Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10257 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10257 Anno 2015
Presidente: BERRUTI GIUSEPPE MARIA
Relatore: FRASCA RAFFAELE

SENTENZA

sul ricorso 30629-2011 proposto da:
TRATTORIA – PIZZERIA AL GIARDINETTO DI ARBA GENNARO
SANDRO & C. S.A.S. 02228500274 in persona dei legali
rappresentanti pro tempore ARBA GENNARO e ARBA
SANDRO, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.
FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato MARCO
2015
311

PALANDRI,

che la rappresenta e difende in calce al

ricorso;
– ricorrente contro

SCATTOLIN VINCENZO, elettivamente domiciliato in

1

Data pubblicazione: 20/05/2015

ROMA, VIA LIVIO ANDRONICO 24, presso lo studio
dell’avvocato ILARIA ROMAGNOLI, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato NATALINO MANENTE;
giusta procura speciale a margine del controricorso;
– controricorrente –

NOSTRAN LUCIA, NOSTRAN LINDA, NOSTRAN GIOVANNI PAOLO,
NOSTRAN GIANNI, RIGONI ELISABETTA, RIGONI PAOLA,
NOSTRAN GIOVANNINA O GIANNA, NOSTRAN PATRIZIA;
– intimati –

avverso la sentenza n. 1667/2011 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 14/07/2011,
R.G.N. 325/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 04/02/2015 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato ERNESTO CARPIO per delega non
scritta;
udito l’Avvocato ILARIA ROMAGNOLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IGNAZIO PATRONE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso;

2

nonchè contro

R.g.n. 30629-11 (ud. 4.2.2015)

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

§1. La Trattoria-Pizzeria Al Giardinetto di Arba Gennaro, Sandro & C.
s.a.s. ha proposto ricorso per cassazione contro Vincenzo Scattolin, Lucia
Nostran, Linda Nostran, Giovani Paolo Nostran, Gianni Nostran, Elisabetta

avverso la sentenza del 14 luglio 2011, con cui la Corte d’Appello di Venezia,
pronunciando a seguito di rinvio disposto da questa Corte con la sentenza n.
18784 del 2005, ha rigettato l’appello di essa ricorrente contro la sentenza resa
in primo grado nell’ottobre del 1999 sulla controversia introdotta nel maggio del
1999 dalla medesima contro gli intimati.
§1.1. Con la domanda introduttiva del giudizio l’attrice ed attuale ricorrente
deduceva: 1) che era conduttrice, in forza di contratto locativo ad uso diverso
stipulato nel gennaio del 1987 con Ferdinando Nostran (nella cui posizione, a
seguito del suo decesso nel 1992, erano succeduti Linda Nostran, Lucia
Nostrana e Giovanni Paolo Nostran), Gianni Nostran, Olga Nostran (nella cui
posizione, a seguito del suo decesso nel 1991, erano succeduti Elisabetta Rigoni
e Paola Rigoni), Giovannina (o Gianna) Nostran e Patrizia Nostran, dei locali a
piano terra ad uso di pubblico esercizio e al primo piano ad uso di magazzino,
siti in Mestre, di cui era divenuto proprietario lo Scattolin, avendo ottenuto nei
confronti dei locatori sentenza costitutiva di trasferimento ai sensi dell’art. 2932
c.c., sebbene salvo l’eventuale diritto di essa conduttrice di riscattare
• l’immobile; 2) che, volendo esercitare tale diritto, essa aveva chiesto in via
principale il trasferimento dei locali condotti in locazione e dell’appartamentino
annesso, anch’esso venduto allo Scattolin e locato ad un terzo, nonché in via
subordinata soltanto dei locali.
Lo Scattolin, costituendosi, chiedeva il rigetto della domanda anche perché
il preliminare stipulato con i promittenti venditori aveva ad oggetto anche un
appartamento non condotto in locazione dall’attrice e perciò si trattava di
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Est. Cons.

ele Frasca

Rigoni, Paola Rigoni, Giovannina (o Gianna) Nostran e Nostran Patrizia,

R.g.n. 30629-11 (ud. 4.2.2015)

vendita in blocco dell’edificio, esclusa dalla prelazione urbana di cui all’art. 38
legge 392/1978. I locatori deducevano di aver inviato la comunicazione della
vendita al socio accomandatario della Trattoria Giuseppe Arba e che questi
aveva chiesto il trasferimento della proprietà nel procedimento instaurato dallo
Scattolin ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., la cui domanda era stata accolta con

