Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10251 del 12/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10251 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 8537-2010 proposto da:
PERIN ETTORE (PRNTTR61L04A568B), elettivamente domiciliato in
ROMA, PIAZZA COLA DI RIENZO 69, presso lo studio
dell’avvocato FERRETTI ALDO, che lo rappresenta e difende
unitamente agli avvocati CASELLA LUCIA, SCUDIER GIOVANNI
giusta procura a margine;
– ricorrente contro

S.A.I. ASSICURAZIONI S.p.A. (ora FONDIARIA S.A.I. S.p.A.);
– intimata avverso la sentenza n. 375/2009 della CORTE D’APPELLO di
VENEZIA, depositata il 02/03/2009, R.G.N. 1844/2003;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 19/02/2014 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito l’Avvocato CARLO DE ANGELIS per delega;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. VINCENZO GAMBARDELLA, che ha concluso per il rigetto
del ricorso.
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Data pubblicazione: 12/05/2014

RITENUTO IN FATTO
1.

– Con sentenza resa pubblica il 2 marzo 2009, la

Corte di appello di Venezia confermava la sentenza del
Tribunale di Padova che aveva dichiarato prescritto il
diritto di Ettore Perin, il quale, con atto di citazione
notificato il 18 maggio 1990, chiedeva di essere indennizzato
dalla propria assicurazione S.A.I S.p.A. (successivamente

27.494.822, subito dall’autovettura tenuta in locazione
finanziaria, ed assicurata presso detta compagnia, a seguito
di sinistro stradale verificatosi il 16 luglio 1988 e
denunciato all’assicurazione il successivo 22 luglio.
La Corte territoriale escludeva, al pari del primo
giudice, che la missiva in data 26 luglio 1988, inviata dalla
S.A.I. al Perin (e con cui la prima “affermava che appena in
possesso della perizia sarebbe stata sua premura mettersi in
contatto con l’assicurato per la definizione al meglio del
sinistro”), potesse concretare sia una sospensione del
decorso della prescrizione annuale, dalla denuncia del
sinistro, del diritto all’indennizzo, sia un riconoscimento
di debito con rinuncia alla prescrizione stessa.
Secondo il giudice di appello, la missiva poteva dar
luogo soltanto all’interruzione della prescrizione, ma non
già alla sua sospensione, non operando in tal senso “l’inizio
delle eventuali trattative”, non essendo inibito
all’assicurato, anche durante il periodo di trattative
medesime, “di poter comunque esperire azione nei confronti
dell’assicuratore e di interrompere la prescrizione con
diffida”. Né, infine, “l’instaurarsi delle trattative di cui
alla missiva” poteva rappresentare un riconoscimento di
debito con rinuncia alla prescrizione che, nella specie, a
quel momento non era ancora maturata.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre Ettore
Perin sulla base di due motivi.

2

Fondiaria-S.A.I. S.p.A.) per il danno, ammontante a lire

Non ha svolto attività difensiva l’intimata S.A.I.
Assicurazioni S.p.A., ora Fondiaria-S.A.I. S.p.A.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa
applicazione degli artt. 2935 e 2952, secondo comma, cod.
civ.

sospensivo alla missiva inviata il 26 luglio 1988
dall’assicuratore al proprio assicurato, giacché questa,
lungi dall’integrare l’inizio di trattative dirette al
bonario componimento, costituiva un vero e proprio
riconoscimento di debito, dal quale, pertanto, sarebbe dovuto
discendere la sospensione della prescrizione del diritto
all’indennizzo e ciò sino alla conclusione della procedura
per la liquidazione dello stesso, essendo, per l’appunto,
ormai incontestato l’an debeatur.
Viene formulato il seguente quesito di diritto: “Dica
codesta Suprema Corte se la comunicazione con cui la
compagnia di assicurazione avverte l’assicurato – il quale le
abbia tempestivamente denunciato il sinistro – che la stessa
sta svolgendo una perizia volta alla quantificazione del
danno e, quindi, del risarcimento e che, all’esito della
perizia, contatterà l’assicurato per definire il risarcimento
del danno stesso, sospende il decorso della prescrizione ex
art. 2952, comma secondo, c.c.”.
1.1. – Il motivo è inammissibile.
Esso, infatti, denuncia sotto il profilo della
violazione di legge il giudizio della Corte di appello circa
l’efficacia del comportamento della compagnia assicuratrice,
quale atto di riconoscimento, o meno, del proprio debito
verso l’assicurato, che comporta una valutazione di merito,
censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo dei
vizi di motivazione (tra le altre, Cass., 22 settembre 2006,
n. 20692).

