Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10238 del 19/04/2021

Cassazione civile sez. I, 19/04/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 19/04/2021), n.10238

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17545/2019 proposto da:

G.B., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Elena Petracca, in forza di procura speciale su

foglio separato allegato al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, Commissione Territoriale per il

riconoscimento della protezione internazionale di Vicenza;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il

02/05/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. MUCCI Roberto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, depositato il 19/2/2018, G.B., cittadino del (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Venezia – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di aver lasciato il Gambia per il timore di essere perseguitato o di subire ritorsioni ad opera della famiglia paterna.

Con Decreto del 2/5/2019 il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria.

2. Avverso il predetto decreto del 2/5/2019 ha proposto ricorso G.B., con atto notificato il 1/6/2019, svolgendo tre motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita solo con memoria 17/7/2019 al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso rilevando l’invalidità della procura rilasciata al difensore del ricorrente, con riferimento ai principi espressi dall’ordinanza della Sez. 1 n. 1043 del 17/01/2020, Rv. 656872-01, perchè redatta su foglio separato, materialmente congiunto al ricorso che pur indicando gli estremi del provvedimento impugnato, non reca la data di conferimento, nè la speciale certificazione richiesta del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio rileva preliminarmente che la ragione di inammissibilità del ricorso per invalidità della procura involge l’esame di una questione devoluta alle Sezioni Unite di questa Corte (esame programmato per l’udienza del 25/1/2021).

Evidenti ragioni di economia processuale impongono di non differire l’esame del ricorso, che appare comunque viziato da altre ragioni di inammissibilità, inerenti al contenuto dei motivi proposti a suo supporto.

2. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione di legge, contraddittorietà del provvedimento impugnato, eccesso di potere, ed errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

2.1. Secondo il ricorrente vi era stata violazione del dovere di cooperazione istruttoria da parte del Tribunale che non aveva provveduto a verificare sulla base di informazioni aggiornate la situazione socio-politica del Gambia e la ghettizzazione e discriminazione della popolazione cristiana da parte della maggioranza musulmana, specie a seguito della islamizzazione imposta dal Presidente J., non attenuati dalla transizione democratica in atto.

2.2. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente ignora la ratio decidendi che ha condotto, da un lato, il Tribunale ad escludere il riconoscimento dello status di rifugiato per la mancanza di un fondato timore di persecuzione personale e diretta, dall’altro la protezione sussidiaria individualizzata di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), in presenza di un conflitto meramente familiare risolto con l’abbandono della casa paterna.

2.3. Quanto alla protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e al rischio esposizione a violenza indiscriminata scaturente derivante da conflitto armato interno, la doglianza è volta a contestare genericamente nel merito la valutazione espressa dal Tribunale, basata sulla consultazione di fonti informative sufficientemente aggiornate al settembre del 2018 (EASO e Amnesty International, pag. 10).

3. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, contraddittorietà del provvedimento impugnato, eccesso di potere ed errata applicazione dell’art. 1 Convenzione di Ginevra, eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione.

3.1. Il ricorrente insiste sulla sua condizione di perseguitato quale figlio nato fuori dal matrimonio in considerazione della condanna morale e sociale nei confronti di tale gruppo sociale applicata dalle comunità islamiche radicali.

3.2. In primo luogo, è del tutto fuor d’opera il richiamo, peraltro enunciativo e privo di alcuna argomentazione a supporto, della L. n. 241 del 1990, art. 3, che riguarda la motivazione del “provvedimento amministrativo” e non si può ovviamente riferire ad un atto giurisdizionale.

3.3. Altrettanto priva di pertinenza appare l’evocazione del vizio di “eccesso di potere”, che riguarda anch’esso la legittimità di un atto amministrativo ed è del tutto fuor di luogo in sede giudiziaria tanto più di legittimità.

3.4. Le argomentazioni legate alla condizione di figlio nato fuori dal matrimonio sono per un verso non pertinenti rispetto al provvedimento impugnato, ove non vi è cenno di tale condizione, e per altro non autosufficienti, in quanto il ricorrente non dà conto di come e quando avrebbe riferito di tale condizioni e delle sue ripercussioni sulla vicenda.

4. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, contraddittorietà del provvedimento impugnato, eccesso di potere ed errata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, eccesso di potere per difetto assoluto di motivazione.

4.1. Secondo il ricorrente avrebbe dovuto essergli riconosciuta la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b), per l’assoluta incapacità dello Stato di offrirgli tutela contro i trattamenti inumani e degradanti praticati nei suoi confronti in quanto figlio illegittimo, non contrastati in alcun modo dalle forze dell’ordine locali a cui era stata chiesta più volte inutilmente tutela.

4.2. In primo luogo, come già osservato, sono del tutto fuor d’opera il richiamo, meramente enunciativo e privo di alcuna argomentazione a supporto, della L. n. 241 del 1990, art. 3, che riguarda la motivazione del “provvedimento amministrativo” e l’evocazione del vizio di “eccesso di potere”, che riguarda anch’esso la legittimità di un atto amministrativo; l’uno e l’altro del tutto fuor di luogo in sede giudiziaria di legittimità.

4.3. Nel resto, come sopra esposto, la censura non è autosufficiente nei suoi riferimenti fattuali asseritamente ignorati dal Tribunale.

5. Con il quarto motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione di legge il ricorrente denunci violazione della L. n. 241 del 1990, art. 3, contraddittorietà del provvedimento impugnato, eccesso di potere violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 289 del 1998, art. 5, comma 6 e art. 19 (rectius: D.Lgs. n. 286).

5.1. Con riferimento alla protezione umanitaria il ricorrente lamenta assoluto difetto di motivazione del provvedimento impugnato che non ha tenuto conto nè della vulnerabilità derivante dalla particolare condizione soggettiva e dalla situazione generale del Paese di provenienza, nè della integrazione sociale e lavorativa (ritenuta insufficiente sol perchè il contratto risultava scaduto).

5.2. Quanto alla L. n. 241 del 1990 e al vizio di eccesso di potere è sufficiente il richiamo a quanto in precedenza rilevato in sede di esame dei motivi precedenti.

5.3. Nel resto la censura è ancora una volta non autosufficiente quanto alla condizione di figlio illegittimo e generica e riversata nel merito quanto all’integrazione lavorativa, al cui riguardo il ricorrente non contesta che il rapporto di lavoro fosse ormai scaduto.

6. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di rituale costituzione dell’Amministrazione.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2021

 

 

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