Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10237 del 19/04/2021

Cassazione civile sez. I, 19/04/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 19/04/2021), n.10237

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14049/2019 proposto da:

M.F.L.J., domiciliato in Roma, piazza Cavour,

presso la Cancelleria civile della Corte di Cassazione e

rappresentato e difeso dall’avvocato Elena Petracca, in forza di

procura speciale su foglio separato allegato al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, Commissione Territoriale per il

riconoscimento della protezione internazionale di Bologna;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il

29/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. MUCCI Roberto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, depositato il 23/4/2018, M.F.L.J., cittadino della (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Venezia – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di aver lasciato la Nigeria per una serie di vicissitudini che avevano interessato la sua famiglia di origine nonchè per difficoltà economiche e l’impossibilità di reperire una occupazione stabile; di essere rientrato in Nigeria diverse volte dal (OMISSIS), prima data di ingresso in Italia, una prima volta per sposarsi con l’attuale moglie, di religione cristiana, dopo aver rifiutato un matrimonio combinato con una dodicenne, e poi altre volte, l’ultima nel (OMISSIS), per andare a trovare la moglie; di aver avviato nel (OMISSIS) le pratiche per fare il venditore ambulante; che la moglie cristiana gli aveva rivelato forti pressioni esercitate nei suoi confronti dalla sua famiglia di origine, musulmana, che non gli aveva perdonato di essersi convertito alla religione della moglie; che la situazione in Nigeria era aggravata dalla presenza del gruppo (OMISSIS).

Con decreto del 29/3/2019 il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria.

2. Avverso il predetto decreto del 29/3/2019 ha proposto ricorso M.F.L.J., con atto notificato il 29/4/2019 (lunedì, primo giorno non festivo successivo alla scadenza del termine e quindi tempestivamente), svolgendo tre motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita solo con memoria 1/7/2019 al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, rilevando l’invalidità della procura rilasciata al difensore del ricorrente, con riferimento ai principi espressi dall’ordinanza della Sez. 1 n. 1043 del 17/01/2020, Rv. 656872-01, perchè redatta su foglio separato, materialmente congiunto al ricorso che, pur indicando gli estremi del provvedimento impugnato, non reca la data di conferimento, nè la speciale certificazione richiesta dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio rileva preliminarmente che la ragione di inammissibilità del ricorso per invalidità della procura involge l’esame di una questione devoluta alle Sezioni Unite di questa Corte (esame programmato per l’udienza del 25/1/2021).

Evidenti ragioni di economia processuale impongono di non differire l’esame del ricorso, che appare comunque viziato da altre ragioni di inammissibilità, inerenti al contenuto dei motivi proposti a suo supporto.

2. Con il primo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3,D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 e L. n. 241 del 1990, art. 3.

2.1. Secondo il ricorrente vi era stata violazione del dovere di cooperazione istruttoria da parte del Tribunale che non aveva provveduto a verificare sulla base di informazioni aggiornate (essendosi limitato a fonti del 2017) la situazione socio politica del Benue State, in Nigeria, regione che era stata interessata da un eccidio nel (OMISSIS) ad opera dei (OMISSIS), cosa che aveva determinato lo sfollamento dei suoi familiari in un campo profughi, e in particolare le condizioni di discriminazione e repressione della minoranza cattolica di cui egli faceva parte in conseguenza della sua conversione alla religione della moglie.

2.2. In primo luogo, è del tutto fuor d’opera il richiamo, peraltro meramente enunciativo e privo di alcuna argomentazione a supporto, della L. n. 241 del 1990, art. 3, che riguarda la motivazione del “provvedimento amministrativo” e non si può ovviamente riferire ad un atto giurisdizionale.

2.3. Il motivo non si confronta con la motivata valutazione di inattendibilità del racconto personale del richiedente asilo, ritenuto incoerente e non circostanziato, specie nel timore legato alle pressioni esercitate sulla moglie, che continua a vivere in Nigeria, dalla sua famiglia d’origine a causa della sua conversione al cristianesimo, che comunque non lo riguarderebbero personalmente e che, allo stesso dire del richiedente, si erano attenuate dopo la morte del padre.

2.4. Fa poi difetto una pertinente censura alla ratio decidendi che ha condotto il Tribunale ad escludere un fondato timore di persecuzione personale e diretta e la protezione sussidiaria individualizzata di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b), in difetto di deduzione di rischio di condanna a morte, tortura e trattamenti inumani.

2.5. Il ricorrente rimprovera al Tribunale di non aver valutato le aggressioni dei (OMISSIS) nel (OMISSIS) e le stragi da esse perpetrate, assumendo però del tutto genericamente di aver riferito in sede di audizione sia l’eccidio del (OMISSIS), sia lo sfollamento dei suoi familiari in un campo profughi.

La censura però non appare autosufficiente in difetto di trascrizione o di idonea sintesi delle predette dichiarazioni che i Giudici avrebbero mancato di approfondire.

2.6. Per il resto la censura si riversa nel merito per dissentire dalle fonti citate dal Tribunale a sostegno delle sue conclusioni.

3. Con il secondo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione ed errata applicazione del combinato disposto del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b), c) e della L. n. 241 del 1990, art. 3, nonchè difetto di motivazione.

3.1. Secondo il ricorrente avrebbe dovuto essergli riconosciuta la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a), b) o c).

2.2. Va richiamato quanto già esposto a proposito della censura relativa alla L. n. 241 del 1990.

2.3. Le censure sono del tutto generiche ed astratte, non collegate alla fattispecie concreta e al giudizio di inattendibilità del racconto relativo alla vicenda personale.

Quanto alle aggressioni dei (OMISSIS) del (OMISSIS), vale anche con riferimento a questo mezzo, sostanzialmente iterativo del precedente motivo, il difetto di autosufficienza sopra rimarcato.

4. Con il terzo motivo di ricorso, proposto ex art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente denuncia violazione di legge e in particolare del D.Lgs. n. 289 del 1998, art. 5, comma 6 (rectius: D.Lgs. n. 286) e della L. n. 241 del 1990.

4.1. Con riferimento alla protezione umanitaria il ricorrente lamenta assoluto difetto di motivazione del provvedimento impugnato che non ha tenuto conto nè della situazione dei diritti umani nel Paese di origine, nè della sua integrazione sociale e lavorativa.

4.2. Va richiamato quanto già esposto a proposito della censura relativa alla L. n. 241 del 1990.

4. 3. Il ricorrente censura solo genericamente la decisione del Tribunale basata sulla non credibilità del racconto circa la vicenda personale, quanto alla vulnerabilità soggettiva, e alla mancata deduzione di un inserimento lavorativo in Italia.

5. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di rituale costituzione dell’Amministrazione.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2021

 

 

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