Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1026 del 20/01/2014


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 1026 Anno 2014
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: BLASUTTO DANIELA

ORDINANZA
sul ricorso 21438-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati TRIOLO
VINCENZO, DE ROSE EMANUELE, CORETTI ANTONIETTA,
giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

PAVONE GIUSEPPE;
– intimato –

avverso la sentenza n. 4519/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 20.9.2010, depositata il 27/09/2010;

son

Data pubblicazione: 20/01/2014

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
14/11/2013 dal Consigliere Relatore Dott. DANIELA BLASUTTO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Antonietta Coretti che si riporta agli
scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.

FATTO E DIRITTO
Con ricorso al Tribunale di Bari Giuseppe Pavone, operaio agricolo a
tempo determinato, conveniva in giudizio l’Inps chiedendo venisse
accertato il suo diritto alla differenza dell’indennità di disoccupazione
dell’anno 2001; il ricorrente – premesso che il trattamento di
disoccupazione era stato corrisposto dall’Istituto sulla base del salario
medio convenzionale congelato all’anno 1995 – sosteneva che il
medesimo trattamento doveva essere invece calcolato, ai sensi del
d.lgs. n. 146 del 1997, art. 4, sui minimi retributivi previsti dalla
contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle
differenze tra quanto spettante e quanto percepito.
La domanda veniva rigettata con sentenza che era riformata dalla
Corte d’appello di Bari, che accoglieva la domanda, riconoscendo, fra
l’altro, il diritto del ricorrente alla inclusione nella retribuzione utile per
il calcolo della indennità di disoccupazione della quota di trattamento
di fine rapporto.
Avverso detta sentenza l’Inps ricorre con due motivi. L’intimato non
ha svolto attività difensiva.
Con il primo motivo l’Inps lamenta violazione dell’art. 47, comma 3,
del d.P.R. n. 639/47 e successive modificazioni e integrazioni,
chiedendo a questa Corte di stabilire se sia applicabile o meno il
termine di decadenza annuale per la proposizione dell’azione
giudiziaria diretta ad ottenere la riliquidazione dell’indennità di
Ric. 2011 n. 21438 sez. ML – ud. 14-11-2013
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GIANFRANCO SERVELLO che si riporta alla relazione scritta.

disoccupazione agricola, nella specie richiesta con istanza proposta
entro il 31 marzo 2002 ed azionata in giudizio con domanda depositata
in data 11 ottobre 2006.
Con il secondo motivo l’Istituto ricorrente, lamentando violazione
degli artt. 44, 49 e 53 del CCNL operai agricoli e florovivaisti del 1998

d.l. n. 318/96, conv. in legge n. 402/96, nonché in relazione agli artt.
1362 e ss., 2120 cod. civ. ed all’art. 4, commi 10 e 11, della legge n.
297/82, censura la sentenza per avere incluso nella retribuzione da
prendere a base per la liquidazione dell’indennità di disoccupazione,
anche la voce denominata “quota di TFR” , la quale invece non
dovrebbe esserlo, per avere – contrariamente a quanto affermato la
Corte territoriale – effettiva natura di retribuzione differita.
Il primo motivo deve ritenersi manifestamente infondato alla stregua
della giurisprudenza di questa Corte (cfr. ex plurimis Cass. sez. unite n.
12720/2009, Cass. n. 948/2010, Cass. n. 1580/2010) secondo cui la
decadenza di cui all’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 – come
interpretato dall’art. 6 del d.l. n. 103 del 1991, convertito con
modificazioni nella legge n. 166 del 1991 – non si applica ove la
domanda giudiziale sia diretta ad ottenere la riliquidazione della
prestazione pensionistica già attribuita, venendo in rilievo solo
l’adeguamento di un diritto già riconosciuto sia pure per un importo
inferiore, nel qual caso la pretesa non soggiace ad altro limite che non
sia quello dell’ordinaria prescrizione decennale.
L’inapplicabilità dell’art. 47 del d.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, prima
delle integrazioni apportate dall’art. 38 del d. 1. n. 98 del 2011, al caso
di richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo
parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale è stata
recentemente ribadita da numerose sentenze di questa Corte (cfr. ex
Ric. 2011 n. 21438 sez. ML – ud. 14-11-2013
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in relazione all’art. 6, comma 4, lettera a), del d.lgs. n. 314/97, all’art. 3

plurimis Cass. n. 7068/2012, Cass. n. 7070/2012, Cass. n. 7071/2012,
Cass. n. 7072/2012, Cass. n. 7073/2012) e non vi è motivo per
discostarsi da tale indirizzo.
Il secondo motivo è manifestamente fondato, alla stregua di quanto
deciso da ultimo dalla sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da

“Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di
questa Corte n. 10546/2007 per cui “ai fini della liquidazione delle
prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a confronto
con il salario medio convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16 aprile 1997 n.
146 – non è comprensiva del trattamento di fine rapporto”, va
ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto principio, la voce
denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi vigenti a partire da
quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo della indennità di
disoccupazione, in considerazione della volontà espressa dalle parti
stipulanti, che è vietato disattendere in forza della disposizione di cui
all’art. 3 D.L. 14 giugno 1996 n. 318 convertito in legge 29 luglio 1996
n. 402, a norma del quale, agli effetti previdenziali, la retribuzione
dovuta in base agli accordi collettivi, non può essere individuata in
difformità rispetto a quanto definito negli accordi stessi. Dovendo
escludersi che detta voce abbia natura diversa rispetto a quella indicata
dalle parti stipulanti, non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione
degli istituti legali da parte dell’autonomia collettiva”.
La interpretazione di cui alle citate pronunzie è stata da ultimo
avallata dal legislatore, il quale, con l’art. 18 comma 18 del DL n.
98/2011, convertito in legge 111/2011, ha stabilito che ” L’art. 4 del
d.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1 comma 5 del DL 10 gennaio 2006
n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006 n. 18, si
Ric. 2011 n. 21438 sez. ML – ud. 14-11-2013
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numerose altre conformi, con cui si è enunciato il seguente principio:

interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il calcolo delle
prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a tempo
determinato, non è comprensiva della voce del trattamento di fine
rapporto comunque denominato dalla contrattazione collettiva”.
Il ricorso è, dunque, fondato e deve essere accolto.

384, secondo comma, c.p.c. può provvedersi nel merito e rigettarsi la
domanda.
Tenuto conto dei dubbi interpretativi che hanno richiesto anche
l’intervento chiarificatore del legislatore, è giustificata la
compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P. Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo
nel merito, rigetta l’originaria domanda quanto all’inclusione del TFR
nella base di calcolo dell’indennità di disoccupazione, compensa le
spese dell’intero processo.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 14 novembre 2013
Il Presidente

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, ai sensi dell’art.

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