Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10250 del 12/05/2014


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10250 Anno 2014
Presidente: RUSSO LIBERTINO ALBERTO
Relatore: VINCENTI ENZO

SENTENZA
sul ricorso 14268-2008 proposto da:
COSTANZO MASSIMILIANO (CSTMSM65Al2H501Q), elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA NIZZA 45, presso lo studio
dell’avvocato BORROMEO CARLO, che lo rappresenta e difende
giusta delega a margine;
– ricorrente contro

COLLANICCHIA

LUCIA

(CLLLCU41C42H501W),

elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA COLLATINA 91, presso lo studio

251u,

432,

dell’avvocato TOMASELLI EDMONDO, che la rappresenta e difende
giusta delega a margine;
– controricorrente –

ti

avverso la sentenza n. 1712/2007 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 12/04/2007, R.G.N. 7362/2003;

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Data pubblicazione: 12/05/2014


udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
del 19/02/2014 dal Consigliere Dott. ENZO VINCENTI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale
Dott. VINCENZO GAMBARDELLA, che ha concluso per la rimessione
del ricorso alle Sezioni Unite o, in subordine, per il
rigetto.
RITENUTO IN FATTO

ottenuto in data 2 dicembre 1999 da Massimiliano Costanzo per
la restituzione della somma di lire 27.000.000 oltre
accessori, Lucia Collanicchia eccepiva la prescrizione del
credito, che il ricorrente pretendeva in base a scrittura
privata, del 31 maggio 1986, per la vendita inter partes di
un immobile per il prezzo di lire 55.000.000, rispetto al
quale era stato versato, all’atto della sottoscrizione,
l’importo poi oggetto dell’ingiunzione; contratto dichiarato
nullo – perché simulante un mutuo garantito da patto
commissorio vietato ai sensi dell’art. 2744 cod. civ. – in
forza di sentenza del Tribunale di Roma in data 16 dicembre
1995, resa nel giudizio intentato dal Costanzo al fine di
ottenere, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., il trasferimento
coattivo dell’immobile.
2. – L’eccezione di prescrizione sollevata dalla
Collanicchia era rigettata dal Tribunale di Roma con sentenza
non definitiva del luglio 2002, ma il gravame dalla medesima
interposto avverso tale decisione veniva accolto dalla Corte
di appello di Roma, che, con sentenza resa pubblica il 12
aprile 2007, dichiarava estinto per prescrizione il diritto
alla restituzione dell’importo vantato Massimiliano Costanzo
in forza di decreto ingiuntivo del 2 dicembre 1999.
2.1. – La Corte territoriale osservava che il Costanzo
avrebbe dovuto interrompere la prescrizione del diritto alla
restituzione della somma portata dal provvedimento monitorio
con “un idoneo atto interruttivo, diverso dalla promozione
del giudizio volto ad ottenere l’esecuzione specifica

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l. – In sede di opposizione a decreto ingiuntivo

é

prevista dall’art. 2932 cod. civ.”, ciò in quanto, essendo
l’impedimento al decorso della prescrizione “solo di
carattere legale”, l’ingiungente “ben poteva legittimamente e
tempestivamente esercitare il diritto alla restituzione di
quanto versato (anziché, infondatamente, richiedere il
trasferimento dell’immobile) già nel corso dell’altro
giudizio, oppure con azione separata, oppure, in ogni caso,