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La Corte territoriale avrebbe errato nel negare effetto

La Corte di appello ha, infatti, ritenuto che la missiva
inviata al Perin dalla propria compagnia di assicurazione, in
data 26 luglio 1988, integrasse solo gli estremi
dell’instaurazione di trattative fra le parti e non
costituisse affatto riconoscimento del diritto altrui e del
proprio debito. Di qui, l’ulteriore inferenza circa l’assenza
di una causa di sospensione della prescrizione del diritto

detto, non censurabile sotto il profilo della violazione di
legge.
Peraltro, il giudizio così espresso dal giudice di
merito non può neppure essere scalfito dal mero richiamo
dell’orientamento di questa Corte in tema di sospensione del
termine prescrizionale del diritto dell’assicurato in ragione
dell’esistenza di perizia contrattuale. In primo luogo, si
verrebbe, in modo inammissibile, a sostituire gli esiti
dell’interpretazione del giudice di merito in ordine al
comportamento tenuto dall’assicuratore con quelli auspicati
dalla parte ricorrente. Inoltre, non si terrebbe conto della
portata stessa del principio invocato.
Si è difatti affermato, in più di un’occasione (di
recente, Cass., 13 marzo 2012, n. 3961) che,
nell’assicurazione contro i danni, la previsione della
perizia contrattuale, rendendo inesigibile il diritto
all’indennizzo fino alla conclusione delle operazioni
peritali, sospende fino a tale momento la decorrenza del
relativo termine di prescrizione ex art. 2952, secondo comma,
cod. civ. Sicché, affinché possa applicarsi il principio
anzidetto occorre che operi una specifica clausola della
polizza assicurativa che disciplini detto istituto e che
questa sia oggetto di specifica allegazione e prova da parte
dell’interessato alla sua applicazione.
Nella sentenza impugnata non emerge affatto che il thema
decidendum

abbia riguardato la portata del programma

negoziale assicurativo di cui alla polizza del Perin, né
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dell’assicurato, che rappresenta un convincimento, come

tantomeno quest’ultimo ne fa cenno in ricorso, mancando, in
ogni caso, di riportare i contenuti stessi della polizza,
della quale non è chiaro neppure a quale tipo di
assicurazione si correli.
Invero, con il motivo di ricorso in esame si dà per
scontata la rilevanza di un principio di diritto, senza che
si alleghino – e che si assuma siano stati già allegati nel

all’applicazione del principio stesso (nella specie
l’esistenza, per l’appunto, di apposita clausola di polizza
prevedente la perizia contrattuale).
2. – Con il secondo mezzo è dedotta “omessa,
insufficiente, contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360, n. 5,
c.p.c.”.
La Corte territoriale non avrebbe adeguatamente motivato
sul punto relativo alla sospensione della prescrizione,
mancando di bene evidenziare le ragioni per cui detto effetto
non si sarebbe verificato, attribuendo «alla fase della
quantificazione del danno che … si era aperta a seguito ed in
ragione della citata missiva 26.7.1988 dell’assicurazione, la
semplicistica qualifica di “trattative”».
Sarebbe, peraltro, errata la motivazione in punto di
rinuncia della prescrizione, che esso appellante non avrebbe
mai invocato.
2.1 – Il motivo è, anch’esso, inammissibile.
Ancor prima del rilievo per cui la motivazione resa
dalla Corte territoriale non è aggredita nel ragionamento
intrinseco che la sorregge, ma ad essa si oppone unicamente
la lettura di parte delle emergenze istruttorie rilevanti (la
portata del contenuto della missiva in data 26 luglio 1988,
la quale non è neppure trascritta per intero e non vi è
specifica indicazione circa la sua collocazione nel fascicolo
processuale; cfr. Cass., sez. un., 3 novembre 2011, n.
22726), l’inammissibilità deriva dall’applicazione del
5

giudizio di merito – i fatti che darebbero luogo

seguente principio di diritto (di recente ribadito da Cass.,
18 novembre 2011, n. 24255; ìn precedenza anche Cass., sez.
un., 1 0 ottobre 2007, n. 20603): “è inammissibile, ai sensi
dell’art. 366-bis cod. proc. civ., per le cause ancora ad
esso soggette, il motivo di ricorso per omessa, insufficiente
o contraddittoria motivazione qualora non sia stato formulato
il c.d. quesito di fatto, mancando la conclusione a mezzo di

fatto decisivo controverso sia rilevabile dal complesso della
formulata censura, attesa la ratio che sottende la
disposizione indicata, associata alle esigenze deflattive del
filtro di accesso alla S.C., la quale deve essere posta in
condizione di comprendere, dalla lettura del solo quesito,
quale sia l’errore commesso dal giudice di merito”.
Principio, questo, applicabile nella specie in ragione del
fatto che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 2 marzo
2009 e, quindi, nella vigenza della disciplina dettata
dall’art. 366-bis cod. proc. civ., pienamente operante
ratione temporis. Infatti,

detta disposizione processuale ha

iniziato ad esplicare i propri effetti in relazione alle
sentenze pubblicate a decorrere dal 2 marzo 2006, data di
entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, che l’ha
introdotta, e ha cessato di essere applicabíle a decorrere
dal 4 luglio 2009 e cioè dalla sua abrogazione ad opera
dell’art. 47 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Cass., 24
marzo 2010, n. 7119).
6. – Il ricorso va, dunque, dichiarato inammissibile;
non vi è luogo alla regolamentazione delle spese del presente
giudizio di legittimità per non aver l’intimata svolto
attività difensiva in questa sede.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
dichiara inammissibile il ricorso.

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0<- apposito momento di sintesi, anche quando l'indicazione del Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in data 19 febbraio 2014.

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