Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10242 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/05/2020, (ud. 21/01/2020, dep. 29/05/2020), n.10242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DE MASI Oronzo – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

Dott. CIRESE Marina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 478-2014 proposto da:

CASA GENERALIZIA DELLE DOMENICANE DI SANTA ROSA DA LIMA,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MARCO POLO 84, presso lo

studio dell’avvocato LINDA CIPOLLONE, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE (OMISSIS) DI ROMA, in

persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 214/2013 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 15/05/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

21/01/2020 dal Consigliere Dott. GIACOMO MARIA STALLA.

Fatto

RILEVATO

che:

p. 1. La Casa Generalizia delle Domenicane di Santa Rosa da Lima, ente ecclesiastico riconosciuto, propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 214/04/2013 del 15 maggio 2013, con la quale la commissione tributaria regionale del Lazio, a conferma della prima decisione, ha ritenuto legittimo, negli indicati limiti di valore, l’avviso di rettifica e liquidazione notificatole dall’agenzia delle entrate per maggiori imposte di registro, ipotecaria e catastale (oltre sanzioni), dovute sull’atto a rogito notaio T.F. del (OMISSIS); atto con il quale l’ente aveva venduto alla Seirym srl una porzione di fabbricato sito in (OMISSIS). Con l’avviso di rettifica in questione, l’amministrazione finanziaria aveva elevato ad Euro 6.700.000 il valore del bene dichiarato in atto, pari al corrispettivo di Euro 4.650.000; ma la Commissione Tributaria Provinciale di Roma, in parziale accoglimento del ricorso dell’ente, aveva rideterminato tale valore in Euro 5.600.000.

La commissione tributaria regionale, in particolare, ha rilevato che: – come già stabilito dal primo giudice, sussistevano nell’avviso impugnato tutti gli elementi essenziali richiesti dalla normativa; – la rideterminazione operata dal primo giudice doveva ritenersi corretta e rispondente al valore reale del fabbricato, anche perchè conforme alle risultanze peritali indicate dalla stessa agenzia del territorio.

Resiste con controricorso l’agenzia delle entrate.

La parte ricorrente ha depositato memoria.

p. 2.1 Con il primo motivo di ricorso si lamenta violazione di legge sostanziale e processuale nonchè – ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, “omesso esame” circa un fatto decisivo per il giudizio. Ciò perchè la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto sufficientemente motivato l’avviso di rettifica in questione (trascritto nel ricorso per cassazione), nonostante che esso non allegasse l’atto comparativo di compravendita preso a riferimento, per giunta indicato con data sbagliata (tanto da imporre all’ente contribuente di autonomamente effettuare approfondite e costose ricerche).

p. 2.2 I motivo è infondato sotto tutti i profili nei quali si articola.

Come si evince dalla motivazione dell’avviso di accertamento riportata nel ricorso per cassazione, tale avviso faceva espresso richiamo, quale atto di comparazione, al rogito “del (OMISSIS) n. (OMISSIS), stipulato dal notaio T.F. inerente la vendita dello stesso bene tra la società Seirym e la società Grimm spa, con imponibile dichiarato in Euro 6.700.000,00 (…)”.

In via generale, ricorre il principio secondo cui: “In tema di imposta di registro, l’avviso di rettifica e di liquidazione della maggiore imposta, riguardante atti che hanno ad oggetto beni immobili, adottato a seguito di comparazione con beni simili, deve ritenersi adeguatamente motivato, ove contenga la riproduzione del contenuto essenziale dell’atto utilizzato come parametro di riferimento, e cioè delle parti utili a far comprendere il parametro impiegato per la rettifica, essendo anche in questo modo adempiuto l’obbligo di allegare all’avviso l’atto tenuto in considerazione ai fini della comparazione” (Cass. n. 3388/19; così Cass. n. 21066/17 ed innumerevoli altre).

