Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10242 del 26/04/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 26/04/2017, (ud. 29/11/2016, dep.26/04/2017),  n. 10242

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 16939/2010 proposto da:

S.T., in qualità di socio, B.E. in qualità di

erede del socio BE.LU. (deceduto),

SA.AN.LU.CI. in qualità di socio, SE.MI. in qualità di

legale rappresentante, P.C. in qualità di socio,

PU.PO. in qualità di socio, SA.CL. in qualità di socio,

V.G. in qualità di erede del socio D.G.M.

(deceduto), elettivamente domiciliati in ROMA VIA LIMA 31, presso lo

studio dell’avvocato GIOVANNI PASCONE, che li rappresenta e difende

giusta delega in calce;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 93/2009 della COMM. TRIB. REG. della PUGLIA

SEZ. DIST. di FOGGIA, depositata il 21/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/11/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO FRANCESCO ESPOSITO;

udito per il controricorrente l’Avvocato GALLUZZO che deposita

comunicazione di regolarità e chiede l’estinzione per condono e si

richiama al controricorso per le altre posizioni;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per l’estinzione parziale nei

confronti di D.G.M., S.T., P.C.,

inammissibilità in subordine rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 21 aprile 2009 la C.T.R. della Puglia, sezione distaccata di Foggia, accoglieva il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la decisione di primo grado che, in accoglimento dei ricorsi proposti da Se.Mi., nella qualità di legale rappresentante della società cooperativa “Carovana Facchini Br.Bu.”, e dai soci P.C., S.T., D.G.M., Sa.An.Lu.Ci., Sa.Cl., Pu.Po. e B.E., aveva annullato gli avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 1995 e 1996, nei quali si evidenziava, a carico della società, un maggiore reddito d’impresa, con conseguente determinazione dell’imposta IVA e ILOR evasa, e, a carico dei soci, un maggiore corrispondente reddito di partecipazione.

Rilevava il giudice di appello che il maggior reddito era stato accertato avvalendosi, ai sensi della L. n. 549 del 1995, art. 3, comma 181, dei parametri per la determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume di affari previsti dal successivo art. 184 e poi specificati nel D.P.C.M. 29 gennaio 1996, sicchè nella fattispecie operava la presunzione legale di cui all’art. 2728 c.c., comma 1, di per sè idonea a sorreggere la legittimità dell’accertamento, salvo prova contraria del contribuente, nella specie non fornita.

Avverso la suddetta sentenza i contribuenti propongono ricorso per cassazione, sulla base di due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima, con successiva istanza, ha comunicato che i contribuenti P.C., S.T. e D.G.M. avevano presentato domanda di definizione della controversia provvedendo al versamento delle somme dovute, chiedendo, di conseguenza, dichiararsi l’estinzione del giudizio nei confronti degli stessi.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Preliminarmente va dichiarato estinto, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 8, il giudizio nei confronti dei soci P.C. e S.T. nonchè di V.G., erede del socio D.G.M., essendo in atti la comunicazione dell’Ufficio attestante la regolarità della domanda di definizione della correlata controversia ed il pagamento integrale di quanto dovuto.

2. Con il primo motivo i ricorrenti deducono “violazione di norme di diritto ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in riferimento al regime di applicazione dei parametri contabili di cui alla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, commi 181-184, come specificati dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, ai fini dell’accertamento del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, ex art. 39, comma 1, lett. d), del maggior reddito ai fini IVA ed ILOR a carico dei contribuenti e della cooperativa. Violazione degli artt. 23 e 53 Cost.. Carenza istruttoria”.

Con il secondo motivo si deduce “violazione di norme di diritto ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza impugnata ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in riferimento all’applicazione del regime delle presunzioni ex art. 2728 c.c., in luogo del regime delle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c.. Violazione degli artt. 23 e 53 Cost.. Carenza istruttoria”.

3. I due motivi, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono infondati.

I ricorrenti contestano la legittimità degli accertamenti, in quanto basati esclusivamente sull’applicazione degli indicati parametri normativi, senza alcuna considerazione della specificità del caso, considerato che, nella specie, la cooperativa operava nei riguardi di un unico committente, circostanza questa rilevante nella formazione del reddito. Lamentano che erroneamente la C.T.R. aveva applicato il regime delle presunzioni legali previsto dall’art. 2728 c.c. e non quello delle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c..

Come rilevato da Cass. n. 3288 del 2009, espressamente richiamata nella decisione impugnata, “L’ufficio che procede ad accertamento dell’imposta sui redditi ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), avvalendosi, ai sensi della L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 181, dei parametri per la determinazione presuntiva dei ricavi, dei compensi e del volume d’affari previsti dal successivo comma 184, e poi specificati dal D.P.C.M. 29 gennaio 1996, non deve apportare alcun elemento atto a confortare il proprio diverso accertamento, perchè gli elementi considerati nell’elaborazione dei parametri stessi e l’applicazione di questi ai dati esposti dal singolo contribuente hanno già i caratteri della presunzione legale, quali richiesti dell’art. 2728 c.c., comma 1 e sono di per sè idonei a fondare un corrispondente accertamento, restando comunque consentito al contribuente di provare, anche con presunzioni, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice, l’inapplicabilità dei parametri alla sua posizione reddituale”. Questa Corte ha altresì affermato che “In tema di accertamento dell’IVA, i parametri previsti dalla L. 28 dicembre 1995, n. 549, art. 3, comma 181 e dal successivo D.P.C.M. in data 29 gennaio 1996, sono fondati su una presunzione legale relativa, con la conseguenza che il contribuente può sempre dimostrare l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione dei maggiori indici di reddito in essi previsti, dando prova di specifiche circostanze che rivelino il conseguimento di un ammontare di ricavi inferiore; i coefficienti presuntivi di reddito rappresentano, infatti, un valore minimale nella determinazione del volume d’affari, che si pone alla base dell’accertamento del reddito in un’ottica statistica, non astratta, bensì riferita al singolo settore economico” (Cass. n. 24912 del 2008; nello stesso senso Cass. n. 8420 del 2009).

A tali condivisibili principi il Collegio intende dare continuità.

Tanto premesso in punto di diritto, va rilevato come il giudice di appello – con apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità – abbia, nel merito, escluso che i contribuenti abbiano fornito prova idonea a vincere la presunzione legale, e ciò in quanto non sussisteva prova certa del fatto che la cooperativa prestasse il proprio servizio nei riguardi di un unico committente e che, comunque, tale circostanza non si palesava decisiva ai fini della dimostrazione del conseguimento di minori ricavi.

4. In conclusione, dichiarato estinto il giudizio nei confronti dei soci che hanno definito la lite, il ricorso proposto dalla società cooperativa e dagli altri soci deve essere rigettato.

Le spese del giudizio sono compensate nei confronti dei contribuenti che hanno definito la lite, mentre le spese per le restanti parti seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.

PQM

La Corte dichiara estinto il giudizio nei confronti di P.C., S.T. e V.G., con compensazione delle spese. Rigetta nel resto il ricorso e condanna gli altri ricorrenti al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 29 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2017

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