Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10254 del 12/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10254 Anno 2014
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: STALLA GIACOMO MARIA

SENTENZA

sul ricorso 25537-2010 proposto da:
FIDELI

VINICIO

FDLVCM25N22G929N,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO GRAMSCI 24, presso
lo studio dell’avvocato MASINI MARIA STEFANIA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato
MANNIRONI MICHELE giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –

2014
contro

536

FIDELI

BIANCA

FDLBCF41B55G929F,

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 146, presso lo
studio

dell’avvocato

MOCCI

1

ERNESTO,

che

la

Data pubblicazione: 12/05/2014

rappresenta e difende unitamente all’avvocato SODDU
GIANNETTO giusta procura a margine del controricorso;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 433/2009 della CORTE D’APPELLO
DI CAGLIARI SEZ.DIST. DI SASSARI, depositata il

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/02/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO
MARIA STALLA;
udito l’Avvocato MARIA STEFANIA MASINI;
udito l’Avvocato ERNESTO MOCCI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. AURELIO GOLIA che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

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05/08/2009 R.G.N. 505/2007;

Ric.n. 25537/10 rg. – Ud.28 febbraio 2014.

Svolgimento del giudizio.
Nel luglio ’91 Vinicio Fideli, in qualità di socio della
Chlamis srl, conveniva in giudizio il cognato Giulio Primo Pau,
assumendo che questi socio e presidente del consiglio di
amministrazione della società dal luglio ’86 al novembre ’88 –

una situazione economica e patrimoniale della società non
rispondente al vero, e tale da apprezzabilmente alterare il valore
delle quote sociali. Tale condotta gli aveva generato un danno
risarcibile, avendo egli corrisposto al convenuto – per l’acquisto
nel novembre ’88 dì quote sociali poi intestate alla moglie ed al
figlio – un prezzo superiore al dovuto. Chiedeva pertanto che il
Pau venisse condannato a risarcirgli – ex artt.2043 e 2395 c.c. il danno in questione, nonché al pagamento della metà dei debiti
sociali.
Nella costituzione del convenuto, interveniva la sentenza n.
652/07 con la quale l’adito tribunale di Nuoro, in parziale
accoglimento della domanda attrice, condannava il Pau al
risarcimento per la somma di euro 54.336,43 oltre accessori.
Proposto appello principale da parte di Bianca Fideli (in
qualità di erede di Giulio Primo Pau, deceduto in corso di causa)
ed appello incidentale da parte del Fideli, interveniva la
sentenza n. 433 del 5 agosto 2009 con la quale la corte di
appello di Cagliari, sezione distaccata di Sassari, dichiarava, in
accoglimento dell’appello principale, la carenza di legittimazione
attiva del Fideli, dal momento che la responsabilità in questione
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aveva violato i suoi doveri gestori; segnatamente, rappresentando

Ric.n. 25537/10 rg. – Ud.28 febbraio 2014.

poteva essere fatta valere unicamente dalla moglie Salvatorica
Careddu e dal figlio Marcello Fideli , da lui nominati ex articolo
1401 cod.civ. al momento dell’acquisto delle quote sociali
(electio amici).

Avverso tale pronuncia viene proposto ricorso per cassazione da

Bianca Fideli.
Motivi della decisione.
§ 1.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione o falsa

applicazione di norme di diritto, ex art.360, lAco., n.3) cpc, con
riferimento agli articoli 2043 e 2395 cod.civ., dal momento che,
diversamente da quanto ritenuto dalla corte di appello: – tali
disposizioni, da lui invocate a fondamento della propria domanda,
integravano una responsabilità di tipo extracontrattuale e non
contrattuale; il che escludeva la sussunzione della fattispecie
nell’ambito dell’articolo 1401 cod.civ.; – egli aveva fatto valere
non già la responsabilità contrattuale del Pau per avergli ceduto
delle quote a prezzo superiore al reale, bensì la sua
responsabilità per violazione degli obblighi gestori sotto il

Vinicio Fideli sulla base di due motivi; resiste con controricorso

profilo della corretta rappresentazione della situazione economica
e patrimoniale della società; – in particolare, egli aveva dedotto
che il Pau, nella sua qualità di amministratore della società,
“aveva indicato quali propri apporti, e quindi quali propri
crediti, pagamenti e spese effettuati invece con fondi sociali; e A:
aveva omesso di imputare i prelevamenti fatti dal patrimonio
sociale a titolo di rimborso anticipazioni”;
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sicché il maggior

Ric.n. 25537/10 rg. – Ud.28 febbraio 2014.

prezzo versato per l’acquisto delle quote costituiva una mera
conseguenza di quella violazione.
Con il secondo motivo di ricorso,

il Fideli lamenta

insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto
decisivo della controversia, ex articolo 360 l” co. n.5 cpc,

carenza di legittimazione attiva, assumendo che tale
legittimazione spettasse unicamente alla moglie Careddu ed al
figlio Marcello in quanto persone nominate ex articolo 1401 cit.
e, dunque, beneficiari degli effetti del contratto di acquisto
delle quote; – dall’altro, omesso di rilevare che questi ultimi
non avevano in realtà subito alcun danno diretto dall’acquisto
delle quote, essendosi tale danno direttamente prodotto soltanto
nel suo patrimonio personale con il pagamento (tramite due assegni
e l’attribuzione di un terreno edificabile in San Teodoro) di un
prezzo superiore al dovuto.
§ 1.2

