Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10254 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/05/2020, (ud. 04/02/2020, dep. 29/05/2020), n.10254

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. STALLA Giacomo Maria – Presidente –

Dott. PAOLITTO Liberato – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – Consigliere –

Dott. PEPE Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 11128/2014 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F.: (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato

(C.F.: (OMISSIS)), presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi

12, è domiciliata;

– ricorrente –

contro

C.M., MONTEPRANDONE TRUST, e R.M. DI MONTEPRANDONE

DE FILIPPIS DELFICO;

– intimati –

avverso la sentenza n. 138/01/13 della Commissione tributaria

Regionale di Perugia, depositata il 23/10/2013;

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2020

dal Consigliere Dott. Pepe Stefano;

Fatto

RITENUTO

che:

1. L’Agenzia dell’Entrate con avviso di liquidazione notificato a C.M., notaio rogante, recuperava, con riferimento all’atto di conferimento di beni in trust stipulato il 23/9/2009 registrato il 12/10/2009, l’imposta sulle successioni e donazioni in misura dell’8%, D.L. n. 262 del 2006, ex art. 2, comma 49, lett. c), conv. in L. n. 296 del 2006.

Presupposto del recupero di imposta era che il conferimento di beni in trust, anche quando non ha effetti traslativi, come nel caso stante la corrispondenza tra disponente e beneficiario, doveva essere assoggettato all’imposta sulle successioni e donazioni in misura proporzionale (nella specie nella misura dell’8%).

2. I ricorrenti, con distinti ricorsi, impugnavano dinnanzi alla CTP l’avviso di liquidazione deducendo, da un lato, che trattandosi di trust costituito a favore del figlio del disponente e che il valore dei beni conferiti era inferiore al milione di Euro, l’aliquota applicabile era quella di cui all’art. 2 lett. a) cit. del 4% e, dall’altro, che non era applicabile il D.L. n. 262 del 2006 in assenza di alcun trasferimento di ricchezza in capo al trustee e ai beneficiari.

3. La CTR con la sentenza n. 138/1/13, depositata il 23/10/2013, confermava la sentenza di primo grado sul rilievo che, per effetto del trust non vi era stato alcun trasferimento di ricchezza che legittimasse l’imposta (stante la coincidenza della persona del disponente con quella del beneficiario) e, per l’effetto, accoglieva i ricorsi.

4. Avverso tale sentenza l’Agenzia dell’entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.

5. I contribuenti non si sono costituiti.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. L’Agenzia delle Entrate deduce, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 5, comma 1, del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, commi 47, 48 e 49 conv. in L. n. 296 del 2006 e del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 58. La ricorrente ritiene che erroneamente la CTR abbia ritenuto esente da tassazione il trust oggetto dell’avviso di liquidazione in quanto, verificata la corrispondenza tra disponente e beneficiario finale, non era avvenuto alcun trasferimento di ricchezza; ipotesi che, al contrario, si sarebbe verificata solo nel caso di premorienza al figlio del disponente-beneficiario, risultando il primo quale ulteriore beneficiario.

L’Agenzia, al contrario, ritiene che la mera costituzione del trust, con la segregazione di una parte del patrimonio del disponente assoggettata al relativo vincolo di destinazione, legittima l’applicazione dell’imposta in misura proporzionale come prevista dall’art. 2, cit. che, nel caso di specie deve essere pari a quella dell’8% di cui alla lett. c, coincidendo il disponente con il beneficiario e, quindi rientrando quest’ultimo nella nozione di “altri soggetti” indicata dalla norma.

2. Il motivo non è fondato.

La questione posta all’esame del Collegio attiene a quale fatto sia fiscalmente rilevante in materia di trust e, in particolare se, ai fini dell’imposizione dell’imposta sulle successioni e donazioni, sia sufficiente la mera costituzione del vincolo sui beni o occorra l’effettivo trasferimento di essi ai beneficiari e se questi ultimi debbano essere diversi dal disponente.

