Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10250 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/05/2020, (ud. 29/01/2020, dep. 29/05/2020), n.10250

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – rel. Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Maria – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA Fabio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 28172/2013 R.G. proposto da:

Albatros Polimeri S.p.A. in liquidazione, elettivamente domiciliata

in Roma, Via Antonio Allegri da Correggio n. 13, presso lo Studio

dell’Avv. Lorenza Roberta Leone, che la rappresenta e difende,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

la quale è domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Lombardia n. 118/20/13, depositata il 13 giugno 2013.

Sentita la relazione svolta nella udienza camerale del 29 gennaio

2020 dal Consigliere Dott. Bruschetta Ernestino Luigi;

Fatto

RILEVATO

1. che con l’impugnata sentenza la Regionale della Lombardia, in riforma della prima decisione, respingeva il ricorso promosso da Albatros Polimeri S.p.A. avverso due distinti avvisi con i quali l’ufficio recuperava IRES IRAP IVA 2005 2006 in relazione a operazioni ritenute soggettivamente inesistenti aventi i caratteri della frode carosello;

2. che, dopo aver respinto l’eccezione di inammissibilità dell’appello dell’Agenzia, sollevata dalla contribuente per difetto di specificità dei motivi, osservando a riguardo la Regionale che, non avendo il primo giudice motivato sugli elementi di prova offerti dall’ufficio, legittimamente l’amministrazione aveva riproposto alla migliore valutazione del giudice di secondo grado le stesse identiche prove; nel merito, la Regionale riteneva che i processi verbali della G.d.F., che erano serviti da fonte d’innesco dei due accertamenti, avevano documentato che le vendite della contribuente alla Società di diritto slovacco erano solo cartolari, che difatti la merce non si muoveva dal deposito fiscale; merce che era in seguito venduta, ancora in modo cartolare, dalla Società di diritto estero a Società cartiere italiane, senza organizzazione aziendale, che non versavano IVA, le quali provvedevano all’estrazione dal deposito e alla vendita ai clienti della stessa contribuente Albatros Polimeri S.p.A., in tal modo consentendo a quest’ultima di costituire illegittimamente il plafond previsto per l’esportatore abituale; laddove, invece, la medesima contribuente non aveva indicato alcuna prova circa la sua non colpevole “utilizzazione dei proventi” derivati dalle suddette operazioni soggettivamente inesistenti, non potendosi ritenere prova idonea, per costante giurisprudenza, la formale regolarità della contabilità e dei pagamenti;

3. che la contribuente ricorreva per tre motivi, anche illustrati da memoria, mentre l’ufficio resisteva con controricorso, di cui non v’è però prova della notifica.

Diritto

CONSIDERATO

1. che, con il primo motivo, inesattamente formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la contribuente lamentava la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 53, per aver la Regionale erroneamente respinto l’eccezione di inammissibilità dell’avversario appello; e questo perchè, a giudizio della contribuente, l’amministrazione si era semplicemente limitata a riproporre gli stessi fatti e questioni già sottoposti alla Provinciale, senza fare alcuna precisa critica alla prima sentenza, con il conseguente denunciato difetto di specificità dei motivi di impugnazione;

1.1. che la doglianza è però infondata, bastando a riguardo rammentare che il motivo d’appello non deve essere nuovo, bensì specifico, cioè inteso a precisare la materia del contendere, ciò che può farsi anche chiedendo al secondo giudice di valutare e di decidere in modo diverso le identiche questioni negativamente valutate o decise dalla CTP (Cass. sez. trib. n. 32838 del 2018; Cass. sez. trib. n. 3064 del 2012);

2. che, con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, la contribuente rimproverava alla Regionale di non aver pronunciato sulle prove documentali che aveva offerte, evidenziando in proposito la regolarità delle fatture di vendita, oltrechè la certezza dei documentati pagamenti; che, in via subordinata, con il terzo motivo, questa volta formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la contribuente declinava la precedente censura in quella di vizio di omesso esame di fatti decisivi e discussi;

2.2. che i due motivi, che conviene trattare congiuntamente per economia processuale, sono inammissibili; e questo perchè, in primo luogo, l’omessa pronuncia può soltanto riguardare una domanda ovvero un’eccezione, quando cioè sia mancante il provvedimento indispensabile per risolvere la controversia sulle stesse, non quando manchi o sia insufficiente la valutazione delle prove (Cass. sez. II n. 6368 del 2019; Cass. sez. I n. 18491 del 2018); dovendosi, comunque, far osservare che la Regionale ha in realtà scrutinato le fatture e i documenti di pagamento, giudicandoli in diritto irrilevanti, come si è avuto cura di evidenziare in narrativa del presente, ciò che peraltro è anche conforme alla giurisprudenza della Corte (Cass. sez. trib. n. 27566 del 2018; Cass. sez. trib. n. 21104 del 2018); che, infine, il “nuovo” art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come noto, garantisce esclusivamente il “minimo costituzionale di motivazione”, non contemplando pertanto la possibilità di censurare l’omessa o insufficiente valutazione di prove, che si tradurrebbe in un vizio di insufficiente motivazione che non è più previsto tra i motivi di ricorso per cassazione (Cass. sez. un. 8053 del 2014).

3. In assenza della prova della notifica del controricorso, non deve farsi luogo ad alcun regolamento di spese processuali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il giorno 29 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 29 maggio 2020

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