Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10255 del 12/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10255 Anno 2014
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: SPIRITO ANGELO

Data pubblicazione: 12/05/2014

SENTENZA

sul ricorso 27365-2010 proposto da:
REGIONE

AUTONOMA FRIULI VENEZIA GIULIA 80014930327,

in persona del Presidente della Ragione dott. RENZO
TONDO, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA
COLONNA 355, presso l’UFFICIO DISTACCATO REGIONE
FRIULI VENEZIA GIULIA, rappresentata e difesa
2014
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dall’avvocato CRUCIL ROBERTO giusta procura a margine
del ricorso;
– ricorrente
contro

RINALDI RICCARDO RNLRCR51P14A271Z;

1

(

- intimato –

avverso la sentenza n. 600/2009 della CORTE D’APPELLO
di TRIESTE, depositata il 03/12/2009 R.G.N. 270/08;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/02/2014 dal Consigliere Dott. ANGELO

udito l’Avvocato ROBERTO CRUCIL;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

2

SPIRITO;

R.G. 27365/10

Svolgimento del processo

Nei giudizi di merito risulta accertato che nel maggio del
1997 la Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia nominò direttore generale dell’ASL n. l di Trieste il Rinaldi, il

analogo incarico rivestito presso una USL umbra. Il Rinaldi
stipulò, dunque, un contratto di diritto privato della durata quinquennale con la Regione FVG, attraverso il quale
quest’ultima s’impegnava a corrispondere al dirigente un
compenso fisso, oltre eventuale quota pari al 20% del compenso stesso per l’ipotesi di avvenuto raggiungimento degli
obiettivi fissati dalla giunta regionale. A seguito di ricorso proposto da un terzo, il TAR annullò il decreto di
nomina del dr. Rinaldi e la Regione, senza impugnare la
sentenza, procedette alla risoluzione di diritto del contratto con lo stesso Rinaldi stipulato. Questo, allora, citò in giudizio risarcitorio la Regione, chiedendo la sua
condanna al pagamento di tutte le mensilità ancora dovute,
oltre al 20% contrattualmente convenuto, nonché di altre
somme per le occasioni di lavoro perdute e per danni esistenziali e biologici.
Il Tribunale di Trieste condannò la convenuta al pagamento
in favore dell’attore di somme per mancato guadagno, per
danno biologico e danno morale, sotto due profili: sia per-

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quale, a seguito di ciò, rassegnò le proprie dimissioni da

R.G. 27365/10

ché s’era verificato (per l’unilaterale risoluzione del
contratto) un danno ingiusto alla posizione di diritto soggettivo (o, comunque, di interesse oppositivo) maturata in
favore del Rinaldi; sia perché la Regione aveva agito con
dolo o colpa in occasione della procedura poi annullata dal

La Corte d’appello di Trieste, con sentenza non definitiva,
parzialmente riformando la prima sentenza, ha determinato
il pregiudizio patrimoniale sofferto dal Rinaldi in relazione all’entità dei compensi che questo avrebbe percepito
in costanza di rapporto di lavoro con l’ASL umbra, fino alla scadenza quinquennale del rapporto medesimo; ha, dunque,
disposto il prosieguo del giudizio per la determinazione
del quantum.
In particolare, il giudice d’appello ha ritenuto (contrariamente al primo giudice) che l’annullamento dell’atto
presupposto da parte del TAR aveva determinato l’immediata
inefficacia dell’atto negoziale; quanto alla responsabilità
per la condotta tenuta dall’Ente in occasione della nomina
poi annullata, la Corte triestina ha osservato, in primo
luogo, che l’Ente stesso non aveva svolto una compiuta censura in sede d’appello e che, in secondo luogo, il suo comportamento (censurato dal G.A.) aveva indotto il Rinaldi ad
abbandonare l’analogo incarico già intrattenuto presso la
ASL umbra, così da perdere il compenso là fissato per la

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TAR.

R.G. 27365/10

residua parte del quinquennio di durata della funzione. Così, il giudice d’appello ha stabilito che il pregiudizio
debba essere determinato in relazione all’entità dei compensi che il funzionario avrebbe percepito nella costanza
del rapporto di lavoro con l’Azienda Umbra.

traverso due motivi. Non si difende l’intimato.
Motivi della decisione

Con il primo motivo la Regione sostiene, in estrema sintesi, che la domanda risarcitoria non avrebbe fondamento per
l’assenza di un danno ingiusto, posto che (con riferimento
alla giurisprudenza di legittimità) l’annullamento del
provvedimento di nomina (ad opera del G.A.) aveva determinato la nullità del contratto di diritto privato stipulato
con il dirigente; conseguentemente, non sussisterebbe la
responsabilità contrattuale posta al giudice a fondamento
della condanna risarcitoria.
Il motivo è inammissibile per difetto di specificità.
Il primo giudice aveva accolto la domanda sulla base di due
diverse ed alternative ragioni: a) dopo l’annullamento, da
parte del TAR, del provvedimento di nomina, la Regione non
avrebbe dovuto unilateralmente recedere dal contratto in
via di autotutela, bensì avrebbe dovuto chiedere al G.O.
l’eliminazione del contratto stesso; b) l’amministrazione
aveva posto in essere quella condotta colposa ed arbitra-

Cons. Sp/ri4o est.

