Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10248 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/05/2020, (ud. 28/01/2020, dep. 29/05/2020), n.10248

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 14370/2013 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore,

rappresentata dall’Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio

legale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l’Avvocatura

Generale dello Stato.

– ricorrente –

contro

ACQUA NOVARA VCO SPA, (incorporante la SERVIZI IDRICI NOVARESI SPA,

in liquidazione), rappresentata e difesa dall’avv. Mario De Stefano,

elettivamente domiciliata in Roma, via Flaminia, n. 785, presso

l’avv. Valentina Adornato.

– controricorrente –

EQUITALIA NORD SPA

– intimata-

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del

Piemonte, sezione n. 6, n. 19/06/13, pronunciata il 15/01/2013,

depositata il 25/02/2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28 gennaio

2020 dal Consigliere Dott. Guida Riccardo.

Fatto

RILEVATO

che:

la controversia riguarda l’impugnazione di due cartelle di pagamento per il recupero degli interessi sulle somme corrispondenti alle agevolazioni (c.d. regime di moratoria fiscale) di cui Servizi Idrici Novaresi Spa (in seguito: “SIN Spa”), aveva beneficiato, nei periodi d’imposta 1998 e 1999, che la Commissione Europea, con decisione del 05/06/2002, n. 2003/193/CE, aveva qualificato come indebiti aiuti di Stato;

l’Agenzia delle entrate, conseguentemente, emise (in data 18/04/2007) due comunicazioni-ingiunzioni di pagamento per il recupero di somme equivalenti alle imposte non versate, nel biennio della moratoria fiscale, maggiorate degli interessi composti;

ne seguì un contenzioso che, all’esito della pronuncia di cassazione con rinvio di questa Corte (Cass. 9/11/2010, n. 23420), si concluse con la pronuncia della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 83/38/11 del 23/11/2011 (passata in giudicato), che confermava la legittimità delle citate comunicazioni-ingiunzioni;

l’Amministrazione finanzia, a questo punto, notificò alla società due cartelle di pagamento contenenti l’iscrizione a ruolo degli importi dovuti, a titolo di recupero dell’aiuto di Stato e a titolo di interessi (per il biennio 1998-1999), in forza della detto giudicato, che SIN Spa provvide a saldare;

il 20/12/2011 l’Agente della riscossione notifico alla società altre due cartelle di pagamento (ed è questo l’oggetto dell’attuale contenzioso), recanti gli importi di Euro 17.433,54, per l’anno 1998, e di Euro 12.120,11, per il 1999, quali somme iscritte a ruolo a titolo di “conguaglio di interessi”;

la contribuente impugnò queste ultime cartelle di pagamento, contestando nell’an e nel quantum debeatur la pretesa erariale, e la Commissione tributaria provinciale di Novara stabilì che le ulteriori liquidazioni di somme addebitate a titolo di interessi, pur avendo origine nel medesimo provvedimento (“comunicazione/ingiunzione”) emesso in applicazione della normativa per il recupero degli aiuti di Stato, rappresentano nuovi atti impostivi, che risultavano illegittimi in quanto privi degli elementi necessari al fine di individuare i criteri di calcolo degli importi ulteriormente liquidati a titolo di interessi; secondo il giudice di prima istanza, questi ultimi dovevano essere determinati come interessi semplici per il periodo anteriore al 14/02/2007 e come interessi composti, per il periodo successivo, con ricalcolo annuale del tasso a partire dal 14/04/2008;