In effetti, soggiungeva il giudice di appello, a fronte
di tali rilievi si rendeva manifesto l’errore del primo
giudice nell’applicare il principio per cui “l’esercizio di
un diritto nascente da un determinato titolo rappresenta
impedimento per il decorso della prescrizione relativa ad
altro diritto, alternativo, nascente dal medesimo titolo”, là
dove “al Costanzo il diritto alla restituzione della somma
non derivava affatto dal medesimo titolo sul quale si basava
la domanda di adempimento in concreto da lui avanzata con la
citazione del 10.12.1986, bensì dal contratto di mutuo, che è
titolo essenzialmente diverso” e che era “il titolo veramente
voluto dalle parti, per quanto dissimulato”.
Donde la prescrizione dell’azionato diritto alla
restituzione, essendo il termine di completamento della
restituzione della somma ricevuta a mutuo dalla Collanicchia
da individuarsi nel 30 giugno 1987, mentre il decreto
ingiuntivo recava la data del 2 dicembre 1999.
3. – Per la cassazione di tale sentenza ricorre
Massimiliano Costanzo sulla base di due motivi.
Resiste con controricorso Lucia Collanicchia.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. – Con il primo mezzo è denunciata, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione dell’art. 2935 cod. civ.
La Corte territoriale avrebbe errato nel non considerare
che la prescrizione del “diritto alla ripetizione di quanto
pagato dal Costanzo, a titolo di acconto, al momento della
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formulare intimazione o richiesta scritta”.

conclusione del preliminare” poteva decorrere, ai sensi
dell’art. 2935 cod. civ., soltanto “dal giorno del passaggio
in giudicato della sentenza 16436/95 che ha dichiarato la
nullità della scrittura del 31.5.1986”, posto che in
precedenza ciò non sarebbe stato possibile “sussistendo la
causa solvencli portata dal contratto preliminare in essere”.
Del resto, soltanto se la causa solvendi

fosse stata assente

decorrere dall’esecuzione della prestazione, ma non già
nell’ipotesi di nullità (come nella specie) o annullamento
del contratto, e cioè di “mancanza sopravvenuta” della
solvendi,

causa

poiché in tal caso l’interesse alla restituzione

dell’indebito “diviene attuale” solo dall’accertamento
definitivo dell’indebito stesso, mentre “prima di allora
permane l’esistenza del titolo che aveva dato luogo al
versamento della somma ed è, quindi, esclusa la possibilità
legale dell’esercizio del diritto ai sensi dell’art. 2935
c. c.”.
Viene formulato il seguente quesito di diritto: “Dica la
Suprema Corte di Cessazione se il diritto alla ripetizione di
quanto pagato dal promittente acquirente sorge all’esito
della dichiarazione giudiziale di nullità del contratto
preliminare riqualificato come contratto di mutuo con vendita
a scopo di garanzia”.
1.1. – Il motivo è infondato, per la parte in cui non è
inammissibile.
La tesi su cui esso si fonda cede dinanzi alla portata
del più recente orientamento espresso da questa Corte (Cass.,
13 aprile 2005, n. 7651; Cass., 15 luglio 2011, n. 15669), ed
al quale il Collegio intende dare continuità, secondo cui
“l’accertata nullità del negozio giuridico, in esecuzione del
quale sia stato eseguito un pagamento, dà luogo ad un’azione
di ripetizione di indebito oggettivo, volta ad ottenere la
condanna alla restituzione della prestazione eseguita in
adempimento del negozio nullo, il cui termine di prescrizione
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originariamente il termine di prescrizione sarebbe potuto

inizia a decorrere non già dalla data del passaggio in
giudicato della decisione che abbia accertato la nullità del
titolo giustificativo del pagamento, ma da quella del
pagamento stesso”. Ciò in ragione, essenzialmente, della
natura che riveste la pronuncia di nullità del negozio, che,
essendo di mero accertamento, ha efficacia retroattiva con
caducazione fin dall’origine dell’atto e della modifica della

accade nell’ipotesi di ripetizione del pagamento effettuato
in base a norma successivamente dichiarata incostituzionale.
Peraltro, l’assorbenza del principio di diritto sopra
rammentato ai fini della delibazione di infondatezza del
motivo, non può esimere dal rilevare che, nella specie, la
doglianza non coglie appieno la ratio