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Propone ricorso per cassazione la Regione Autonoma FVG at-

R.G. 27365/10

ria, che il TAR aveva, appunto, sanzionato, facendo riferimento ad “arbitrarietà e aleatorietà del giudizio _ incongruo _ carente sotto il profilo logico _ palese incoerenza
interna _ arbitrarietà di valutazione”.
In sede d’appello, la Regione ha impugnato specificamente

gravame ha ritenuto fondato questa censura, spiegando che,
effettivamente, il contratto ad evidenza pubblica tra
l’Ente ed il nominato direttore era venuto meno come conseguenza dell’annullamento della deliberazione di nomina.
Quanto alla seconda ragione del decidere (del primo giudice), la sentenza d’appello rimprovera alla Regione che “ben
poco è stato invece detto circa la condotta precedente
dell’Amministrazione, sanzionata con l’annullamento giurisdizionale della delibera di nomina del Rinaldi” (cfr. pag.
11 della sentenza impugnata). Ribadisce, dunque, il giudice
d’appello che il Rinaldi aveva sofferto un pregiudizio a
seguito della condotta della Regione Friuli Venezia Giulia
“il cui comportamento – censurato dal giudice amministrativo e sul quale l’ente pubblico nulla ha inteso contraddire,
invero affrettandosi a dare esecuzione alla sentenza caducatoria di primo grado – ha indotto l’odierno appellato ad
abbandonare analogo incarico _”

(cfr. pag. 12 della senten-

za impugnata).

Cons.$j4rito est.

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la prima di quelle ragioni del decidere ed il giudice del

R.G. 27365/10

Orbene, analogo rimprovero occorre muovere in questa sede
alla difesa della ricorrente, la quale concentra il proprio
impegno argomentativo nell’affermazione della necessaria
consequenzialità tra l’annullamento del provvedimento di
nomina in sede di giustizia amministrativa ed il venir meno

(non tenendo conto che su questo punto già il giudice
d’appello le aveva dato piena ragione), senza rivolgere alcuna censura verso l’altra ragione del decidere (accolta
dal primo giudice e confermata da quello d’appello), concernente il comportamento colposo ed illecito tenuto
dall’Amministrazione in occasione della predisposizione
della deliberazione di nomina. Proprio questa carenza di
specifica impugnazione comporta l’inammissibilità del motivo di gravame.
Il secondo motivo sostiene il vizio di extrapetizione della

sentenza, individuato nel fatto che la Corte triestina,
nell’accertare la responsabilità della Regione FVG per il
recesso del Rinaldi dall’analogo incarico intrattenuto con
l’Azienda umbra, avrebbe

“introdotto l’accertamento di un

danno da illecito extracontrattuale non rilevabile
d’ufficio dal giudice e neppure compreso nella domanda giudiziale di responsabilità contrattuale presentata dal Rinaldi con l’atto di citazione innanzi al Tribunale di Trieste” (cfr. il ricorso alla pag. 17).

Cons

irito est.

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del contratto ad evidenza pubblica stipulato tra le parti

RG. 27365/10

Il motivo è infondato.
Nessuna extrapetizione è dato riscontrare nella vicenda, in
quanto l’originario petitum aveva ad oggetto il risarcimento da fatto illecito della P.A. con riferimento, quanto al
parametro liquidativo, alle retribuzioni ancora da percepi-

te. Il giudice d’appello ha correttamente ritenuto che non
poteva essere preteso l’adempimento di un contratto nullo,
ha valutato che il Rinaldi era stato indotto dalla Regione
FVG stessa ad abbandonare analogo incarico presso la Regione Umbria ed ha parametrato il danno subito alle retribuzioni che “l’odierno appellato avrebbe percepito nella costanza del rapporto di lavoro con l’Azienda umbra (interrotto a seguito e causa dell’assunzione presso l’Azienda
triestina) e ciò fino alla scadenza quinquennale del rapporto medesimo”.
Orbene, siffatto argomentare non comporta il vizio denunciato, posto che il petitum e la causa petendi

risultano

rispettate dal giudice, il quale s’è limitato ad adottare
un criterio liquidatorio diverso da quello suggerito
dall’attore.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto, senza
provvedere in ordine alle spese del giudizio di cassazione,
in considerazione della mancata difesa dell’intimato.
Per questi motivi

Cons. S

o est.

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re presso la Regione FVG ed alle occasioni di lavoro perdu-

R.G. 27365/10

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2014

resid IUL

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