hanno interposto appello principale l’Agenzia delle entrate e appello incidentale SIN Spa; la Commissione tributaria regionale del Piemonte, con la sentenza indicata in epigrafe, ha respinto l’appello erariale ed ha accolto quello della contribuente, sulla base delle seguenti considerazioni: (a) la controversia, riguardante il recupero di ulteriori interessi (per Euro 28.235,85), maturati, secondo l’ufficio, a conguaglio dal 21/06/1999 al 24/03/2012, è incentrata sulla questione di diritto che consiste nello stabilire a partire da quando debbano essere applicati gli interessi composti previsti dal regolamento CE n. 794/2004; (b) il primo giudice ha ritenuto che gli interessi sono dovuti “a capitalizzazione semplice” fino all’entrata in vigore del D.L. n. 10 del 2007 (14/02/2007), mentre successivamente sono dovuti gli interessi composti; (c) è priva di fondamento la domanda dell’ufficio di declaratoria d’inammissibilità dell’appello (incidentale) della contribuente, perchè coperto da giudicato esterno, in quanto la pretesa erariale riguarda interessi nuovi rispetto a quelli già pagati dalla società; (d) il Regolamento CE n. 794/2004 prevede interessi composti (“considerando” quindicesimo, art. 13) applicabili solo alle decisioni di recupero notificate successivamente alla sua entrata in vigore (20/05/2004); (e) la normativa comunitaria, per la giurisprudenza di legittimità e costituzionale, non può essere “superata o elusa” dalla legge di uno Stato membro, sicchè il legislatore nazionale non avrebbe potuto recepire “nel 2007, con il D.L. n. 10 del 2007 la direttiva in modo difforme o estensiva da essa”; (f) in forza della prevalenza della legge comunitaria, non possono pretendersi, anche ai sensi dell’art. 1283 c.c., “interessi anatocistici o di capitalizzazione composta per periodi e recuperi” degli aiuti illegittimi, antecedenti all’entrata in vigore del detto Reg. C.E.;

l’Agenzia ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione regionale, con quattro motivi; la contribuente resiste con controricorso;

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. con il primo motivo del ricorso (1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per avere trascurato che sui criteri di calcolo degli interessi adottati dall’Amministrazione finanziaria si era formato un giudicato (esterno) favorevole all’erario, giusta sentenza della CTR del Piemonte n. 83/38/11 (passata in giudicato), che aveva definito il giudizio d’opposizione alle comunicazioni-ingiunzioni volte al recupero degli aiuti di Stato, alle quali (successivamente) era stata data attuazione tramite le cartelle, oggetto di questo giudizio, riguardanti l’iscrizione a ruolo degli interessi a conguaglio, sulle somme oggetto di recupero di aiuto di Stato;

rimarca di avere correttamente dedotto, sia in primo grado (nelle controdeduzioni) che con l’atto di appello, l’inammissibilità del ricorso della contribuente per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 19, che consente l’impugnazione di un atto soltanto per vizi propri, quale eccezione che la Commissione piemontese aveva erroneamente disatteso;

2. con il secondo motivo (2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), la precedente censura è sussunta al parametro dell’art. 360, c.p.c., comma 1, n. 3;

3. con il terzo motivo (3) Violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 19, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4), in subordine rispetto ai due motivi precedenti, l’Agenzia censura la sentenza impugnata per non avere rilevato che, posto che i criteri di liquidazione degli interessi erano già indicati nelle originarie comunicazioni-ingiunzioni, ogni contestazione relativa agli stessi criteri avrebbe potuto essere fatta valere (come pure era accaduto) nel giudizio presupposto, avverso le comunicazioni medesime, conclusosi con la detta sentenza n. 83/38/11 della CTR piemontese, mentre non avrebbe potuto essere dedotta con l’impugnazione delle cartelle, emesse in via consequenziale e attuativa, impugnabili solo per vizi propri;

4. con il quarto motivo (4) Violazione e falsa applicazione del D.L. n. 10 del 2007, art. 1, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3), l’Agenzia censura la sentenza impugnata per non avere considerato che l’Amministrazione finanziaria aveva correttamente applicato il regime dell’interesse composto, come previsto dal D.L. 15 febbraio 2007, n. 10, art. 1, il quale ha stabilito – in ambito nazionale – uno specifico metodo di calcolo degli interessi, sicchè l’eventuale esistenza di una normativa comunitaria più favorevole al debitore non rileverebbe in quanto, per la prassi comunitaria in tema di recupero degli aiuti di Stato, se il calcolo del tasso degli interessi secondo il diritto nazionale è più rigoroso di quello stabilito dal Reg. C.E., vanno applicate le norme nazionali più severe;

