Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10243 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/05/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 29/05/2020), n.10243

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 29836-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

R.R., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27,

presso lo studio dell’avvocato LUCIO NICOLAIS, che lo rappresenta e

difende unitamente all’avvocato STEFANIA PATTARINI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2114/2015 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 18/05/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2020 dal Consigliere Dott. MARINA CIRESE.

Fatto

RITENUTO

CHE:

nelle more della definizione di un giudizio risarcitorio conseguente a sinistro stradale instaurato dinanzi al Tribunale di Milano, R.R. chiedeva ed otteneva l’emissione di un’ordinanza immediatamente esecutiva L. n. 990 del 1969, ex art. 24, a carico, in via solidale, di A.V. e della BPB Assicurazioni s.p.a..

Successivamente il contribuente impugnava dinanzi alla CTP di Milano la cartella di pagamento emessa e notificata il 13.11.2012 con cui l’Agenzia delle Entrate richiedeva il pagamento dell’imposta di registro sull’ordinanza emessa in corso di causa sostenendo la non assoggettabilità della medesima ad imposta di registro poichè la stessa non ha natura decisoria e/o definitiva richiesta dal combinato disposto del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 2, art. 59, lett. d), nonchè del decreto, art. 8, comma 1, della Tariffa allegata.

La CTP di Milano con sentenza in data 14.10.2013 accoglieva il ricorso, ritenendo che l’ordinanza de qua non potesse essere assoggettata ad imposta di registro.

Proposto appello avverso detta pronuncia da parte dell’Agenzia delle Entrate, la CTR della Lombardia con sentenza in data 18.5.2015 dichiarava inammissibile il gravame stante l’annullamento totale dal ruolo della cartella di pagamento operato dalla Direzione Provinciale di (OMISSIS).

Avverso detta pronuncia l’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso per cassazione articolato in due motivi cui resisteva con controricorso il contribuente.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo di ricorso rubricato “Violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 53 e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3,” parte ricorrente deduceva che lo sgravio dell’iscrizione a ruolo in esecuzione della sentenza di primo grado favorevole al contribuente è un atto dovuto che tuttavia non può essere interpretato come rinuncia alla pretesa fiscale da parte dell’Ufficio.

2. Con il secondo motivo di ricorso rubricato ” Violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 37, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3″ parte ricorrente assumeva la fondatezza della pretesa azionata atteso che l’ordinanza de qua soggiace a pieno titolo all’imposta di registro in forza del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 37.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

Va premesso che l’acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi dell’art. 329 c.p.c., consiste nell’accettazione della sentenza, ovverosia nella manifestazione da parte del soccombente della volontà di non impugnare, la quale può avvenire sia in forma espressa che tacita. In quest’ultimo caso, l’acquiescenza può ritenersi sussistente soltanto quando l’interessato abbia posto in essere atti dai quali sia possibile desumere, in maniera precisa ed univoca, il proposito di non contrastare gli effetti giuridici della pronuncia, e cioè gli atti stessi, siano assolutamente incompatibili con la volontà di avvalersi dell’impugnazione. Ne consegue che la spontanea esecuzione della pronunzia di primo grado favorevole al contribuente da parte della P.A., anche quando la riserva d’impugnazione non venga dalla medesima a quest’ultimo resa nota, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva dell’impugnazione ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 329 c.p.c., e D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 49.

La giurisprudenza di legittimità ha affermato che nel contenzioso tributario lo sgravio della cartella di pagamento disposto in provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado favorevole al contribuente prima della presentazione dell’appello, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva quindi dell’impugnazione, trattandosi di comportamento che può essere fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione, senza che assuma rilievo l’esistenza o meno di atti prodromici all’atto impugnato (Cass., sent. n. 6334 del 2016).

Tale orientamento muove dalla considerazione della irrilevanza sugli atti prodromici dello sgravio del ruolo e della cartella dopo la sentenza di primo grado (favorevole al contribuente), riconducibile non al riconoscimento delle avverse ragioni, e dunque alla acquiescenza alla pronuncia, ma più semplicemente alla opportunità di evitare le ulteriori conseguenze di una fase esecutiva (così Cass., sent. n. 24064 del 2012, che afferma l’irrilevanza dello sgravio rispetto all’avviso di liquidazione, atto prodromico non annullato in autotutela; Cass., sent. n. 21590 del 2015, che nega l’effetto di acquiescenza o, rispettivamente, di giudicato esterno nel giudizio che ha per oggetto l’impugnazione dell’atto presupposto, per l’ipotesi dello sgravio della cartella di pagamento in provvisoria ottemperanza alla sentenza di primo grado favorevole al contribuente e persino per l’ipotesi della mancata impugnazione della sentenza che abbia dichiarato la cessazione della materia del contendere).

Pertanto, la decisione impugnata che, in assenza di espressa rinuncia e di atti precisi ed univoci, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere per il fatto che l’Ufficio aveva disposto lo sgravio di quanto iscritto a ruolo, senza farsi carico delle ragioni ed omettendo di considerare che, nel caso era intervenuta decisione di primo grado che aveva accolto il ricorso delle contribuenti, sembra abbia fatto malgoverno dei sopraindicati principi.

Del pari infondato è il secondo motivo di ricorso.

Nell’ambito del D.P.R. n. 131 del 1986, norma di riferimento per la tassazione degli atti giudiziari è l’art. 37, in base al quale sono soggetti ad imposta “gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nello Stato sentenze straniere”.

Si deve ritenere pertanto che nel novero dei provvedimenti da assoggettare ad imposta di registro vi sia anche l’ordinanza de qua.

Ed invero secondo la giurisprudenza di legittimità in tema di imposte indirette, l’assegnazione di somme con contestate dalle parti nel giudizio civile ex art. 186 bis c.p.c., – allo stesso modo della condanna provvisionale fondata sugli artt. 539 e 540 c.p.p., – postula l’accertamento della sussistenza del diritto reclamato dalla parte lesa, rimanendo incerta (e rimessa ad un autonomo giudizio) unicamente la definitiva determinazione del “quantum” della pretesa: non può pertanto dubitarsi che siffatta statuizione si risolva nella delibazione della controversia per quanto concerne l'”an debeatur” con la contestuale condanna del debitore al pagamento di una provvisionale. Quindi la pronuncia rientra a pieno titolo nell’ambito degli “atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio” assoggettati all’imposta proporzionale di registro del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, ex art. 37, (vedi Sez. 5, Sentenza n. 11793 del 12/05/2008 (Rv. 603141 – 01).

In conclusione, in accoglimento del ricorso la sentenza impugnata va cassata e decidendo nel merito, non essendo necessari accertamenti di fatto ex art. 384 c.p.c., va rigettato l’originario ricorso proposto dal contribuente.

Le spese inerenti ai giudizi di merito nonchè quelle relative al giudizio di legittimità vanno compensate tra le parti in ragione del consolidarsi della giurisprudenza di legittimità sulle questioni affrontate in epoca successiva all’introduzione del giudizio.

P.Q.M.

In accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente, compensa tra le parti le spese inerenti ai giudizi di merito nonchè al giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020

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