Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10256 del 18/05/2016


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Civile Sent. Sez. L Num. 10256 Anno 2016
Presidente: NOBILE VITTORIO
Relatore: BALESTRIERI FEDERICO

SENTENZA

sul ricorso 2931-2012 proposto da:
FGA INVESTIMENTI S.P.A.

P.I.

00513390013, societa’

incorporante I.T.C.A. PRODUZIONE S.P.A., in persona
del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in
ROMA, PIAllA CAVOUR 19, presso lo studio (TOEFOLETTO DE LUCA TAMAJO RAFFAELE),
2016
956

avvocati DE

LUCA

TAMAJO

rappresentata e difesa dagli
RAFFAELE

e ITALICO PERLINI,

giu.gta delega in atti;
=icgrzente –

contro
VECCHIO BENEDETTO C.F. VCCBDT64C21C034D,

elettivamente

Data pubblicazione: 18/05/2016

domiciliato in ROMA, VIA AURELIANA N.25, presso
studio dell’avvocato MARIAFEDERICA DI LIBERO, che lo
rappresenta e difende giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 9977/2010 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa

svolta

nella pubblica

udienza del 03/03/2016 dal Consigliere Dott. FEDERICO
BALESTRIERI;
udito l’Avvocato PERLINI MATTEO MARIA per delega
Avvocato PERLINI ITALICO;
udito l’Avvocato DI LIBERO MARIAFEDERICA;
udito il P.M. in persona del

Sostituto

Procuratore

Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

di ROMA, depositata il 24/01/2011 R.G.N. 8443/2009;

RG 2931/12
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata il 24 gennaio 2011, la Corte d’appello di Roma
respingeva il gravame proposto dalla ITCA Produzione s.p.a. avverso la
sentenza di prime cure che dichiarò illegittimo il provvedimento di collocazione
in C.I.G.S. del dipendente Vecchio, per la violazione dell’obbligo datoriale, ex
art. 1, commi 7 e 8, L. n. 223\1991, di comunicazione ed esame congiunto dei
criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e delle modalità della
rotazione, con condanna della predetta società al pagamento delle differenze
retributive per i mesi di illegittima sospensione dal lavoro.
Ad avviso della Corte di merito: a) le indicazioni contenute nell’accordo
sindacale del 23 luglio 2002 risultavano del tutto carenti quanto ai criteri di
individuazione dei lavoratori alternativi alla rotazione (per il primo trimestre
successivo al 1.9.2002) e totalmente generiche quanto alle modalità
applicative della rotazione medesima; b) non era stata fornita alcuna prova
che criteri di individuazione specifici fossero stati forniti alle 00.SS.; c) la
carenza di informazioni non poteva ritenersi sanata dal raggiungimento, con il
verbale del 23 luglio 2002, di un accordo sindacale in ordine alla procedura di
collocamento in C.I.G.S. dei lavoratori; d) tale effetto sanante, insussistente
nella specie, avrebbe potuto verificarsi solo in ipotesi di accordo sindacale
recante individuazione di criteri di scelta con un minimo contenuto di
specificità; e) privo di rilievo doveva ritenersi l’assunto secondo cui il d.P.R. n.
218 del 2000, avrebbe delegificato la disciplina in materia di Cassa
integrazione guadagni.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso la FGA Investimenti s.p.a.
(incorporante la ITCA Produzione s.p.a.), affidato a tre motivi, cui ha resistito,
con controricorso, il lavoratore.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.-I tre motivi del ricorso denunciano, in sintesi: 1) violazione e falsa
applicazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, commi 7 e 8; 2) violazione
e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 e 1367 c.c. e omessa,
insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio,
censura, quest’ultima, 3), ribadita nel terzo mezzo d’impugnazione.
Le questioni sollevate dalla società sono in sostanza le seguenti:
a) la L. n. 59 del 1997, che regolò la delegificazione di norme concernenti
procedimenti amministrativi, avrebbe inciso anche nella materia in esame in
quanto il d.P.R. n. 218 del 2000 (“Regolamento recante norme per la