Il trust trova la sua disciplina, quanto alla materia dell’imposizione indiretta, nel D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, conv. in L. n. 296 del 2006, che per gli atti di costituzione di vincoli di destinazione richiama il D.Lgs. n. 346 del 1990 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni). In particolare, il citatao D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, prevede che “è istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54”, stabilendo il successivo comma 49 che “per le donazioni e gli atti di trasferimento a titolo gratuito di beni e diritti e la costituzione di vincoli di destinazione di beni l’imposta è determinata dall’applicazione delle seguenti aliquote al valore globale dei beni e dei diritti al netto degli oneri da cui è gravato il beneficiario diversi da quelli indicati dal citato testo unico di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, dall’art. 58, comma 1, ovvero, se la donazione è fatta congiuntamente a favore di più soggetti o se in uno stesso atto sono compresi più atti di disposizione a favore di soggetti diversi, al valore delle quote dei beni o diritti attribuiti: a) a favore del coniuge e dei parenti in linea retta sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiarlo, 1.000.000 di Euro: 4 per cento; a-bis) a favore dei fratelli e delle sorelle sul valore complessivo netto eccedente, per ciascun beneficiario, 100.000 Euro: 6 per cento; b) a favore degli altri parenti fino al quarto grado e degli affini in linea retta, nonchè degli affini in linea collaterale fino al terzo grado: 6 per cento; c) a favore di altri soggetti: 8 per cento”.

Per effetto del combinato disposto delle norme sopra riportate il legislatore ha esteso l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni anche ai negozi di costituzione di vincoli di destinazione, prevedendo la L. n. 112 del 2016, art. 6 (Disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno familiare) una deroga a tale disciplina nella parte in cui statuisce che “i beni e i diritti conferiti in trust ovvero gravati da vincoli di destinazione di cui all’art. 2645-ter c.c. ovvero destinati a fondi speciali di cui all’art. 1, comma 3 istituiti in favore delle persone con disabilità grave come definita dalla L. 5 febbraio 1992, n. 104, art. 3, comma 3, accertata con le modalità di cui alla medesima L. n. 104 del 1992, art. 4, sono esenti dall’imposta sulle successioni e donazioni prevista dal D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, commi da 47 a 49, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2006, n. 286, e successive modificazioni”.

Questa Corte (Cass. n. 1131 del 2019, n. 19167 del 2019), con orientamento pienamente condiviso dal Collegio, ha affermato che “non si può trarre dallo scarno disposto del D.L. n. 262 del 2006, art. 2, comma 47, il fondamento normativo di un’autonoma imposta, intesa a colpire ex se la costituzione dei vincoli di destinazione, indipendentemente da qualsivoglia evento traslativo, in senso proprio, di beni e diritti, pena il già segnalato deficit di costituzionalità della novella così letta” precisando, poi, che “in relazione agli atti di dotazione del fondo oggetto di causa (…), il giudice di appello (…) ha correttamente escluso che la costituzione del vincolo di destinazione sulle somme di denaro conferite in trust avesse prodotto un effetto traslativo immediato, solo in tal caso giustificandosi la soggezione dell’atto dotativo all’imposta sulle successioni e donazioni, in misura proporzionale, in quanto sicuro indice della capacità economica del soggetto beneficiato” laddove “una lettura costituzionalmente orientata della normativa in esame (artt. 53 e 23 Cost.), attribuisce giusto rilievo al fatto che l’imposta prevista dal D.Lgs. n. 346 del 1990 non può che essere posta in relazione con “un’idonea capacità contributiva”, che il conferimento di beni e diritti in trust non integra di per sè un trasferimento imponibile e, quindi, rappresenta un atto generalmente neutro, che non dà luogo ad un trapasso di ricchezza suscettibile di imposizione indiretta”.

