Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10236 del 19/04/2021

Cassazione civile sez. I, 19/04/2021, (ud. 21/01/2021, dep. 19/04/2021), n.10236

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto L. C. G. – rel. Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14047/2019 proposto da:

D.S., domiciliato in Roma, piazza Cavour, presso la

Cancelleria civile della Corte di Cassazione e rappresentato e

difeso dall’avvocato Elena Petracca, in forza di procura speciale su

foglio separato allegato al ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, Commissione Territoriale per il

riconoscimento della protezione internazionale di Vicenza;

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di VENEZIA, depositato il

27/03/2019;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

21/01/2021 dal Consigliere Dott. UMBERTO LUIGI CESARE GIUSEPPE

SCOTTI

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. MUCCI Roberto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso del D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35 bis, depositato il 8/2/2018, D.S., cittadino della (OMISSIS), ha adito il Tribunale di Venezia – Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini UE, impugnando il provvedimento con cui la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha respinto la sua richiesta di protezione internazionale, nelle forme dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e della protezione umanitaria.

Il ricorrente aveva riferito di aver lasciato la Guinea perchè per due volte, in occasione di manifestazioni politiche, il suo negozio era stato saccheggiato, il che gli aveva fatto perdere la speranza di vivere tranquillamente nel suo Paese.

Con Decreto del 27/3/2019 il Tribunale di Venezia ha respinto il ricorso, ritenendo che non sussistessero i presupposti per il riconoscimento di ogni forma di protezione internazionale e umanitaria.

2. Avverso il predetto decreto ha proposto ricorso D.S., con atto notificato il 26/4/2019, svolgendo tre motivi.

L’intimata Amministrazione dell’Interno si è costituita solo con memoria del 24/7/2019 al fine di poter eventualmente partecipare alla discussione orale.

Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, rilevando l’invalidità della procura rilasciata al difensore del ricorrente, con riferimento ai principi espressi dall’ordinanza della Sez. 1 n. 1043 del 17/01/2020, Rv. 656872-01, perchè redatta su foglio separato, materialmente congiunto al ricorso, che, pur indicando gli estremi del provvedimento impugnato, non reca la data di conferimento, nè la speciale certificazione richiesta dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35 bis, comma 13.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio rileva preliminarmente che la ragione di inammissibilità del ricorso per invalidità della procura involge l’esame di una questione devoluta alle Sezioni Unite di questa Corte (esame programmato per l’udienza del 25/1/2021).

Evidenti ragioni di economia processuale impongono di non differire l’esame del ricorso, che appare comunque viziato da altre ragioni di inammissibilità, inerenti al contenuto dei motivi proposti a suo supporto.

2. Con il primo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione di legge e contraddittorietà del provvedimento impugnato, eccesso di potere, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8.

2.1. Secondo il ricorrente vi era stata violazione del dovere di cooperazione istruttoria da parte del Tribunale che non aveva provveduto a verificare sulla base di informazioni aggiornate la situazione socio politica della Guinea, cosa che avrebbe permesso di comprendere i reali motivi della partenza del ricorrente.

2.2. Il motivo è inammissibile.

Il ricorrente ignora nella sua, invero generica, argomentazione la ratio decidendi che ha condotto,. il Tribunale ad escludere, da un lato, il riconoscimento dello status di rifugiato per l’assenza di un fondato timore di persecuzione personale e diretta, e, dall’altro, la protezione sussidiaria individualizzata di cui alle lettere a) e b) del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, in difetto di deduzione di un concreto rischio di condanna a morte, tortura e trattamenti inumani (pag. 7, 2 e 3 cpv.).

2.3. Quanto alla protezione sussidiaria di cui del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) e al rischio di esposizione a violenza indiscriminata scaturente da conflitto armato interno, la doglianza è volta a contestare genericamente nel merito la valutazione espressa dal Tribunale, basata sulla consultazione di fonti informative sufficientemente aggiornate, da ultimo al settembre del 2018 (EASO, pag. 10).

3. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione di legge e in particolare della L. n. 241 del 1990, art. 3, contraddittorietà del provvedimento impugnato, eccesso di potere, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, ed eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione.

3.1. Secondo il ricorrente, avrebbe dovuto essergli riconosciuta la protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) o c), poichè lo Stato non si era dimostrato in grado di accordare tutela al suo cittadino contro il comportamento improprio delle opposte fazioni politiche e delle stesse forze dell’ordine.

3.2. In primo luogo, è del tutto fuor d’opera il richiamo, peraltro meramente enunciativo e privo di alcuna argomentazione a supporto, della L. n. 241 del 1990, art. 3, che riguarda la motivazione del “provvedimento amministrativo” e non si può ovviamente riferire ad un atto giurisdizionale.

3.3. Altrettanto priva di pertinenza appare l’evocazione del vizio di “eccesso di potere”, che riguarda anch’esso la legittimità di un atto amministrativo ed è del tutto fuor di luogo in sede giudiziaria tanto più di legittimità.

3.4. Infine le censure sollevate ancora non si confrontano con la richiamata ratio, fondata sull’accertamento solo di una situazione di mera tensione socio-politica, che comunque aveva portato solo a violenza sulle cose, per giunta ritenuta in gran parte superata.

4. Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia violazione di legge e in particolare della L. n. 241 del 1990, art. 3, contraddittorietà del provvedimento impugnato, eccesso di potere, violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, eccesso di potere per carenza assoluta di motivazione.

4.1. Con riferimento alla protezione umanitaria il ricorrente lamenta assoluto difetto di motivazione del provvedimento impugnato che non ha tenuto conto nè della sua condizione di vulnerabilità ingenerata dallo stato di depressione psichica e del bisogno di terapia farmacologica, nè della sua integrazione sociale.

4.2. Quanto alla L. n. 241 del 1990, art. 3 e all’eccesso di potere è sufficiente richiamare quanto esposto in precedenza.

4.3. Quanto alla vulnerabilità indotta dallo stato di salute e in particolare dalla depressione psichica, il motivo non affronta – se non del tutto genericamente e nel merito – e non confuta l’argomentazione del decreto impugnato secondo cui non era stata diagnosticata una patologia incompatibile con l’allontanamento dall’Italia e soprattutto si era registrato un significativo miglioramento delle condizioni del richiedente asilo a febbraio del 2019.

Quanto all’integrazione sociale, di per sè non sufficiente, il ricorrente si limita a considerazioni del tutto generiche circa la frequenza di corsi di lingua e apprendimento professionale, oltre a dedurre, senza alcun supporto documentale, un rapporto di lavoro a tempo determinato sorto comunque dopo la pronuncia del decreto impugnato, ad aprile del 2019.

5. Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile.

Nulla sulle spese in difetto di rituale costituzione dell’Amministrazione.

PQM

La Corte;

dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 21 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2021

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