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RG 2931/12

semplificazione del procedimento per la concessione del trattamento di CIGS e
di integrazione salariale a seguito della stipula di contratti di solidarietà, ai
sensi della L. n. 59 del 1997, art. 20, allegato 1 n. 90 e 91”), avrebbe
delegificato la legislazione sulla Cassa integrazione guadagni sicché il predetto
decreto presidenziale costituirebbe ormai l’unico regolamento della materia
con la conseguente sostituzione, per abrogazione esplicita od implicita per
incompatibilità, di tutte le altre disposizioni anche di fonte legale. In questo

procedura quanto l’esame congiunto dovevano intendersi disciplinati
esclusivamente dal d.P.R., con esclusione di ogni possibilità di integrazione
con la L. n. 223, con conseguente venir meno del diritto delle organizzazioni
sindacali, e di riflesso dei lavoratori, ad essere informati sin dalla
comunicazione di avvio della procedura circa i criteri di selezione dei lavoratori
da sospendere e le modalità di rotazione. La Corte territoriale non avrebbe
dato spiegazione alcuna ditale portata innovativa;

b) quanto alla necessaria

specificazione dei criteri di selezione dei lavoratori da sospendere e di
applicazione della rotazione, in sede di comunicazione di avvio della procedura
ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7, era stato individuato
l’ambito oggettivo dell’intervento di ristrutturazione aziendale e le modalità
dell’intervento e l’ambito soggettivo di individuazione del personale da
sottoporre all’intervento di integrazione salariale con sospensione del lavoro
per relationem con l’intervento riorganizzativo e di ristrutturazione, e tali
elementi di fatto non contestati, unitamente al criterio di selezione delle
esigenze organizzative, costituivano un sistema oggettivo di selezione del
personale; la società lamenta, infine, c) l’effetto sanante dell’esame congiunto
rispetto alla comunicazione di avvio della procedura, muovendo dai rilievi
secondo cui i criteri sarebbero stati adeguatamente specificati in tale atto e i
verbali di esame congiunto avrebbero il valore di atti amministrativi che
certificano la regolarità della procedura.
2.-1 motivi, che per la loro connessione possono essere esaminati
congiuntamente, sono infondati, così come già affermato da questa Corte in
numerose pronunce rese in analoghe controversie (ex aliis, Cass. ord. da n.
20747 a 20754 del 2014; ord. n.20495, 20496\14, n.18805\14, etc.).
2.1- Sulla prima questione, pur prescindendo dal duplice rilievo che la censura
lamenta un vizio della motivazione collocandosi invece nel paradigma della
violazione della regolamentazione giuridica della fattispecie, e premesso che la
Corte di merito ha dato atto, per sintesi, del principio affermato da Cass.
28464/2008, è opportuno richiamare il predetto arresto del 2008 al quale è
seguito un orientamento consolidato di questa Corte, espresso in una lunga
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diverso contesto normativo, tanto la comunicazione datoriale di avvio della

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serie di sentenze uniformi, che affermò il seguente principio: la disciplina del
d.P.R. n. 218 del 2000, non ha alcuna efficacia abrogativa della L. n. 223 del
1991 e, quindi, degli oneri di comunicazione di cui all’art. 1. Più
specificamente non incide in alcun modo sulle disposizioni di cui al combinato
disposto della L. n. 164 del 1975, art. 5 e della L. n. 223 del 1991, art. 1,
comma 7, riguardante l’obbligo datoriale di comunicare, in avvio della
procedura per l’integrazione salariale, alle organizzazioni sindacali i criteri di

