Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10237 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/05/2020, (ud. 19/11/2019, dep. 29/05/2020), n.10237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – rel. Consigliere –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

Dott. VENEGONI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 16100/2012 R.G. proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore Generale p.t.,

rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12, è

domiciliata;

– ricorrente –

contro

S.R., rappresentato e difeso dagli Avv. Piccione Luigi e

Furitano Cecilia, presso lo studio della quale in Roma, via Monte

Zebio, n. 37, è elettivamente domiciliata;

– controricorrente –

e contro

Serit Sicilia S.p.a., in persona del legale rappresentante p.t.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 174/16/11 della Commissione Tributaria

Regionale della Sicilia – Sezione distaccata di Siracusa –

depositata in data 11 maggio 2011 e non notificata. Udita la

relazione svolta nella Camera di Consiglio del 19 novembre 2019 dal

Consigliere Giudicepietro Andreina.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. l’Agenzia delle Entrate ricorre con due motivi per la cassazione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sezione distaccata di Siracusa (di seguito C.T.R.), n. 174/16/11, depositata l’11 maggio 2011 e non notificata che, in controversia relativa alla impugnazione della cartella di pagamento n. 298 2006 00059505 90, recante l’iscrizione a ruolo delle imposte non versate nel triennio 1990-1992, nonchè di somme dovute a seguito del controllo automatizzato D.P.R. n. 600/1973, ex art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis delle dichiarazioni modello unico presentate per gli anni di imposta 2000 e 2001, accoglieva parzialmente l’appello dell’Ufficio con la conseguente, parziale modifica delle sentenza di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa;

2. secondo la C.T.R., il diniego dell’Ufficio di definizione agevolata, ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, delle somme portate dalla cartella di pagamento per cui è causa, relativa ad imposte degli anni 1990, 1991, 1992, non pareva legittimo, posto che l’omesso versamento di una quota di quanto dovuto per il condono non determina l’inefficacia della definizione automatica;

nel caso di specie, quindi, secondo i Giudici di appello, l’Ufficio non poteva negare il condono in esame, ma poteva esigere il pagamento del 10% sul residuo debito, sì da riscuotere il credito residuo portato dalla cartella contestata, dedotto quanto non dovuto in forza della L. n. 289 del 2002, art. 17 e dedotto quanto già versato a tale titolo, fatte salve le previsioni della norma nell’ipotesi di mancato integrale pagamento del detto 10% nei termini dalla stessa previsti;

la C.T.R. affermava, inoltre, che, con riferimento agli anni di imposta 2000 e 2001, la pretesa impositiva era affetta da nullità assoluta perchè il medesimo contribuente si era, altresì, avvalso del condono tombale L. n. 289 del 2002, ex artt. 7, 8 e 9;

3. a seguito del ricorso, il sig. S.R. resiste con controricorso;

4. il ricorso è stato fissato per la camera di consiglio del 19 novembre 2019, ai sensi degli artt. 375 c.p.c., u.c., e art. 380-bis 1 c.p.c., il primo come modificato ed il secondo introdotto dal D.L. 31.08.2016, n. 168, conv. in L. 25 ottobre 2016, n. 197.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1.1. preliminarmente deve rilevarsi l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso, per essere stato notificato oltre il termine lungo di impugnazione, che scadeva il 26/6/2012, essendo stata depositata la sentenza di appello in data 11/5/2011;

in particolare, l’Agenzia delle Entrate ha spedito una prima volta il

ricorso in data 22/6/2012, ma il plico non risulta consegnato ai destinatari per l’irreperibilità degli stessi, come annotato sull’avviso di ricevimento senz’altra indicazione di ulteriori adempimenti da parte dell’ufficiale postale;

l’Ufficio, quindi, avuta notizia della mancata consegna, ripeteva la spedizione dell’atto in data 16/7/2012 presso lo stesso indirizzo e la notifica si perfezionava, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., stante la temporanea assenza del destinatario e delle parsone abilitate a ricevere l’atto, con il deposito dell’atto stesso presso l’ufficio postale ed il successivo ritiro da parte del destinatario;

la rinnovazione della notifica, avvenuta oltre il termine lungo per l’impugnazione, ma entro un tempo ragionevole, vale a sanare ex tunc la prima notifica, tentata tempestivamente e non andata a buon fine per causa non imputabile al notificante;

come si è detto, “in tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, semprechè la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie” (Sez. U, Sentenza n. 17352 del 24/07/2009);

