disattesi.

3. Con il terzo motivo di ricorso, la. Arena NPL One denuncia la violazione dell’art. 2697 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

3.1. Lamenta la istante che la Corte d’appello sia incorsa nella violazione dell’art. 2697 c.c., “per non avere ritenuto provata la pretesa creditoria e, comunque, per avere omesso di esaminare il materiale probatorio tempestivamente prodotto dalla opposta banca odierna ricorrente”. Dalla documentazione versata in atti si sarebbe potuto, ben al contrario, dedurre la prova della pretesa creditoria nel suo preciso ammontare, essendo del tutto irrilevante la mancata produzione degli estratti conto dal 1991 al 1995, posto che al 9 ottobre 1995 il saldo corrispondeva a zero.

3.2. Il motivo è inammissibile.

3.2.1. La violazione dell’art. 2697 c.c. si configura, invero, soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella su cui esso avrebbe dovuto gravare secondo le regole di scomposizione delle fattispecie, basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (Cass., 23/10/2018, n. 26769).

3.2.2. Tanto non è accaduto nel caso di specie, avendo la Corte territoriale correttamente escluso che la banca creditrice avesse adempiuto l’onere probatorio sulla stessa incombente, laddove il motivo di ricorso ripropone valutazioni di merito, già operate dal giudice di appello, come tali inammissibili in questa sede. La censura va, pertanto, disattesa.

4. Con l’unico motivo di ricorso incidentale, P.G. denuncia la violazione della L. n. 44 del 1999, art. 20 in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

4.1. Si duole la ricorrente del fatto che la Corte d’appello non abbia accolto l’appello incidentale proposto dalla P., diretto ad ottenere la sospensione, da parte della banca, degli interessi per il periodo di seicento giorni, conseguente all’ammissione della società C.A. s.n.c. al beneficio previsto dalla L. n. 108 del 1996, art. 14 (mutuo senza interessi), essendo stati la società ed i suoi soci vittime di estorsione e di usura nel periodo dall’ottobre 2002 al gennaio 2005. A tale ammissione fa, invero, seguito la sospensione di tutti i termini legali, ai sensi dell’art. 20 stessa legge, per almeno trecento giorni, nel caso di specie prorogati dal Prefetto di altri trecento giorni. Alla proroga dei termini avrebbe, pertanto, dovuto conseguire – a parere della istante – la sospensione degli interessi da parte della banca, a decorrere dalla concessione del beneficio della sospensione del termini legali, avvenuto con decreto prefettizio del 6 aprile 2005, cui ha fatto seguito il rinnovo della sospensione in data 1 giugno 2006. Avrebbe, pertanto errato la Corte d’appello nel ritenere tardiva la domanda di sospensione degli interessi, effettuata solo in sede di opposizione al decreto ingiuntivo, proposta con citazione del 29 aprile 2008 – ossia ben oltre il termine legale di un anno dalla prima richiesta estorsiva, avvenuta nel 2002 reputando, all’uopo, non sufficiente la mera presentazione della domanda in sede amministrativa.

4.2. Il mezzo è infondato.

4.2.1. Spetta, invero, in via esclusiva all’autorità giudiziaria il potere di decidere in ordine alle istanze di sospensione dei procedimenti esecutivi promossi nei confronti delle vittime dell’usura, ai sensi della L. 23 febbraio 1999, n. 44, art. 20, comma 7, trattandosi di potere prettamente giurisdizionale, proprio perchè incide sul processo, così come affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 475 del 2005. Ne consegue, non solo l’assoluta mancanza di vincolatività dei pareri favorevoli, espressi dal Prefetto o dal presidente del Tribunale, sulla richiesta di sospensione (Cass., 04/06/2012, n. 8940), ma anche che la sospensione decorre dal momento della presentazione dell’istanza al giudice, e non dalla domanda proposta in sede amministrativa (Cass., 24/01/2007, n. 1496).

4.2.2. Ne discende che, nel caso concreto, essendo stata la domanda di sospensione degli interessi proposta al giudice solo con l’atto di opposizione del 2008, siffatta sospensione non può operare per il periodo precedente l’emissione del decreto ingiuntivo, a nulla rilevando la presentazione della domanda in sede amministrativa.

4.3. La censura va, pertanto, rigettata.

5. Per tutte le ragioni esposte, pertanto, il ricorso principale e quello incidentale vanno entrambi rigettati, con conseguente integrale compensazione – considerata la reciproca soccombenza delle parti delle spese del presente grado del giudizio.

PQM

Rigetta il ricorso principale e quello incidentale. Dichiara integralmente compensate fra le parti le spese del presente grado del giudizio. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 10 dicembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2021

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