Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10243 del 12/05/2014


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Civile Ord. Sez. 3 Num. 10243 Anno 2014
Presidente: SEGRETO ANTONIO
Relatore: FRASCA RAFFAELE

PU

ORDINANZA INTERLOCUTORIA

sul ricorso 29908-2010 proposto da:
MARELLO FEDERICO MRLFRC61M17F704A, GUARNERI ANNA
GRNNNA62C58B492Z, MARELLO MARCO MRLMCD85P27F704G,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI CASTANI
195, presso lo studio dell’avvocato GALATI BRUNO,
rappresentati e difesi dall’avvocato CERASO ROSA
ANGELA giusta delega a margine;
– ricorrenti contro

CENTRO ODONTOIATRICO MONZESE SNC 021132820969, in
persona del legale rappresentante pro tempore Signor
RUGGERO DE PASQUALE, elettivamente domiciliata in
ROMA, VIA DELLE FORNACI 43, presso lo studio

Data pubblicazione: 12/05/2014

dell’avvocato SCORSONE VINCENZO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato DE VITO ROBERTO
giusta procura in calce;
ROCCASALVA NORBERTO RCCNBR63L10D969Q, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA L. BISSOLATI 76, presso lo

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato
CHIODA MASSIMO giusta procura in calce;
– controricorrenti nonchè contro

AZIENDA OSPEDALIERA OSPEDALE SAN GERARDO DI MONZA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 2462/2010 della CORTE
D’APPELLO di MILANO, depositata il 06/09/2010, R.G.N.
643/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 06/02/2014 dal Consigliere Dott. RAFFAELE
FRASCA;
udito l’Avvocato NICOLA RIVELLESE per delega;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che si oppone al rinvio
nel merito rigetto del ricorso;

2

studio dell’avvocato TOMMASO SPINELLI GIORDANO, che

R.g.n. 29908 -10 (ud. 6.2.2014)

Ritenuto quanto segue:

§1. Federico Marello, Anna Guarneri e Marco Marello hanno proposto ricorso per
cassazione contro l’Azienda Ospedaliera “Ospedale San Gerardo di Monza” e contro il
centro Odontoiatrico Monzese s.n.c., nonché contro Norberto Roccasalva avverso la
sentenza del 6 settembre 2010, con la quale la Corte d’Appello di Milano ha provveduto in
grado di appello sull’appello proposto da essi ricorrenti contro il detto Ospedale e la detta
s.n.c. contro la sentenza del 31 gennaio 2003 resa in primo grado dal Tribunale di Monza,

nonché sulla richiesta formulata dalla s.n.c. con quello che la sentenza impugnata
definisce atto di integrazione del contraddittorio nei confronti del Roccasalva.
La sentenza impugnata ha rigettato l’appello dei qui ricorrenti, compensando le spese
nel rapporto fra essi ed i due appellati, ha dichiarato inammissibile per tardività la
“domanda” proposta dal Centro Odontoiatrico Monzese contro il Roccasalva ed l’ha
condannato alle spese del grado in suo favore.
§2. Al ricorso hanno resistito con separati controricorsi il Centro odontoiatrico
Monzese s.r.l. e il Roccasalva, mentre non ha svolto attività difensiva l’ Azienda
ospedaliera “Ospedale San Gerardo di Monza”.
§3. I ricorrenti hanno depositato memoria in vista dell’udienza del 6 febbraio 2014.
Considerato quanto segue:
§1. Il Collegio preliminarmente deve rilevare che si pone un problema di

ammissibilità del ricorso nei confronti dell’Azienda ospedaliera “Ospedale San Gerardo di
Monza”, in quanto la notificazione è stata tentata tempestivamente, cioè entro il termine di
cui all’art. 325 c.p.c., decorso dalla notificazione della sentenza impugnata, avvenuta ad
istanza della detta Azienda il 15 ottobre 2010 nei confronti dei ricorrenti, ma essa non si è
perfezionata perché il procuratore dell’Azienda, presso il cui domicilio indicato nella
sentenza è avvenuto il tentativo di notificazione, è risultato trasferito da quel domicilio,
come attesta la relata di notificazione che è del 14 dicembre 2010.
Ora, successivamente a tale tentativo di notificazione i ricorrenti non si sono attivati
nel modo indicato come necessario dalle Sezioni Unite della Corte nella sentenza n. 3818
del 2009, cioè non hanno provveduto, all’atto del deposito del ricorso, a richiedere la
concessione di un termine perentorio per eseguire la notificazione nel domicilio del
difensore, che, trattandosi, come si rileva da riscontro nell’albo degli avvocati presso il
Consiglio Nazionale Forense era iscritto presso l’Ordine degli avocati di Monza e Brianza
e, dunque, agiva al di fuori della circoscrizione del Tribunale di iscrizione.