è stato ulteriormente precisato che “in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa” (Sez. U, Sentenza n. 14594 del 15/07/2016);

nel caso in esame, la prima notifica non si è perfezionata per la mera inerzia dell’ufficiale postale, che, avendo riscontrato l’irreperibilità (evidentemente temporanea) del destinatario non ha proceduto alle ulteriori formalità;

la seconda notifica è poi avvenuta in un tempo ragionevole, comunque inferiore alla metà del termine per l’impugnazione ex art. 325 c.p.c., ed ha determinato la ripresa del procedimento notificatorio con effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento stesso, ai fini del rispetto del termine per impugnare;

infine, nessun dubbio può esservi sul fatto che il primo tentativo di notifica riguardi il ricorso in oggetto, poichè, dalla documentazione allegata allo stesso, risulta, che l’atto è stato consegnato in data 22 giugno 2012 al centro notifiche dell’Avvocatura generale, la quale ne ha curato l’inoltro all’ufficio postale, come da timbro apposto in pari data sulla ricevuta di accettazione della raccomandata;

1.2. con il primo motivo la ricorrente censura, quanto agli anni d’imposta 2000 e 2001, la violazione e/o la falsa applicazione degli della L. n. 289 del 2002, artt. 7, 8 e 9, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36-bis e 36-ter, nonchè del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3);

secondo la ricorrente, per quanto attiene all’iscrizione a ruolo concernente le annualità 2000 e 2001, è pacifico che trattasi di somme dovute a seguito del controllo automatizzato, D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36-bis e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis, delle dichiarazioni modello unico presentate dal contribuente;

il condono tombale, infatti, nonostante impedisca alla Amministrazione Finanziaria qualunque attività di accertamento, non le preclude il mero controllo formale delle dichiarazioni presentate, in conformità con le norme in esame.;

1.3. preliminarmente, deve rilevarsi che l’eccezione del controricorrente d’inammissibilità del motivo, basata sull’argomentazione che sarebbe passata in giudicato, per mancata impugnazione, la statuizione del giudice di prime cure in ordine alla nullità della pretesa impositiva, non è fondata;

in primo luogo, l’eccezione risulta generica, in quanto non riproduce, neanche sinteticamente, il contenuto dell’atto di appello dell’Amministrazione Finanziaria;

inoltre, nel merito non è fondata, in quanto la sentenza impugnata dà atto che il giudice di prime cure aveva ritenuto la decadenza dell’Amministrazione dalla facoltà di iscrivere a ruolo i maggiori importi dovuti per gli anni 2000 e 2001 e che l’Agenzia delle Entrate aveva impugnato tale statuizione, chiedendo il riconoscimento della legittimità dell’iscrizione a ruolo e della notifica della relativa cartella, sul necessario presupposto logico che il condono non precludesse la rettifica effettuata;

passando all’esame della doglianza, essa è fondata e va accolta;

invero, il condono “tombale” (L. n. 289 del 2002, ex art. 9) va considerato come preclusivo dell’accertamento, ma non della procedura di liquidazione, effettuata ai sensi del combinato disposto degli della L. n. 413 del 1991, art. 57, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36-bis e 36-ter e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54-bis;

come è stato detto “in tema di condono fiscale, la definizione automatica L. n. 289 del 2002, ex art. 9, comma 9, non incide sulla liquidazione ex art. 36 bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e su quanto ad essa collegato a titolo d’interessi e sanzioni per ritardato pagamento, per i quali il contribuente deve avvalersi della procedura di cui al successivo art. 9-bis della medesima legge” (Sez. 5, Sentenza n. 11334 del 31/05/2016);

nel caso di specie, è pacifico che per gli anni di imposta 2000 e 2001 il contribuente si sia avvalso della sanatoria prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, pertanto il motivo è fondato, poichè il condono non è preclusivo dell’accertamento automatizzato o formale (vedi Cass. Sez. 5, Sentenza n. 17631 del 06/08/2014; Cass. Sez. 5, Sentenza n. 647 del 15/01/2014; Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 28064 del 2 novembre 2018);

