Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10252 del 19/04/2021

Cassazione civile sez. I, 19/04/2021, (ud. 19/11/2020, dep. 19/04/2021), n.10252

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE CHIARA Carlo – Presidente –

Dott. VANNUCCI Marco – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 16130/2016 proposto da:

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, Via

Antonio Bosio n. 2, presso lo studio dell’avvocato Luconi Massimo,

che la rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

D.C.V., T.S.R., domiciliati in Roma,

Piazza Cavour, presso la Cancelleria civile della Corte di

Cassazione, rappresentati e difesi dall’avvocato Chiocca Antonio,

giusta procura in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 405/2016 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 21/01/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2020 dal cons. Dott. LAMORGESE ANTONIO PIETRO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

I signori D.C.V., D.C.R., D.C.A., T.S.R., T.G. e Tr.Gi. convenivano in giudizio la F.lli D.C. di T. G. e C. s.a.s. e la Banca Antoniana Popolare Veneta spa, per fare dichiarare invalido o inefficace il contratto di fideiussione omnibus stipulato il 22 marzo 2002, a garanzia delle obbligazioni assunte dalla F.lli D.C. verso la suddetta Banca, e fare condannare quest’ultima al risarcimento del danno.

Il Tribunale di Rieti, sezione distaccata di Poggio Mirteto, rigettava le domande.

La Corte d’appello di Roma, con sentenza del 21 gennaio 2016, in accoglimento del gravame di D.C.V. e T.S.R., la quale agiva in proprio e nella qualità di erede legittima di D.C.R., dichiarava gli appellanti liberati dalla fideiussione a norma dell’art. 1956 c.c. e condannava alle spese la M.P.S. Gestione Crediti Banca Spa, quale mandataria della Banca Monte dei Paschi di Siena, incorporante per fusione la Banca Antoniana.

La corte osservava, da un lato, che la banca non aveva contestato di avere concesso alla società garantita un ulteriore credito in data 24 marzo 2004 (un fido di Euro 300000,00, seppure finalizzato al rientro del preesistente maggiore debito della società) e, dall’altro, che tale credito era stato concesso nella consapevolezza della stessa banca e nella inconsapevolezza dei fideiussori del peggioramento delle condizioni economiche ormai critiche della debitrice, in violazione del principio di correttezza nell’esecuzione del contratto, stante la mancata comunicazione ai fideiussori che, al contrario, il tribunale aveva ritenuto non necessaria trattandosi di soci e parenti stretti dei soci, mentre ad avviso della Corte erano lontani parenti e comunque non soci.

Avverso questa sentenza la Banca Monte dei Paschi di Siena Spa propone ricorso per cassazione, sulla base di quattro motivi, resistito da D.C.V. e T.S.R..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Le ragioni di inammissibilità del ricorso segnalate dai resistenti sono infondate: quella relativa all’inesistenza della notifica del ricorso della banca presso un difensore (avv. B.S.) diverso dal difensore (avv. A.M.L.) che aveva espletato il mandato nel giudizio di appello, avendo i resistenti D.C.V. e T.S.R. sanato ogni eventuale nullità, avendo svolto attività difensiva nel presente giudizio; quella relativa al difetto di legittimazione attiva della Banca Monte dei Paschi di Siena, che si assume estranea al giudizio nel quale era stata parte la MPS Gestione Crediti Banca Spa, dovendosi considerare che quest’ultima, come risulta dalla comparsa di costituzione in appello, quest’ultima si era costituita quale mandataria (“esclusivamente in nome e per conto…”) della Banca Monte dei Paschi di Siena; quella relativa all’erronea esposizione nel ricorso (a pag. 8) del dispositivo della sentenza impugnata, si tratta di un errore di trascrizione irrilevante che non ha influito sull’esercizio del diritto di difesa delle parti.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione degli artt. 1956 e 2697 c.c. e art. 115 c.p.c., per avere considerato come fatto non contestato la concessione del nuovo credito in data 24 marzo 2004, invece contestato dalla Banca e per avere fatto implicita e impropria applicazione del principio di non contestazione, in applicazione dell’art. 115 c.p.c. nella nuova formulazione (derivante dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 14,) inapplicabile ratione temporis nella specie.

La prima censura formulata nel motivo aggredisce fondatamente la ratio decidendi posta a fondamento della sentenza impugnata, con la quale la Corte territoriale ha considerato “irreversibilmente acquisito in giudizio” il fatto della concessione di nuovo credito che, invece, la banca aveva contestato anche nell’atto di appello, ove aveva osservato: “si torna a ribadire che nel caso di specie non vi è stata alcuna nuova concessione di credito dalla BAPV alla F.lli D.C. di T. G. e C. s.a.s.”.

La seconda censura svolta nel motivo è assorbita, come sono assorbiti anche il secondo e terzo motivo riguardanti la questione della novità del credito e della conoscenza da parte dei fideiussori dell’aggravamento delle condizioni patrimoniali del debitore.

Con il quarto motivo la banca denuncia violazione degli artt. 112,346 c.p.c. e art. 1956 c.c., per avere dichiarato i fideiussori liberati dalla fideiussione in accoglimento di una domanda mai proposta, essendosi essi limitati nell’atto di appello a chiedere di “dichiarare l’ammissibilità della domanda di invalidità della fideiussione” ed avendo formulato tardivamente nella comparsa conclusionale la domanda diretta a fare “dichiarare la invalidità della fideiussione”.

Esso è infondato. Il motivo di appello proposto da D.C.V. e T.S.R. è stato incensurabilmente interpretato dalla corte di appello come veicolo di una domanda conforme a quella già formulata in primo grado dagli originari attori dinanzi al tribunale che l’aveva giudicata nel merito rigettandola. L’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato al giudice del merito e incensurabile in sede di legittimità per ultrapetizione, visto che l’eventuale errore del giudice non si configura come error in procedendo, ma attiene al momento logico relativo all’accertamento in concreto della volontà della parte (Cass. n. 31546 del 2019, n. 20718 del 2018, n. 30684 del 2017).

In accoglimento del primo motivo, la sentenza impugnata è cassata con rinvio alla Corte d’appello di Roma per un nuovo esame e per le spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo motivo nei termini di cui in motivazione, dichiara assorbiti il secondo e terzo motivo e rigetta il quarto; in relazione al motivo accolto, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2021

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