3
Est. Cot%s. Rffae1e Frasca

R.g.n. 29908 -10 (ud. 6.2.2014)

Tale notificazione avrebbe potuto essere autorizzata ancorché fosse ormai decorso il
termine breve ex art. 325 c.p.c. ed avrebbe potuto eseguirsi, equivalendo il trasferimento di
domicilio senza indicazione di altro domicilio da parte del difensore dell’Azienda, che
risultava iscritto all’Ordine di Monza e Brianza e, dunque, esercente al di fuori del suo
circondario, con notificazione presso la cancelleria della Corte d’Appello di Milano,
dovendo ritenersi quel difensore domiciliato presso di essa, una volta venuta meno
l’elezione di domicilio a suo tempo effettuata.

Il principio di diritto che sembrerebbe venire in rilievo, affermato dalla citata
sentenza delle Sezioni Unite è, infatti, il seguente: <>. Nella motivazione si precisa che l’istanza dev’essere rivolta all’atto della
costituzione presso il giudice ad quem e, dunque, a seguito di deposito del ricorso nel
procedimento di cassazione.
§2. Nella memoria dei ricorrenti si è, tuttavia, prospettato, ma la relativa questione è
da porsi d’ufficio da parte di questo Collegio, che il giudizio sarebbe in questa sede
riconducibile all’ambito delle cause c.d. inscindibili ex art. 331 c.p.c., onde si tratta di
valutare se tale assunto sia condivisibile.
Invero, ove l’assunto fosse esatto, si dovrebbe considerare che, allorquando
l’impugnazione sia svolta con riferimento ad un cumulo processuale soggettivo
4
Est. Con Raffaele Frasca

R.g.n. 29908 -10 (ud. 6.2.2014)

riconducibile alla nozione di causa inscindibile (ma non diversamente dovrebbe opinarsi
per il caso di cumulo riconducibile al nesso di dipendenza), e dunque all’àmbito dell’art.
331 c.p.c., la constatazione che la notificazione nei confronti di una delle parti intimate sia
stata nulla o finanche inesistente, come nel caso di specie, o che addirittura non sia stata
nemmeno tentata, se del caso in quanto neppure si sia indicata come parte contro cui
l’impugnazione sia stata proposta una di quelle nei confronti della quale sia stata
pronunciata la sentenza impugnata, impone sempre e comunque al giudice

dell’impugnazione di far luogo all’applicazione dell’art. 331 c.p.c. e, dunque, di ordinare
l’integrazione del contraddittorio nei riguardi della parte pretermessa in ragione della
patologia verificatasi in uno dei detti sensi.
Ne segue che, quando ricorra siffatta eventualità, la giurisprudenza di cui al ricordato
precedente delle Sezioni Unite non può trovare applicazione, perché si porrebbe in
contrasto con la logica del’art. 331 c.p.c.
E, pertanto, di fronte alla constatazione che la notificazione dell’impugnazione ad
una parte non è andata a buon fine per non essersi potuta realizzare in quanto eseguita in
un domicilio non più riferibile al difensore, l’inerzia della parte notificante nel procedere
secondo quanto indicato dalle Sezioni Unite e, dunque, nel richiedere, dopo tempestiva
costituzione, un termine per il rinnovo della notificazione nonostante la scadenza del
termine di impugnazione, non può sanzionarsi con la declaratoria della inammissibilità
dell’impugnazione nei confronti della parte nei cui riguardi la notificazione non si è
perfezionata, dovendo invece (ancorché nulla precluda alla parte notificante di attivarsi nel
modo indicato dalle Sezioni Unite) in ogni caso prevalere la norma dell’art. 331 c.p.c., che
impedisce che il processo possa svolgersi senza il contraddittorio di quella parte ed affida
al potere-dovere officioso del giudice dell’impugnazione di ordinare l’integrazione del
contradditorio.
§3. Il Collego ritiene che nella specie, in relazione al cumulo di cause siccome si era
conservato in sede di giudizio di appello ed all’atteggiarsi dell’esercizio del diritto di
impugnazione nel ricorso principale, ricorra nella fattispecie un nesso di inscindibilità ai
sensi dell’art. 331 c.p.c., di modo che deve di tale norma farsi applicazione e ordinarsi la
notificazione del ricorso nei confronti dell’Ospedale San Gerardo.
§3.1. Queste le ragioni.
Va considerato che, come emerge dagli atti (ed anche dalle conclusioni riportate
dalla sentenza impugnata), i ricorrenti, in primo grado, avevano agito contro il Centro
Odontoiatrico Monzese e l’Azienda Ospedaliera invocando, in relazione al pregiudizio
5
Est. Cons. taff1e Frasca

R.g.n. 29908 -10 (ud. 6.2.2014)

sofferto in via diretta o indiretta, una responsabilità dei convenuti, sia in via solidale sia in
via alternativa.
§3.2. Ora, allorquando vengono proposte domande contro più convenuti in via
solidale, salvo il caso che fra i coobbligati vengano svolte domande di regresso riguardo
alla distribuzione della responsabilità fra loro, il litisconsorzio in sede di gravame resta di
norma facoltativo e, dunque, le cause sono scindibili, a meno che non sia stato chiesto
l’accertamento del modo di essere del rapporto determinativo della solidarietà.

