Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10244 del 20/05/2015


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Civile Sent. Sez. 3 Num. 10244 Anno 2015
Presidente: PETTI GIOVANNI BATTISTA
Relatore: TRAVAGLINO GIACOMO

SENTENZA

sul ricorso 13852-2011 proposto da:
BICCHI GIULIA BCCGLI34D51D786N, CECCARINI STEFANO
CECCARINI

CCCSFN69R11D7861,

MARIA

STELLA

CCCLCN58C68D786F, CECCARINI LUCIANA CCCLCN58C68D786F
anche

quali

eredi

CECCARINI

di

NAZZARENO,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DELLE FORNACI
2014
2347

38, presso lo studio dell’avvocato RAFFAELE ALBERICI,
rappresentati e difesi dall’avvocato PAOLO SPANTINI
giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrenti contro

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Data pubblicazione: 20/05/2015

CARIGE ASSICURAZIONI SPA 01677750158 in persona del
Dott. ALESSANDRO PENZO nella sua qualità di
procuratore speciale, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA CAIO MARIO 27, presso lo studio
dell’avvocato FRANCESCO ALESSANDRO MAGNI, che la

margine del controricorso;
– controricorrente nonchè contro

CAPRINI NADIA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 161/2010 della CORTE D’APPELLO
di PERUGIA, depositata il 26/03/2010, R.G.N.
177/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 12/11/2014 dal Consigliere Dott. GIACOMO
TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato PAOLO SPANTINI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MAURIZIO VELARDI che ha concluso per
il rigetto del ricorso;

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rappresenta e difende giusta procura speciale a

I FATTI
Giulia Bicchi e Nazzareno Ceccarini in qualità di genitori di
Achille Ceccarini, insieme con i figli Maria Stella Luciana e
Stefano, convennero dinanzi al Tribunale di Perugia Nadia
Caprini, Paolo Arcelli e le rispettive compagnie assicuratrici

figlio Achille.
Esposero gli attori che, la sera del 24 ottobre 1998, il giovane
si trovava a bordo della vettura condotta dalla Caprini – la
quale, perso il controllo, si era scontrata frontalmente con
l’auto guidata dall’Arcelli – e aveva riportato lesioni di tale
gravità da indurlo al suicidio nel luglio dell’anno seguente.
Il giudice di primo grado, dichiarata la responsabilità
esclusiva della Caprini nella verificazione dell’incidente,
accolse in parte la domanda, condannando la convenuta – in
solido con la sua compagnia assicuratrice – al pagamento della
somma di oltre 12 mila euro in favore degli attori.
La corte di appello di Perugia, dinanzi alla quale la sentenza
era stata impugnata in via principale dai Ceccarini (solo

chiedendo il risarcimento del danno subito per la morte del

parzialmente vittoriosi) e in via incidentale dala compagnia
assicuratrice della Caprini, accolse parzialmente il gravame
principale,

riconoscendo agli appellanti

il diritto al

risarcimento del danno biologico iure haereditario, quantificato
nella somma di 20.000 euro, e del danno morale, liquidato in
pari misura, anch’esso a titolo di successione in locum et iust
defuncti,

così

elevando tale voce di danno riconosciuta in

3

misura minore in prime cure, con la precisazione che il suddetto
titolo – danno, cioè, mai rivendicato

iure proprio –

doveva

ritenersi definitivamente accertato in mancanza di impugnazione
sul punto.
Osservò, in particolare, il giudice d’appello, sulla scorta

preesistente condizione psichica del Ceccarini (già affetto da
sindrome depressiva maggiore cronica, manifestatasi, tra
l’altro, in epoca precedente al sinistro, in un tentativo di
suicidio attraverso la ingestione volontaria di farmaci), non
aveva per converso rappresentato la causa determinante della
malattia e del suicidio, evento quest’ultimo che non poteva
pertanto essere ricondotto, sul piano causale, neppure in
termini probabilistici, al suddetto incidente, atteso che, tra
l’altro, il Ceccarini aveva progressivamente recuperato una
accettabile condizione psico-fisica al punto da arrampicarsi su
di un’alta croce elevata in montagna e impegnarsi nell’acquisto
di una veloce autovettura.
Giulia Becchi e i suoi tre figli, Maria Stella, Luciana e
Stefano Ceccarini, hanno proposto ricorso per cassazione
sorretto da 4 motivi di censura illustrati da memoria.
Resiste la Carige s.p.a. con controricorso anch’esso illustrato
da memoria.
Nadia Caprini non ha svolto attività difensiva.
LE RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è infondato.

4

della disposta CTU, che l’incidente, pur avendo aggravato la

Con il primo motivo,

si

denuncia

nullità della sentenza per

omessa pronuncia sul capo di appello relativo all’esclusione del
nesso causale tra sinistro stradale e suicidio in relazione
all’art. 112, 360 n. 4 c.p.c..
La censura – che lamenta un preteso vizio di omissione di

alla sussistenza del nesso casuale tra l’incidente e il suicidio
di Achille Ceccarini – è manifestamente priva di pregio.
Pur volendo prescindere dalla indiscutibile correttezza anche
formale del solo dispositivo della pronuncia d’appello
dispositivo che provvede ad elencare i capi di sentenza di prime
cure in tutto o in parte riformati sulla dichiarata premessa di
un esplicito rigetto di ogni ulteriore domanda e istanza -, va
ancora osservato come il dispositivo della sentenza di merito
deve necessariamente (essere e) ritenersi integrato, al fine
della sua valutazione in punto di diritto, con il contenuto
della motivazione, che, nella specie, diffusamente ed
esaustivamente affronta il tema etiologico della causa,
diversamente da guanto infondatamente affermato dai ricorrenti.
Con il secondo motivo,