Nella medesima decisione sopra riportata si è, poi, precisato che nell’ambito concettuale dei ‘vincoli di destinazionè devono essere ricondotti non solo gli ‘atti di destinazionè di cui all’art. 2645-ter c.c., ma qualunque fattispecie prevista dall’ordinamento tesa alla costituzione di patrimoni vincolati ad uno scopo.

Ha osservato Cass. n. 16699/19 che: “Poichè ai fini dell’applicazione delle imposte di successione, registro ed ipotecaria è necessario, ai sensi dell’art. 53 Cost., che si realizzi un trasferimento effettivo di ricchezza mediante un’attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale, nel “trust” di cui alla L. n. 364 del 1989 (di ratifica ed esecuzione della Convenzione dell’Aja 1 luglio 1985), detto trasferimento imponibile non è costituito nè dall’atto istitutivo del “trust”, nè da quello di dotazione patrimoniale fra disponente e “trastee” in quanto gli stessi sono meramente attuativi degli scopi di segregazione e costituzione del vincolo di destinazione, bensì soltanto dall’atto di eventuale attribuzione finale del bene al beneficiario”.

In proposito va ribadito che tale inclusione non basta a giustificare l’imposizione del trust, ciò perchè la tesi della ‘nuova impostà gravante sul vincolo di destinazione, assunto quale autonomo e sufficiente presupposto, non dà adeguatamente conto del fatto che la sola apposizione del vincolo non comporta, di per sè, incremento patrimoniale significativo di un reale trasferimento di ricchezza, con quanto ne consegue, appunto nell’ottica di un’interpretazione costituzionalmente orientata, in ordine alla non ravvisabilità in esso di forza economica e capacità contributiva ex art. 53 Cost..

Non può negarsi che l’apposizione del vincolo, in quanto tale, determini per il disponente l’utilità rappresentata dalla separatezza dei beni (limitativa della regola generale di cui all’art. 2740 c.c.) in vista del conseguimento di un determinato risultato di ordine patrimoniale; non concretizzando tale utilità, di per sè, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al disponente e nemmeno al trustee, incremento che si verificherà (eventualmente e in futuro) in capo al beneficiario finale, di talchè la strumentalità dell’atto istitutivo e di dotazione del trust ne giustifica, nei termini indicati, la fiscale neutralità.

La CTR ha fatto corretta applicazione di tali principi in presenza di un vincolo di destinazione posto in essere dal disponente che è anche trustee e beneficiario finale.

Risulta, infatti, carente il presupposto per applicare le imposte in esame (il trasferimento di ricchezza) assumendo rilievo dirimente il fatto che risulti escluso ogni trasferimento di ricchezza ad un terzo soggetto e si sia in presenza di un mero vincolo di destinazione su alcuni beni che vengono separati dal restante patrimonio del disponente. La segregazione dei beni si verifica all’interno del patrimonio del disponente stesso, risultando quest’ultimo anche il beneficiario finale del trust al quale, solo eventualmente, può subentrare in caso di premorienza sul figlio, quest’ultimo, di talchè solo in tale ultima ipotesi si assisterebbe a quel trasferimento di ricchezza che giustificherebbe l’imposizione tributaria.

In conclusione, risulta frutto di una errata interpretazione normativa l’opposto assunto della ricorrente secondo cui ciò che rileva ai fini fiscali è il mero vincolo di destinazione con la segregazione del bene conferito essendo irrilevante l’arricchimento del destinatario del bene; assunto che oblitera completamente la circostanza che le imposte in esame trovano ragione in manifestazioni di ricchezza conseguenti a trasferimenti patrimoniali che, per come riportato nello stesso ricorso, si sarebbero manifestate nel caso di specie solo in caso di premorienza del beneficiario-disponente.

4. Il ricorso va pertanto rigettato.

5. Nulla sulle spese in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa.

Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. 30 maggio 2012, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte:

Rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 febbraio 2020.

Depositato in cancelleria il 29 maggio 2020

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