D.P.R. tende a semplificare la fase propriamente amministrativa, di rilevanza
pubblica, del procedimento di concessione della integrazione salariale, senza
in alcun punto ridurre i diritti dei lavoratori e le prerogative delle
organizzazioni sindacali ad essi funzionali (v., Cass. 28464/2008 e successive
conformi).
2.2- Tale ricostruzione è stata costantemente ribadita dalla giurisprudenza
successiva (cfr., tra le tante, Cass. 4053/2011) e costituisce ormai un
principio consolidato ai sensi dell’art. 360 bis c.p.c., n. 1, come ha rilevato la
Sesta sezione civile in una serie di ordinanze emesse in camera di consiglio ai
sensi dell’art. 375 c.p.c. (cfr. per tutte, Cass. ord. n.26587/2011: “In tema di
procedimento per la concessione della CIGS devono escludersi incompatibilità
tra la normativa regolamentare introdotta con il D.P.R. 10 giugno 2000, n.
218, e le disposizioni della L. 23 luglio 1991, n. 223: la disciplina
regolamentare, che si limita a imporre all’imprenditore che intenda chiedere
l’intervento straordinario di integrazione salariale l’obbligo di dare tempestiva
comunicazione alle organizzazioni sindacali, attiene unicamente alla fase
amministrativa di concessione dell’integrazione stessa, e nulla dice sul
contenuto concreto della comunicazione, né detta alcuna disciplina in ordine ai
criteri di scelta e, pertanto, non ha in alcun modo inciso sugli obblighi di
rilevanza collettiva di cui alla citata L. n. 223, art. 1, commi 7 e 8. Né la
normativa regolamentare ha spostato l’informazione circa i criteri di scelta e le
modalità della rotazione dal momento iniziale della comunicazione datoriale di
avvio della procedura di integrazione salariale a quello, immediatamente
successivo, dell’esame congiunto, atteso che, così opinando, il contenuto della
norma di cui al citato d.P.R. n. 218, art. 2, risulterebbe del tutto estraneo
all’esigenza di semplificazione del procedimento amministrativo, e avrebbe
come conseguenza solo l’alleggerimento degli oneri della parte datoriale con la
compressione dei diritti d’informazione spettanti al sindacato, delineando un
sistema di consultazione sindacale palesemente inadeguato rispetto alla
finalità perseguita”.

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individuazione dei lavoratori da sospendere, nonché le modalità di rotazione. Il

RG 2931/12
2.3- Quanto alla necessità della specificazione dei criteri in sede di
comunicazione di avvio della procedura ai sensi della L. n. 223 del 1991, art.
1, comma 7, la decisione impugnata si è parimenti conformata alla
giurisprudenza di legittimità espressa in modo costante.
La norma in questione (L. n. 223 del 1991, art. 1, comma 7) è molto chiara
nello stabilire che “devono” formare “oggetto della comunicazione” i “criteri di
individuazione dei lavoratori da sospendere nonché le modalità della rotazione

2.4- Le Sezioni unite hanno escluso la fondatezza di interpretazioni riduttive di
tale disposizione, sottolineando, con la sentenza n. 302 del 2000, che, in caso
di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un
programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale
implicante una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di
sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia
che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario,
ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame
congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di
individuazione dei lavoratori che devono essere sospesi, in base al combinato
disposto della L. 23 luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7 e della L. 20 maggio
1975, n. 164, art. 5, commi 4 e 5.
2.5- L’orientamento si è consolidato del tempo, trovando conferma nella
successiva giurisprudenza di legittimità (per tutte: Cass. 7720/2004; Cass.
nn. 10236 e 15393 del 2009; Cass. 19235/2011). Da ultimo, e peraltro con
riferimento alla medesima procedura di sospensione dell’attività lavorativa
presso la ITCA produzione s.p.a., questa Corte, con la sentenza n. 7459 del
2012, ha così sintetizzato i principi regolatori della materia:
a) il provvedimento di sospensione dell’attività lavorativa è illegittimo qualora
il datore di lavoro (sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione, sia
in caso contrario) ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini
dell’esame congiunto, ovvero di concordare con le stesse, gli specifici criteri,
eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che
devono essere sospesi, ed ai quali criteri la scelta dei lavoratori deve poi
effettivamente corrispondere (Cass. 28464/2008); b) la specificità dei criteri
di scelta consiste nell’idoneità dei medesimi ad operare la selezione e nel
contempo a consentire la verifica della corrispondenza della scelta ai criteri
(Cass. 7720/2004); c) la comunicazione di apertura della procedura di
trattamento di integrazione salariale la cui genericità rende impossibile
qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei
lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto dalla L. 23
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prevista dal comma 8”.