decidendi

della

sentenza impugnata, insistendo sulla unicità del rapporto,
quello di compravendita, esistente tra le parti,
asseritamente venuto meno soltanto con la declaratoria
giudiziale di nullità. Invero, la decisione del giudice del
gravame si incentra, essenzialmente, sul fatto che il negozio
realmente voluto dalle parti, e che pertanto dettava
l’effettiva regolamentazione del loro rapporto giuridico
prima ancora della dichiarata nullità del contratto oggetto
di simulazione, fosse non già, per l’appunto, il simulato
contratto di compravendita immobiliare, bensì un dissimulato
contratto di mutuo, garantito da patto commissorio, in forza
del quale il Costanzo aveva versato l’importo di lire
27.000.000 alla Collanicchia e questa si era impegnata a
restituirla ratealmente. Sicché, in tale prospettiva, assunta
dal giudice del merito in base ad un apprezzamento neppure
censurato nella sua intrinseca portata, il titolo da cui
derivava il diritto alla restituzione delle somme in favore
del Costanzo era il contratto dissimulato di mutuo e non già
il negozio simulato di compravendita in forza del quale è
stato instaurato il giudizio ex art. 2932 cod. civ., ben
potendo il medesimo mutuante agire in giudizio in base a
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situazione giuridica preesistente, non diversamente da quanto

quest’ultimo titolo o, in ogni caso, farlo valere ai fini
interruttivi della prescrizione.
2. – Con il secondo mezzo è dedotta, ai sensi dell’art.
360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa
applicazione dell’art. 2943 cod. civ.
La Corte di appello avrebbe errato nel ritenere che esso
appellato avrebbe dovuto porre in essere un idoneo atto

2932 cod. civ., posto che è orientamento giurisprudenziale
costante quello per cui la domanda giudiziale, proposta da
uno dei soggetti del rapporto giuridico che abbia “ad oggetto
la sussistenza o meno degli elementi costitutivi del rapporto
stesso”, ha efficacia interruttiva della prescrizione “con
riguardo a tutti i diritti che si ricolleghino con stretto
nesso di causalità a quel rapporto, senza che il loro
titolare proponga, nello stesso o in altro giudizio, una
specifica domanda diretta a farli valere”. Nella specie, la
domanda di ripetizione “non poteva che insorgere all’esito
della declaratoria di nullità della scrittura del 31.5.1986”,
essendo soltanto con la sentenza del 1995 venuta meno “la
causa del pagamento e, conseguentemente, è sorto in capo al
Costanzo, il diritto alla ripetizione dell’indebito

ex art.

2033 cod. civ.”.
Viene formulato il seguente quesito di diritto: “Dica la
Suprema Corte di Cassazione se la proposizione di domanda
giudiziale ha efficacia interruttiva della prescrizione con
riguardo a tutti i diritti che si ricolleghino al rapporto
dedotto in giudizio”.
2.1. – Anche il motivo in esame non può trovare
accoglimento.
Premessa la sua inconsistenza là dove si indugia ancora
sulla tesi innanzi contrastata in forza dell’adesione alla
più recente giurisprudenza di questa Corte, è altresì agevole
rilevare che – al fine di poter escludere l’efficacia
interruttiva della prescrizione della domanda giudiziale in
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interruttivo diverso dalla promozione del giudizio ex art.

relazione ai diritti non causalmente collegati al rapporto
giuridico cui essa inerisce – così come si è riconosciuta
autonomia alla domanda di risarcimento del danno rispetto a
quella di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il
contratto, a maggior ragione è da ritenersi autonoma, e non
in stretto nesso causale con quest’ultima, la domanda “volta
ad ottenere la restituzione delle somme versate in vista di

preliminare, stante la sua ancor più spiccata autonomia
rispetto alla domanda di adempimento” (così la citata Cass.
n. 15669 del 2011).
3. – Il ricorso va, dunque, rigettato e il ricorrente
condannato, in quanto soccombente, al pagamento delle spese
del presente giudizio di legittimità, come liquidate in
dispositivo.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del
presente giudizio di legittimità, che liquida in complessivi
euro 1.800,00, di

cui

euro 200,00 per esborsi, oltre

accessori di legge.
Così deciso in

Roma, nella Camera di consiglio della

Sezione Terza civile della Corte suprema di Cassazione, in
data 19 febbraio 2014.

un programma negoziale poi naufragato per nullità del

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