si

denuncia

omessa, insufficiente e

contraddittoria motivazione circa di un punto decisivo della
controversia in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., in relazione
all’esclusione, in parte motiva, della pronuncia del nesso
causale tra sinistro stradale e suicidio.
Con il terzo motivo,

si denuncia violazione e falsa applicazione

dell’art. 2043 e 2059 c.c., 40 e 41 c.p. in relazione all’art

5

pronuncia nel dispositivo della sentenza di appello in ordine

360 n. 3 c.p.c. in materia di nesso causale cui è conseguito il
rigetto della domanda di danni relativa al suicidio.
Le censure possono essere congiuntamente esaminate, attesane la
intrinseca connessione logica e giuridica.
Esse, pur prescindendo da i non lievi profili di inammissibilità

Si censura, sotto le speculari spoglie della violazione di legge
e del vizio di motivazione, non altro che la ricostruzione
fattuale della pur dolorosa vicenda compiuta dalla Corte di
merito sulla base di puntuali ed esaurienti argomentazioni
scevre da vizi logico-giuridici, che richiamano all’uopo le
altrettanto approfondite risultanze della consulenza d’ufficio,
e che correttamente pervengono alla esclusione, sia pur soltanto
sul piano della probabilità, della natura di causa efficiente
dell’incidente automobilistico rispetto al suicidio del
Ceccarini. verificatosi quasi un anno dopo.
Si anela, in realtà, da parte dei ricorrenti, ad una sorta di
ulteriore

revisio prioris istantiae

sotto il profilo della

invocata riforma di una decisione di merito attraverso la
sostituzione ad essa di una nuova e diversa valutazione di
merito, istituzionalmente preclusa in questa sede.
La preesistenza di gravi fattori predisponenti, tale da rendere
impossibile l’affermazione secondo la quale, in termini di
probabilità scientifica (e, va aggiunto, anche logica), senza
l’incidente il suicidio non si sarebbe verificato, così come
correttamente evidenziato dal giudice di appello, si pone

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in

/to,

da cui sono caratterizzate, appaiono manifestamente infondate.

termini del tutto ostativi, in punto fatto, (alla legittimità e)
all’accoglimento della censura, atteso che, in tema di
responsabilità aquiliana, la prova del nesso etiologico tra
condotta ed evento di danno grava sul danneggiato, e ciò tanto
che, dell’evento, si lamenti la mancata riconduzione alla

stessa, si predichi la (pur ridotta, ma pur sempre parimenti
rilevante ex art. 41 c.p.) efficienza concausale.
Non si controverte, nella specie, sul tema della rilevanza
(con)causale, in ipotesi bensì accertata, ma poi erroneamente
esclusa dal giudice di merito a fini risarcitori (né tantomeno è
stata mai posta la questione della risarcibilità del danno sul
piano della causalità giuridica, una volta accertata la
sussistenza di quella materiale: Cass. 15991/2011),
discorrendosi, per converso, della motivata esclusione (pur in
presenza di un aggravamento della situazione patologica) di tale
rilevanza rispetto all’evento di danno – evento che, si badi,
non è costituito dall’aggravamento delle condizioni patologiche
preesistenti,

correttamente liquidato a titolo di danno

biologico, bensì

dall’avvenuto suicidio,

fatto che

opportunamente la Corte ricorda essere stato oggetto di un
precedente tentativo da parte del Ceccarini in epoca di due mesi
anteriore al verificarsi del sinistro.
Con il quarto motivo,

si denuncia

nullità della sentenza per

ultra petizione sul capo che ha annullato, per supposta
rinuncia, la domanda di risarcimento delle somme di 278 euro a

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condotta sub specie di unica causa determinante, sia che, della

titolo di spese sostenute (danno emergente) e di 9640 euro a
titolo di danno da incapacità lavorativa specifica in relazione
all’art. 112 360 n. 4 c.p.c., anche in relazione all’art. 2909
sul giudicato.
La doglianza, prima ancora che infondata nel merito (avendo la

mostrato di aver fatto buon governo, con accertamento di merito
incensurabile in Cassazione, dei principi più volte affermati da
questa Corte di legittimità in tema di rinuncia alla domanda a
seguito di mancata riproposizione di quelle in precedenza
formulate), appare inammissibile in rito, poiché, nonostante la
sua proposizione risulti compiuta ai sensi dell’art. 360 n. 4
c.p.c., nella sua intima sostanza essa mira poi a contestare
l’interpretazione adottata dalla Corte distrettuale in ordine
all’abbandono della domanda relativa al danno da incapacità
lavorativa (interpretazione legittimamente condotta dal giudice
territoriale sia sotto il profilo della sua mancata
riproposizione, sia sotto quello del contenuto dello scritto
difensivo volto a tale effetto e menzionato espressamente dagli

Corte territoriale, al folio 29 della sentenza impugnata,

allora appellanti incidentali), così investendosi il merito
stesso della domanda e non anche il preteso vizio di omessa
pronuncia.
Il ricorso è pertanto rigettato.
Le spese del giudizio possono essere nuovamente compensate in
questa sede per le medesime ragioni addotte dal giudice di
appello e non espressamente censurate dinanzi a questa Corte.

8

“l

d

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e dichiara compensate le spese del
giudizio di Cassazione.

Così deciso in Roma, li 12.11.2014

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