Nella specie risulta, peraltro, dalle conclusioni che si leggono sulla sentenza di
primo grado, presente nel fascicolo d’ufficio della Corte territoriale, che l’Azienda
Ospedaliera aveva concluso in via subordinata alla richiesta di rigetto della domanda e per
il caso di riconoscimento della responsabilità solidale, per la condanna del Centro
Odontoiatrico in via di regresso previo accertamento delle diverse responsabilità nella
causazione del danno.
Ne segue che, in relazione alla proposizione di tale domanda di regresso si era
determinato un profilo di esistenza di dipendenza di cause che, una volta pronunciata la
sentenza in primo grado con il rigetto della domanda dei danneggiati e qui ricorrenti,
rendeva l’impugnazione in appello riconducibile per ciò solo all’àmbito dell’art. 331 c.p.c.
Tuttavia, va considerato che in sede di costituzione in appello, come emerge dalla
comparsa di risposta di detta Azienda, Essa non ripropose, a norma dell’art. 346 c.p.c., la
domanda di regresso, che dunque risultò abbandonata.
Ne segue che in sede di ricorso per cassazione la posizione dell’Azienda non appare
riconducibile all’art. 331 c.p.c. sotto tale profilo, ma ciò riguarda, peraltro, il profilo
dell’azione dei ricorrenti diretta ad invocare la responsabilità solidale.
§3.3. Riguardo alla prospettazione alternativa della domanda nei loro riguardi, va
innanzitutto considerato che l’alternatività della proposizione della domanda ha riguardato
la prospettazione di una responsabilità del Centro Odontoiatrico e dell’Azienda
Ospedaliera in relazione alla successione fra l’intervento curativo dell’uno e quello
dell’altro in relazione ad un evento dannoso finale rappresentato dalla malattia e dallo stato
di invalidità permanente di Federico Marello.
Si è trattato, quindi, di invocazione di una responsabilità alternativa per condotte
distinte in relazione agli stessi danni conseguenza e l’alternatività della domanda ha avuto
il significato di postulare l’affermazione, in dipendenza delle rispettive condotte, della
responsabilità di uno dei due soggetti in relazione allo stesso fatto dannoso complessivo.

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Est. Cons. affaele Frasca

R.g.n. 29908 -10 (ud. 6.2.2014)

Ora, poiché l’appello ha confermato il rigetto nei confronti sia del Centro che
dell’Ospedale, si potrebbe pensare che la controversia non sia caratterizzata da
inscindibilità per incompatibilità e, quindi, dipendenza reciproca delle due responsabilità,
come sarebbe stato invece se la domanda fosse stata accolta nei confronti di uno di detti
soggetti nel presupposto della infondatezza nei confronti dell’altro ed avesse avuto luogo
l’impugnazione del convenuto riconosciuto unico responsabile: in questo caso si sarebbe
avuto, come opina anche autorevole dottrina, nesso di inscindibilità, perché la postulazione

della erroneità della sentenza, avendo essa affermato la responsabilità di uno dei pretesi
danneggianti nel presupposto dell’esclusione della responsabilità dell’altro,
necessariamente implicava il coinvolgimento del preteso responsabile mandato assolto
dalla responsabilità.
Va tuttavia considerato il caso della sentenza di rigetto di domanda alternativa contro
due o più convenuti, in sede di esercizio del diritto di impugnazione può dare luogo a due
distinte situazioni.
§3.4. Occorre tenere conto, innanzitutto, che, quando viene invocata una
responsabilità alternativa di due distinti soggetti rispetto ad uno stesso fatto dannoso, il
litisconsorzio che si determina, se nel momento iniziale, cioè della introduzione della lite, è
certamente riconducibile all’àmbito dell’art. 103, perché è l’attore che sceglie di
prospettare la domanda invocando la responsabilità alternativa in relazione all’accadimento
concreto che la occasiona, una volta che il litisconsorzio si sia instaurato si connota, quoad
svolgimento, come litisconsorzio processuale necessario o unitario, perché l’accertamento
alternativo necessariamente coinvolge la posizione processuale dei due convenuti
attribuendo ed esigendo un grado di massimo coordinamento nell’attività processuale, in
non diversa guisa delle fattispecie di litisconsorzio necessario iniziale ex art. 102 c.p.c.
Ciò è vero perché la domanda originariamente introdotta, postulando l’alternatività
delle responsabilità, determina, dal punto di vista della domanda attorea, un nesso di
interrelazione fra le posizioni nel processo dei convenuti.
§3.5. Una volta sopravvenuta la sentenza, poiché la fattispecie di litisconsorzio ha
natura processuale e non sostanziale e, dunque, non riguarda un caso in cui è per il modo di
essere della situazione sostanziale dedotta in giudizio (o per legge) che la pronuncia deve
coinvolgere tutte le parti, assume rilievo, per stabilire se il litisconsorzio in sede di
impugnazione resti inscindibile, sia il contenuto della pronuncia, sia il soggetto che la
impugna.