RG 2931/12
luglio 1991, n. 223, art. 1, comma 7 (Cass, 13240/2009); d) la mancata
specificazione dei criteri di scelta (o la mancata indicazione delle ragioni che
impediscono il ricorso alla rotazione) determina l’inefficacia dei provvedimenti
aziendali che può essere fatta valere giudizialmente dai lavoratori, in quanto la
regolamentazione della materia è finalizzata alla tutela, oltre che degli
interessi pubblici e collettivi, soprattutto di quelli dei singoli lavoratori (Cass.
12137/2003; Cass. 11660/2006).

della procedura di Cassa integrazione oggetto dell’esame giudiziale ai requisiti
su indicati, è una valutazione di merito in ordine al contenuto dell’atto
negoziale, che rimane estranea al giudizio di legittimità, quando, come nel
caso in esame, il giudice di merito abbia motivato la sua decisione in modo
sufficiente e privo di contraddizioni.
2.6-. Infine, non è meritevole di accoglimento anche la critica alla sentenza
impugnata per il preteso effetto sanante dell’esame congiunto rispetto alla
comunicazione di avvio della procedura. Anche per tale profilo la decisione
della Corte territoriale si sottrae a censure.
E invero la tesi per cui l’accordo sindacale conterrebbe un’adeguata
specificazione dei criteri di individuazione dei lavoratori da porre in cassa
integrazione e spiegherebbe adeguatamente le ragioni della impossibilità del
ricorso alla rotazione si risolve nella proposizione di un giudizio di merito
(basato anche su di una particolare rilettura della prova orale, riportata
peraltro per stralci), difforme rispetto a quello della Corte d’appello. Tale
valutazione, al pari di quella concernente la comunicazione di avvio della
procedura, spetta in via esclusiva al giudice di merito e può essere censurata
in cassazione solo negli stretti limiti del giudizio di legittimità, che nel caso in
esame vengono nettamente travalicati.
Deve infatti rimarcarsi che la possibilità di un effetto sanante di un accordo
sindacale sui criteri di scelta, laddove l’accordo li indichi in modo puntuale e
specifico, è ammessa solo in casi particolari e circoscritti, ma non nell’ipotesi
in cui la comunicazione è strettamente funzionale a mettere in grado le
organizzazioni sindacali di partecipare al confronto con la controparte
adeguatamente informate e ai lavoratori di avere contezza delle prospettazioni
aziendali. Nè può essere ammessa, con effetto retroattivo, rispetto a scelte in
concreto già operate (v.,

funditus,

Cass. 26587/2011 cit.; in generale

sull’esclusione del carattere sanante dell’accordo cfr.,

ex multis, Cass. nn.

13240 e 15393 del 2009).
3.-11 ricorso deve pertanto essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimità,
liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza e, liquidate come da

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2.5- La valutazione della rispondenza in concreto delle comunicazioni di avvio

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dispositivo, debbono distrarsi in favore del difensore del lavoratore,
dichiaratosi anticipante.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle
spese del giudizio di legittimità che liquida in C. 4.100,00, di cui C.4.000,00
per compensi professionali, oltre al 15% di spese generali ed accessori di
legge, da distrarsi in favore dell’Avv. Mariafederica Di Libero.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 3 marzo 2016
Il Consigliere est.

Il Presidente

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