I due motivi di ricorso sono suscettibili di trattazione

unitaria perché entrambi incentrati – ora come violazione di
legge, ora come carenza motivazionale – sul medesimo assunto della
erronea negazione da parte della corte di appello della
legittimazione attiva del Fideli alla pretesa risarcitoria; a sua
volta derivante dall’errata applicazione nella specie della
disciplina di cui agli artt. 1401 segg. cod.civ.
Essi sono inammissibili, in quanto censurano soltanto una delle
due rationes decidendi poste dalla corte di appello a fondamento
della propria decisione.
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poiché la corte di appello aveva: – da un lato, dichiarato la sua

Ric.n. 25537/10 rg. – Ud.28 febbraio 2014.

Va infatti rilevato che – oltre ed indipendentemente – dalla
affermata applicabilità nella specie della disciplina non
dell’illecito extracontrattuale di cui agli artt.2043/2395
cod.civ., bensì del contratto per persona da nominare ex artt.1401
segg.cit. (con la conseguente affermata titolarità esclusiva del

corte di appello ha respinto la domanda del Fideli (anche) in
forza di una ragione autonoma e diversa da quest’ultima, così
individuabile (sent.pag.6):

“la pretesa risarcitoria era comunque

infondata perché i due assegni, per lire 138 milioni complessive,
erano rimasti impagati: era intervenuta, sul punto, sentenza del
tribunale di Nuoro del 30 marzo 93, definitiva, ed insuscettibile
di essere posta in esecuzione per intervenuta prescrizione dell’
‘actio judicati’. Dunque il Pau non avrebbe mal potuto recuperare
le somme ed il Fidell , in definitiva, non aveva pagato nessuna
somma in più di quella che, secondo il tribunale, avrebbe
rappresentato il giusto prezzo del trasferimento delle quote”.
In altri termini, doveva evincersi dal giudicato esterno
incontrovertibilmente formatosi sulla sentenza del tribunale di
Nuoro 30.3.93 (agli atti di causa ed oggetto di contraddittorio)
che: – per effetto del mancato pagamento di assegni per totali 138
milioni di lire, il prezzo pagato dal Fideli per l’acquisto delle
quote non era stato superiore al dovuto (risultando dagli atti del
giudizio di merito che l’asserita eccedenza di prezzo era stat
peritalmente determinata nel minor importo di 106 milioni di
lire); – il pagamento di tali assegni (imputato dall’attore a
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diritto azionato in capo ai nominati, ex art.1404 cod.civ.), la

Ric.n. 25537/10 rg. – Ud.28 febbraio 2014.

proprio pregiudizio patrimoniale diretto) non era più esigibile
per prescrizione del relativo diritto; – tale circostanza
escludeva in radice la configurabilità di un danno risarcibile pur
nell’ottica, invocata dal Fideli, della responsabilità ex art.2395
cod.civ..
ratio decidendi

non è stata impugnata

dal Fideli – che si è limitato, sul punto nevralgico, a lamentare
la violazione o falsa applicazione di legge nei termini su
indicati – con conseguente applicabilità nella specie del
principio (da ultimo affermato da Sez. U, Sentenza n.7931 del
29/03/2013) in forza del quale: – il ricorso per cassazione non
introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere
la mera ingiustizia della sentenza impugnata, ma si caratterizza
come rimedio impugnatorio a critica vincolata ed a cognizione
limitata alla denuncia; – qualora la decisione impugnata si fondi
su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, e
ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a
sorreggerla, il ricorso per cassazione è inammissibile quando non
contenga specifiche doglianze avverso una di tali

“rationes

decidendi”.
.

La pertinenza di tale principio al caso di specie è resa
evidente dal fatto che quand’anche trovasse in ipotesi
accoglimento la censura mossa dal ricorrente, la decisione a lui
sfavorevole della corte di appello dovrebbe comunque trova ‘e
conferma per non essere stato posto in discussione il secondo
fondamento logico-giuridico sul quale essa autonomamente si basa.
7

Orbene, questa seconda

Ric.n. 25537/10 rg.- Ud.28 febbraio 2014.

Ne segue la dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con
condanna di parte ricorrente alla rifusione delle spese del
presente giudizio liquidate, come in dispositivo, ai sensi del DM
Giustizia 20 luglio 2012 n.140.
Pqm

dichiara inammissibile il ricorso;

condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del

giudizio di cassazione che liquida in euro 10.200,00, di cui euro
200,00 per esborsi ed il resto per compenso professionale; oltre
accessori di legge.
Così deciso nella camera di consiglio della terza sezione civile
in data 28 febbraio 2014.

La Corte

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