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Est. Cons. F4afte1e Frasca

R.g.n. 29908 -10 (ud. 6.2.2014)

§3.6. Nel caso di rigetto della domanda nei confronti di entrambi i responsabili,
essendo soccombente il danneggiato, il soggetto che impugna sarà lui ed è palese che, in
non diversa guisa di come risultava all’atto della instaurazione del processo in primo
grado, gli spetterà la possibilità di esercitare la domanda con l’atto di impugnazione
reiterando la rivendicazione della responsabilità di entrambi i pretesi responsabili oppure di
esercitarla, se del caso all’esito delle risultanze del grado precedente, soltanto nei confronti
di uno di essi.

Ove il danneggiato compia tale scelta e, dunque, impugni nei confronti di uno solo
dei responsabili, essa è rituale e segna lo scioglimento del litisconsorzio legittimamente,
perché non determina alcuna situazione di possibile contrasto fra la parte della decisione
impugnata, là dove essa ha escluso la responsabilità di uno dei convenuti, che passa in
giudicato, e l’eventuale decisione sull’impugnazione che riconosca la responsabilità
dell’altro, atteso che le due statuizioni possono coesistere.
L’operare del principio della domanda in sede di esercizio dell’impugnazione
determina in questo caso legittimante lo scioglimento del litisconsorzio processuale.
§3.7. Può semmai verificarsi che, in ragione dell’essere stata proposta domanda da
uno dei responsabili contro l’altro, l’esistenza di tale domanda, creando nesso di
dipendenza fra le posizioni dei due pretesi responsabili, comporti che il litisconsorzio non
possa essere sciolto dal danneggiato, che, dunque, pur non intendendo rivolgere e non
rivolgendo l’impugnazione nei confronti di uno dei due ma solo dell’altro, necessariamente
deve notificare l’impugnazione anche al primo, in modo da assicurare all’altro contro cui
impugna la possibilità di poter perseguire la domanda rivolta contro il corresponsabile: in
tal caso ricorrerà la fattispecie dell’art. 331 c.p.c. (si vedano già Cass. n. 2360 del 1965 e n.
2769 del 1967 e, quindi, Cass. n. 3114 del 1999, seguita da altre conformi; adde Cass. n.
15734 del 2004), a meno che si ritenga utilizzabile l’art. 334 c.p.c. da parte del
responsabile contro cui si impugna, come opinano recenti dottrine.
§3.8. Diverso è il caso in cui il danneggiato che abbia visto rigettata la domanda nei
confronti di entrambi i responsabili intenda proporre l’impugnazione e la proponga nei
confronti di tutti e due: in questa ipotesi, come gli è consentito, egli ha inteso
legittimamente mantenere il cumulo processuale e, riproponendo l’esercizio del diritto di
impugnazione il carattere unitario del litisconsorzio, tale modo di proposizione
dell’impugnazione rende la stessa, in quanto ha mantenuto l’unitarietà del litisconsorzio e
la sua necessarietà processuale per l’atteggiarsi della domanda in giudizio, riconducibile al
concetto di causa inscindibile.
8
Est. Cons.fRaOe1e Frasca

R.g.n. 29908 -10 (ud. 6.2.2014)

Ne segue che, non diversamente da come, ove l’impugnazione fosse rivolta contro
tutti e due i responsabili e la notificazione fosse stata eseguita nei confronti di uno solo, il
giudice dell’impugnazione dovrebbe, in ragione dell’atteggiarsi della domanda di
impugnazione contro entrambi e dell’unitarietà della postulazione di tutela richiesta,
applicare l’art. 331 c.p.c., si deve ritenere che, in presenza di nullità della notificazione o di
mancato perfezionamento e, quindi inesistenza, di essa, come nel caso di tentativo di
esecuzione non riuscito per mancato accertamento della persiste/ma del domicilio eletto, il

giudice dell’impugnazione debba applicare sempre quella norma.
Il principio di diritto che viene in rilievo è il seguente: <

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