sotto altro profilo, l’Agenzia rileva che l’asserita inapplicabilità ratione temporis agli anni in contestazione (periodi d’imposta 1998 – 1999) del Reg. C.E. n. 794/2004 non era idonea, di per sè, a dimostrare la fondatezza della prospettazione della contribuente; infatti, detto regolamento, meramente ricognitivo di una prassi invalsa presso la Commissione Europea almeno dal 1997, era privo di effetti novativi, il che ne consentiva l’applicazione a fattispecie anteriori alla sua entrata in vigore. E’ pur vero che il Regolamento 30 gennaio 2008, n. 271/2008/C.E. – indicato dalla contribuente – aveva poi modificato i criteri di calcolo degli interessi, dettando una disciplina più favorevole al beneficiario degli aiuti di Stato, ma tale disposizione era entrata in vigore il 14/04/2008, mentre le comunicazioni-ingiunzioni in esame erano state notificata il 18/04/2007, e si reggevano sui criteri di calcolo dettati dalla normativa all’epoca in vigore (ossia il testo originario dell’art. 11, comma 3, del Reg. C.E. n. 794/2004);

5. i primi tre motivi, da esaminare congiuntamente per la comune matrice giuridica, sono infondati;

il fulcro della doglianza dell’Agenzia consiste nella prospettata inammissibilità dell’impugnazione delle cartelle di pagamento, volte al recupero del conguaglio degli interessi sugli aiuti di Stato indebitamente corrisposti, fondata non già su vizi propri delle cartelle, bensì sulla dedotta erroneità dei criteri di calcolo degli interessi medesimi, profilo giuridico quest’ultimo – che, secondo la tesi erariale, sarebbe già coperto dal giudicato riguardante l’opposizione alle comunicazioni-ingiunzioni con le quali l’Agenzia aveva proceduto al recupero delle agevolazioni fiscali per gli anni 1998-1999;

l’argomento dell’ufficio, però, non coglie affatto la ratio che sorregge le decisioni delle commissioni territoriali che, come risulta dal testo della sentenza qui impugnata, nel disattendere la critica dell’Agenzia, sopra precisata, hanno affermato – in sintesi – che le ulteriori liquidazioni di somme, a titolo di interessi, pur scaturendo dalle dette comunicazioni-ingiunzioni (emesse in applicazione della normativa sul recupero degli aiuti di Stato), dovevano essere configurate, sul piano giuridico, come nuovi atti impositivi, (nella specie) illegittimi in quanto privi delle determinazioni poste a base di tali ulteriori recuperi e dei criteri di calcolo degli interessi;

da un altro punto di vista, la tesi del giudicato esterno (quello che ha statuito in merito alle originarie comunicazioni-ingiunzioni per il recupero delle agevolazioni fiscali) collide con la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (Corte giust. 18 luglio 2007, in causa C119/05, Lucchini), che nega l’efficacia espansiva del giudicato qualora ciò non consenta il recupero di un aiuto di Stato dichiarato incompatibile con il mercato comune da una decisione della Commissione Europea divenuta definitiva, entrando in tal caso in questione i principi di ripartizione delle competenze tra gli Stati membri e l’Unione Europea, posto che la Commissione Europea dispone di una competenza esclusiva per esaminare la compatibilità di una misura nazionale di aiuti di Stato con il mercato comune (Cass. nn. 26285 del 2010, 11228 del 2011, 6538 del 2012, 4832 del 2015; 23949 del 2016);

6. il quarto motivo è fondato;

