Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10257 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/05/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 29/05/2020), n.10257

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 18945/2014 proposto da:

E.M., rappresentata e difesa dall’Avv. Tullio Elefante ed

elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via Cardinal

de Luca n. 10;

– ricorrente –

Contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi

12, è domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 298/46/14 della Commissione tributaria

Regionale della Campania, sezione di Napoli, depositata il

14/01/2014;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2020

dal Consigliere Dott. Stefano Pepe.

Fatto

RITENUTO

Che:

1. Con avviso n (OMISSIS) l’Agenzia delle Entrate liquidava l’imposta di registro dovuta sulla sentenza del Tribunale di Napoli n. 5751/09 resa in una controversia ereditaria nella quale la E.M. era parte.

2. La contribuente impugnava l’avviso ritenendo che l’imposta non era dovuta in quanto, a seguito di accordo transattivo, le parti procedevano alla cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale e prestavano acquiescenza agli effetti civili della sentenza che dovevano ritenersi inesistenti per volontà delle stesse parti.

3. La CTR con la sentenza n. 298/46/14, depositata il 14/01/2014, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava il ricorso della contribuente.

4. Avverso tale sentenza E.M. propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi.

5. L’Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la ricorrente censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la sentenza della CTR in quanto il giudizio si sarebbe dovuto svolgere alla presenza di tutte le parti che avevano dato avvio al procedimento concluso con la sentenza oggetto di imposizione, poichè tutti coobligati solidali e, dunque, litisconsorti necessari, al pagamento dell’imposta richiesta dall’Agenzia delle Entrate.

La ricorrente lamenta l’omessa integrazione del contraddittorio da parte della CTP, prima, e della CTR, dopo, con conseguente nullità del procedimento e della sentenza.

2. Con il secondo motivo la contribuente censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 e dell’art. 53 Cost., avendo la CTR ritenuto legittimo l’avviso di pagamento impugnato fondato sul valore dell’immobile ceduto, a titolo di legato, dal de cujus a favore della contribuente, senza tener conto che il giudizio conclusosi con la sentenza del Tribunale di Napoli aveva ad oggetto esclusivamente la reintegra della quota di legittima asseritamente lesa e non il suindicato legato.

3. Con il terzo motivo la contribuente censura, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 37 e 43, sul rilievo che difetterebbe nel caso di specie il presupposto di imposta costituito da un trasferimento immobiliare, avendo disposto la sentenza la mera reintegra della quota di legittima ed essendo, comunque, tale statuizione venuta meno in ragione della successiva transazione tra le parti.

4. Il primo motivo non è fondato.

Il D.P.R. n. 131 del 1986 (Approvazione del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro), art. 57 (Soggetti obbligati), prevede che “oltre ai pubblici ufficiali, che hanno redatto, ricevuto o autenticato l’atto, e ai soggetti nel cui interesse fu richiesta la registrazione, sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta le parti contraenti, le parti in causa, coloro che hanno sottoscritto o avrebbero dovuto sottoscrivere le denunce di cui agli artt. 12 e 19 e coloro che hanno richiesto i provvedimenti di cui agli artt. 633,796, 800 e 825 c.p.c.”.

Sul piano processuale, il rapporto di solidarietà passiva si risolve in un litisconsorzio meramente facoltativo con la conseguenza che il giudizio deve ritenersi validamente instaurato (per scelta della stessa contribuente) mediante evocazione in giudizio del solo ufficio impositore. Nè la E. – unica ricorrente per cassazione – potrebbe oggi far valere un interesse (quello alla unitaria definizione del rapporto tributario) asseritamente proprio di una parte diversa, da lei non rappresentata.

5. Il secondo motivo è inammissibile.

La contribuente con tale motivo di ricorso deduce la violazione di legge (D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 e dell’art. 53 Cost) avendo la CTR omesso di valutare la reale portata della sentenza oggetto di imposta.

Ed invero, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui, come nel caso di specie, non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacchè i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel thema decidendum del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito nè rilevabili di ufficio. (Cass. n. 20694 del 2018).

Nella specie, per come risulta dalla sentenza della CTR, la contribuente impugnava l’avviso di liquidazione unicamente per violazione del D.P.R. n. 131 del 1986, artt. 37 e 43, sul rilievo che le parti, a seguito di accordo transattivo, avevano proceduto alla cancellazione della trascrizione della domanda giudiziale e prestato acquiescenza agli effetti civili della sentenza.

6. Il terzo motivo non è fondato.

L’imposta oggetto dell’avviso di liquidazione impugnato concerne un atto giudiziario e non un atto di trasferimento immobiliare; esso si fonda sul disposto dell’art. 37 (Atti dell’Autorità giudiziaria), il quale dispone che “gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili, che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere, sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato; alla sentenza passata in giudicato sono equiparati l’atto di conciliazione giudiziale e l’atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l’amministrazione dello Stato (..)”.

Per effetto di tale disposizione il presupposto del tributo deve individuarsi nell’esistenza di un titolo giudiziale soggetto a registrazione, di talchè risulta del tutto priva di fondamento l’asserita assenza di tale presupposto nel caso di specie. E’, infatti, a tali fini del tutto irrilevante la circostanza che la sentenza oggetto di imposta non abbia disposto alcun trasferimento immobiliare e il fatto che successivamente ad essa sia intervenuto un accordo transattivo tra le parti.

Con riferimento a quest’ultimo, il legislatore ha previsto la rilevanza delle sole transazioni in cui è parte l’Amministrazione al fine di evitare eventuali condotte elusive dell’obbligazione tributaria.

7. Il ricorso va pertanto rigettato.

8. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte soccombente al pagamento a favore dell’Agenzia dell’Entrate delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 4.500,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello spettante per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020

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