difetto di legittimazione passiva dell’Arba.
§2. Con sentenza del 18 ottobre 1999 il Tribunale di Venezia rigettava la
domanda per mancanza di identità tra i locali condotti in locazione dalla
Trattoria e quelli venduti allo Scattolin in quanto considerati dalle parti come
complesso unitario.
§3. La Trattoria interponeva appello che la Corte di merito respingeva, con
sentenza del 4 aprile 2002, sulle seguenti considerazioni: 1) le norme di cui agli
artt. 38 e 39 legge 392/1978 avevano natura eccezionale, costituendo un limite
allo ius disponendi del proprietario; 2) il diritto di prelazione previsto nei
predetti articoli presupponeva che l’immobile locato fosse identico a quello
venduto e quindi la vendita in blocco ne era esclusa, come la vendita di un
complesso immobiliare più vasto di quello locato, con corresponsione di un
prezzo globale, non riferibile, secondo il contratto, all’immobile locato; 3) la
promessa di vendere allo Scattolin, per il complessivo prezzo di L. 155.000.000,
aveva ad oggetto il locale adibito a Bar, Ristorante, Pizzeria, di 93 mq., il locale
al primo piano adibito a magazzino, di 64 mq., entrambi condotti in locazione
dalla Trattoria, ed il sovrastante appartamentino al primo piano, locato a terzi,
con previsione di nullità del preliminare se gli affittuari della Trattoria e
dell’appartamentino avessero potuto esercitare la prelazione; 4) tale clausola
risolutiva dell’intero contratto dimostrava, come già rilevato dal Tribunale, che i
beni promessi in vendita erano stati considerati dalle parti unitariamente ed
infrazionabilmente, com’era desumibile anche dal prezzo complessivo dei
medesimi; 5) il dedotto intento fraudolento delle parti del preliminare non era
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Est. Cons Raffaele Frasca

sentenza 1626/1996, mentre in entrambi i gradi di giudizio veniva dichiarato il

R.g.n. 30629-11 (ud. 4.2.2015)

stato provato e non poteva escludersi che i danti causa dello Scattolin, pur
avendo nella denuntiatio al socio della Trattoria indicato il prezzo di L.
150.000.000 relativamente ai soli locali ad uso trattoria, si fossero poi convinti
dell’eccessività di esso e che potevano superare di poco tale somma soltanto
aggiungendovi l’appartamento sovrastante, di cui era irrilevante accertare il

determinazione; 6) la conduttrice non aveva provato che l’aggregazione dei beni
da vendere fosse stata fatta al solo fine di eludere il suo diritto di prelazione.
§4. Contro la sentenza d’appello ricorreva per cassazione la s.a.s. Trattoria
– Pizzeria al Giardinetto ed al ricorso resistevano Scattolin Vincenzo e Nostran
Lucia, mentre gli altri intimati non svolgevano attività difensiva.
§5. Con la sentenza n. 18784 del 2005 questa Corte accoglieva per quanto
di ragione il ricorso e cassava con rinvio perché fosse accertato se nella
fattispecie ricorreva o meno l’ipotesi della esclusione del diritto di prelazione (e
di riscatto) per la conduttrice di due dei locali degli immobili oggetto di
compravendita sulla base del seguente principio di diritto: «Nel caso di vendita
– o di promessa di vendita – con un unico atto e per un prezzo complessivo, non
dell’intero edificio, ma di una parte di esso, tra cui l’unità immobiliare locata ed
altre unità immobiliari facenti parte del medesimo edificio, per stabilire se
sussiste il diritto di prelazione (e di riscatto) del conduttore delle unità
immobiliari comprese nella vendita, il giudice di merito deve accertare se in
relazione ai beni venduti – considerati nel loro complesso – sia configurabile un
“unicum”, cioè un complesso immobiliare che, nello stato in cui si trova al
tempo della denuntiatio o, in mancanza di questa, del trasferimento, sia dotato di
una propria oggettiva ed effettiva individualità strutturale e funzionale, tale da
non essere oggettivamente frazionabile in distinti trasferimenti delle singole
porzioni di fabbricato, e ciò a prescindere dall’ulteriore e diversa prova, a carico
del conduttore, dell’intento fraudolento delle parti di eludere il suo diritto di
prelazione tramite l’aggregazione surrettizia di altri beni a quello locato».
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Est. Cons. Rkff1ìef Frasca

valore attesa l’unitarietà della vendita e la libertà delle parti nella relativa

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§6. Riassunto il giudizio la Corte lagunare, con la sentenza ora impugnata,
dopo aver disposto e fatto espletare una consulenza tecnica d’ufficio, ha
concluso sulla base di essa — per quanto si deduce nell’esposizione del fatto del
ricorso – che l’immobile oggetto della compravendita costituiva entità diversa
dalle sue singole componenti versandosi in ipotesi di vendita in blocco e che,

§7. Il nuovo ricorso per cassazione prospetta quattro motivi.
Ha resistito con controricorso soltanto lo Scattolin.
§8. Le parti hanno depositato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