Adattato al caso di specie, questo principio esclude qualsivoglia carenza motivazionale ovvero menomazione dei diritti di parte contribuente, risultando che l’atto di comparazione:

– era compiutamente identificato nell’avviso nei suoi estremi essenziali;

– era stato posto in essere presso lo stesso studio notarile e nella stessa data (rettificata dei medesimi contribuenti nel (OMISSIS)) dell’atto di trasferimento oggetto di rettifica;

– riguardava esattamente lo stesso immobile oggetto di rettifica (acquistato e contestualmente rivenduto).

Non poteva dunque esservi dubbio alcuno che, nella fattispecie, il contenuto motivazionale dell’avviso fosse senz’altro adeguato “a far comprendere il parametro utilizzato per la rettifica” (Cass. cit.); e ciò indipendentemente dalla mancata materiale allegazione integrale dell’atto di comparazione.

Di ciò la Commissione Tributaria Regionale ha dato correttamente conto, rimarcando come, “per quanto attiene alla motivazione”, l’avviso opposto contenesse in effetti tutti gli elementi normativi essenziali.

p. 3.1 Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta violazione di legge sostanziale e processuale, nonchè omesso esame su fatto decisivo. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale pronunciato alcunchè sul motivo di appello con il quale l’ente aveva dedotto la falsità di quanto dichiarato dall’ufficio, il quale non aveva affatto utilizzato, nell’avviso, la valutazione dell’UTE, in quanto ad esso successiva (10 febbraio 2010, a fronte di avviso di accertamento dell’8 febbraio 2010).

Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione di legge sostanziale e processuale. Per non avere la Commissione Tributaria Regionale rilevato che l’agenzia delle entrate, nell’avviso opposto, si era illegittimamente basata sui criteri di valutazione di cui al provvedimento del direttore dell’agenzia delle entrate del 27 luglio 2007 (emanato in attuazione della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 307), nonostante che tale provvedimento, in quanto sprovvisto di efficacia retroattiva, non potesse applicarsi ad un atto di compravendita che, per quanto ad esso successivo ((OMISSIS)), si basava tuttavia su un accordo contrattuale originario (già dedotto in un giudizio ex art. 2932 c.c., poi definito con transazione) ad esso antecedente (2006).

p. 3.2 Da quanto già esposto deriva l’infondatezza anche di questi due motivi di ricorso, suscettibili di trattazione unitaria.

Va infatti considerato che l’avviso in esame si basava sulla peculiarità di una comparazione resa possibile con riguardo non ad un immobile “similare”, ma allo “stesso” immobile rettificato, per giunta trasferito lo stesso giorno dell’atto verificato. Da tale peculiarità derivava un valore accertato di Euro 6.700.000,00, esattamente pari al corrispettivo dell’atto assunto a comparazione.

Su questo pacifico dato di fatto, non apparivano dunque conferenti le eccezioni mosse dal contribuente circa l’asserita “falsità” di quanto dichiarato dall’ufficio sull’utilizzo in avviso della stima UTE e sulla non applicabilità al caso di specie dei parametri (riferiti ai valori OMI) di cui al provvedimento 27 luglio 2007 del direttore dell’agenzia delle entrate reso L. n. 296 del 2006, ex art. 1, comma 307, (provvedimento, quest’ultimo, comunque antecedente all’atto di trasferimento in questione, a nulla neppure rilevando la più risalente datazione di accordi di vendita non perfezionatisi se non con il rogito in questione).

Va del resto osservato come il giudice di appello abbia recepito la decisione di primo grado anche nella parte in cui ridimensionava (dando conto dell’incidenza di intento speculativo sulla seconda vendita) il valore attribuibile al fabbricato, infine confermato in Euro 5.600.000,00; e con riguardo a questa valutazione di merito, la stima UTE è stata evidentemente ritenuta sì rilevante, ma non quale elemento originario di “motivazione” dell’avviso, bensì quale argomento di “prova”, come tale suscettibile di essere legittimamente fornito anche nel corso del giudizio.

Ne segue dunque il rigetto del ricorso, con condanna della parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 10.000,00 oltre spese prenotate a debito;

– v.to il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012;

– dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della quinta sezione civile, il 21 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020

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