6.1. è utile richiamare l’orientamento ormai consolidato di questa Corte, espresso anche di recente (Cass. 15/01/2019, n. 729; conf.:23/11/2016, n. 23949, cit.), al quale il Collegio aderisce, secondi cui: “In tema di recupero degli aiuti di Stato, in quanto equivalenti ad agevolazioni fiscali, gli interessi dovuti dal contribuente vanno calcolati, ai sensi del D.L. n. 10 del 2007, art. 1, conv. in L. n. 46 del 2007 (sovrapponibile al D.L. n. 185 del 2008, art. 24, conv., con modif., dalla L. n. 2 del 2009), ed in virtù del rinvio mobile (e non fisso) – al Regolamento CE n. 794 del 2004 della Commissione, su base composta, anche quando la decisione che abbia dichiarato l’incompatibilità dell’aiuto e ne abbia disposto il recupero sia stata adottata (e notificata allo Stato membro) anteriormente all’entrata in vigore di detto regolamento, con il solo limite, in ossequio ai principi di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento, delle situazioni acquisite ovvero esaurite sotto l’imperio della disciplina previgente, nelle quali già prima di tale data l’aiuto sia stato definitivamente recuperato (su base semplice) o l’avviso di accertamento sia stato emesso (v. Corte di giustizia UE, 3 settembre 2015, causa C-89/14).”;

6.2. svolta questa premessa in punto di diritto, venendo al motivo del ricorso, nella fattispecie concreta: (a) gli aiuti di Stato da recuperare corrispondono ad agevolazioni fiscali di cui la contribuente ha beneficiato nei periodi d’imposta 1998 e 1999; (b) le comunicazioni-ingiunzioni con le quali l’Amministrazione finanziaria ha proceduto al recupero sono state notificate alla debitrice il 18/04/2007; (c) pertanto, alla data di entrata in vigore (16/02/2007) del D.L. n. 10 del 2007, art. 1, gli aiuti in questione non erano già stati recuperati, nè risulta fossero stati già notificati gli atti di recupero o i relativi avvisi; (d) tra le date in cui gli aiuti illegittimi sono stati per la prima volta messi a disposizione della beneficiaria e la data del loro recupero è trascorso più di un anno;

sulla scia dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, ai detti recuperi vanno pertanto applicati, per effetto del rinvio operato dal D.L. n. 10 del 2007, art. 1, comma 3, gli interessi di cui all’art. 11 del Regolamento CE della Commissione Europea n. 794 del 2004 (così come modificato dal Regolamento (CE) della Commissione Europea n. 271/2008 del 30 gennaio 2008), e cioè il tasso di interesse in vigore alla data in cui l’aiuto illegittimo è stato messo per la prima volta a disposizione del beneficiario, ricalcolato a intervalli di un anno sulla base del tasso in vigore nel momento in cui si effettua il ricalcolo, ed applicato secondo il regime dell’interesse composto fino alla data di recupero dell’aiuto, con gli interessi maturati l’anno precedente che producono interessi in ciascuno degli anni successivi;

con la precisazione che, in base all’indirizzo di questa Corte (Cass. 6/11/2019, n. 28553): “In tema di recupero degli aiuti di Stato dichiarati illegittimi con decisione della Commissione Europea n. 193 del 2003, con riguardo alla determinazione degli interessi delle somme da restituire, il rinvio operato dal D.L. n. 185 del 2008, art. 24, comma 4, conv., con modif., dalla L. n. 2 del 2009, al capo V del reg. CE n. 794 del 2004, va inteso come formale ossia mobile (e non sostanziale e fisso), e, quindi, riferito all’art. 11, pt. 3, del cit. reg., come successivamente modificato; pertanto, qualora la metodologia di calcolo complessivamente prevista dal cit. Capo V risulti più favorevole al contribuente, di essa se ne dovrà farne applicazione; qualora invece il nuovo sistema risultasse più svantaggioso, l’atto impositivo dovrà essere confermato nell’entità pretesa dall’Agenzia delle entrate, non essendo consentito al giudice tributario determinare la pretesa impositiva in misura maggiore di quella richiesta dall’Amministrazione, a ciò ostandovi il divieto di ultrapetizione.”;

6.3. la Commissione regionale è incorsa in un errore di diritto, laddove ha escluso tout court l’applicabilità degli interessi composti, a causa di un asserito contrasto tra la normativa nazionale (che prevedeva gli interessi composti) e la normativa comunitaria (che negava gli interessi composti), con la conseguenza che, accolto il motivo, la sentenza è cassata, con rinvio alla CTR del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il quarto motivo del ricorso, rigetta il primo, il secondo e il terzo motivo, cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale del Piemonte, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 29 maggio 2020

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