2.1. con il secondo motivo la ricorrente denunzia, in relazione alle annualità 1990, 1991 e 1992, la violazione e/o la falsa applicazione della L. n. 289 del 2002, art. 9, commi 10 e 17, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3);

secondo la ricorrente, diversamente da quanto affermato dalla C.T.R., l’insufficiente versamento delle somme dovute, a fronte della sanatoria prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, determina il mancato perfezionamento e la conseguente inefficacia della definizione agevolata;

a sostegno di detto assunto, l’Agenzia delle Entrate afferma che detta disposizione, prevedendo la possibilità per i contribuenti colpiti dal sisma del 1990 di definire in via agevolata le posizioni fiscali relative agli anni 1990, 1991 e 1992, afferma espressamente che “la definizione si perfezione versando l’intero ammontare dovuto per ciascun tributo… diminuito al 10%”;

2.2. il motivo è fondato;

2.3. in base alla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17, “I soggetti colpiti dal sisma del 13 e 16 dicembre 1990, che ha interessato le province di Catania, Ragusa e Siracusa, individuati ai sensi dell’art. 3 dell’O.M. 21 dicembre 1990 del Ministro per il coordinamento della protezione civile, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 299 del 24 dicembre 1990, destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi e contributi, possono definire in maniera automatica la propria posizione relativa agli anni 1990, 1991 e 1992. La definizione si perfeziona versando, entro il 16 aprile 2003, l’intero ammontare dovuto per ciascun tributo a titolo di capitale, al netto dei versamenti già eseguiti a titolo di capitale ed interessi, diminuito al 10 per cento; il perfezionamento della definizione comporta gli effetti di cui al comma 10. Qualora gli importi da versare complessivamente ai sensi del presente comma eccedano la somma di 5.000 Euro, gli importi eccedenti possono essere versati in un massimo di otto rate semestrali con l’applicazione degli interessi legali a decorrere dal 17 aprile 2003. L’omesso versamento delle predette eccedenze entro le scadenze delle rate semestrali non determina l’inefficacia della definizione automatica; per il recupero delle somme non corrisposte si applicano le disposizioni del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 14, e successive modificazioni, e sono altresì dovuti una sanzione amministrativa pari al 30 per cento delle somme non versate, ridotta alla metà in caso di versamento eseguito entro i trenta giorni successivi alla scadenza medesima, e gli interessi legali”;

la norma prevede, quindi, che la definizione si perfezioni versando, entro il termine stabilito, l’intero ammontare dovuto per ciascun tributo (…) diminuito al 10 per cento, nonchè la possibilità di un sistema di pagamento rateale per l’eccedenza, rispetto all’importo di 5.000,00 Euro, chiarendo che l’omesso pagamento delle rate nei termini non determina l’inefficacia della definizione automatica;

la C.T.R., con la sentenza impugnata, ritiene che non sia giustificato il diniego di definizione agevolata, perchè l’art. 9, comma, 17, prevede appunto che il ritardo nel pagamento delle rate relative all’eccedenza non comporti l’inefficacia della procedura di agevolazione, ma non rapporta la previsione legislativa al caso concreto, omettendo del tutto di esaminare la fattispecie oggetto di lite e limitandosi ad un’enunciazione di principio, riferibile al caso del ritardato pagamento dell’importo rateizzato, senza chiarire, se nel caso in esame, il mancato pagamento riguardi le rate semestrali relative all’eccedenza;

pertanto, il ricorso va complessivamente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sezione distaccata di Siracusa, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

la Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla C.T.R. della Sicilia, Sezione distaccata di Siracusa, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020

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