§1. Con il primo motivo di ricorso si denuncia, in relazione all’art. 360 n. 3
c.p.c., “violazione ed erronea interpretazione del principio di diritto espresso
nella sentenza della Suprema Corte”.
Vi si sostiene innanzitutto che la Corte della Laguna non avrebbe applicato
il principio di diritto affermato dalla sentenza di rinvio di questa Corte e ciò per
«non avere affatto compreso o comunque precisato, quale fosse il significato di
“collegamento funzionale” duplicando ed estendendo a tale requisito oggettivo
indicato nella massima di rinvio il concetto di “collegamento strutturale”».
Dopo questa affermazione iniziale si enuncia che nelle sue difese ed in
particolare nella sua conclusionale lo Scattolin aveva definito “i due immobili
(appartamento e negozio)” completamente autonomi.
Si sostiene, quindi, che «nell’accezione che si ricava dalla lettura
dell’impugnata sentenza, il collegamento funzionale altro non è se non quello
strutturale tant’è vero che nella pagina 10, terzo capoverso, nell’affermare non
esservi idonea prova di indipendenza funzionale e l’unicità strutturale, la Corte
conclude che l’esistenza delle porte di collegamento e la necessità di esecuzione
di lavori “dimostra una unicità anche funzionale” esistente all’epoca della
6
Est. Cons

le Frasca

quindi, non poteva trovare applicazione l’invocata prelazione.

R.g.n. 30629-11 (ud. 4.2.2015)

denuntiatio e prova di unicità originaria: è tuttavia evidente che in tema di

collegamento l’àmbito resta quello strutturale, non quello funzionale che implica
un concetto di utilità di un bene rispetto all’altro».
Si assume, quindi, che il concetto di funzionalità, inteso in senso lessicale
(si cita da un dizionario della lingua italiana) significherebbe “rispondenza a

affermazione che dovrebbe trattarsi di una “tangibile e solida compattezza, in
chiave economica funzionale del complesso per cui ciascuna parte, se isolata,
andrebbe soggetta a depauperamenti commerciali”.
Si ribadisce che la Corte di rinvio non avrebbe fatto applicazione di siffatti
significati del concetto di funzionalità, perché non si sarebbe preoccupata
nemmeno di definirlo, e, in via, evidentemente gradata, si sostiene si soggiunge
che comunque la prova dell’assenza di collegamento funzionale discenderebbe
dalla circostanza che l’immobile adibito a pizzeria era stato offerto
erroneamente a Giuseppe Arba socio della s.a.s. ricorrente uti singulis per il
prezzo di £ 150.000.000 e la vendita venne poi fatta per £ 155.000.000 il che
avrebbe evidenziato che il prezzo dell’appartamento era di sole £ 5.000.000. Da
tanto conseguirebbe che il valore di vendita del solo appartamento non avrebbe
potuto subire svalutazione nel caso in cui fosse stato venduta separatamente,
onde la Corte di rinvio avrebbe «dovuto constatare che l’accorpamento
surrettizio dei due beni non ha inciso sul valore di compravendita» ed anzi le
parti avevano considerato il valore dei singoli beni come indipendente l’uno
dall’altro.
Si assume, poi, che «l’assunto dell’originarietà di tale collegamento
strutturale, poi, è affermazione apodittica, che non trova riscontro nelle carte del
processo: l’apertura di porte di passaggio ben poteva risultare opera successiva
alla costruzione dell’immobile, comunque non ha formato argomento di
indagine probatoria». Ed anzi, si sostiene, «la necessità di effettuare opere di
apertura delle porte induce a confermare proprio l’assenza di unicità funzionale,
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Est. Cons R aele Frasca

specifiche esigenze” e, quindi, si evoca Cass. n. 2069 del 2004 per la spcifica

R.g.n. 30629-11 (ud. 4.2.2015)

nel senso sopra sottolineato, di utilità economica funzionale del complesso, al
momento della denuntiatio, e di ricavare in modo certo l’inesistenza di un
unicum.».

La mancata enunciazione da parte della Corte di rinvio di che cosa dovesse
intendersi per collegamento funzionale l’avrebbe portata a trascurare

di collegamento strutturale e funzionale» l’oggetto della compravendita non
fosse frazionabile in distinti trasferimenti delle singole porzioni di fabbricato,
con conseguente violazione dell’obbligo di osservare il principio di diritto
enunciato da questa Corte nel disporre il rinvio.
L’indagine su tale requisito sarebbe stata del resto possibile sulla base della
c.t.0 e dell’esame degli atti di causa.
Si evoca, quindi, nel prosieguo dell’illustrazione del motivo, Cass. n. 25448
del 2010, particolarmente quanto alla sottolineatura della necessità di adeguato
apprezzamento dell’intenzione dell’acquirente di utilizzare di utilizzare tutti i
beni acquistati per una utilizzazione che ne imponga l’accorpamento e, di
seguito, dopo l’affermazione che non si tratterebbe di questione nuova, perché
sarebbe stata affrontata nel corso di tutti i gradi di giudizio e che sarebbe stata
rilevante per l’applicazione del principio di diritto di cui al rinvio, si assume: aa)
che la circostanza <

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