Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10232 del 18/05/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10232 Anno 2016
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: LUCIOTTI LUCIO

SENTENZA

sul ricorso 9507-2010 proposto da:
MOTORTRADE SRL in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA P.ZA
COLA DI RIENZO 92, presso lo studio dell’avvocato
ELISABETTA NARDONE, che lo rappresenta e difende
unitamente all’avvocato GIOVANNI PATTAY giusta delega
2016

a margine;
– ricorrente –

1506
contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO

Data pubblicazione: 18/05/2016

STATO, che lo rappresenta e difende;
– controricorrente
nonché contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO DI RAPALLO;
– intimata. –

GENOVA, depositata il 09/10/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/05/2016 dal Consigliere Dott. LUCIO
LUCIOTTI;
udito per il controricorrente l’Avvocato PALATIELLO
che si riporta al controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 81/2009 della COMM.TRIB.REG. di

RITENUTO IN FATTO

l. La Motortrade s.r.l. propone ricorso per
cassazione, affidato a due motivi, avverso la
sentenza della Commissione Tributaria Regionale della
Liguria n. 81 del 9 ottobre 2009, confermativa della
sentenza n. 35/10/2007 della CT? di Genova, che aveva

della società avverso un avviso di accertamento
relativo ad IRPEG, IRA?

ed IVA relativa all’anno

2003, emesso sul presupposto della partecipazione
della società stessa ad una frode intracomunitaria
relativa all’IVA concernente l’importazione di
autoveicoli.
2. L’Agenzia resiste con controricorso.
3.

La causa perviene da rinvio della Sesta

sezione civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce, ai
sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la
violazione del d.lgs. n. 546 del 1992, art. 57, per
avere il giudice di appello dichiarato inammissibile,
perché proposta per la prima volta in appello, la
dcglianza relativa all’asserita nullità od
inesistenza della notificazione dell’avviso di
accertamento, sostenendo che non si tratta di
eccezione nuova, ma di questione già introdotta in
primo grado a seguito di eccezione di tardività del
ricorso proposto dall’Ufficio, come si desumeva dal
contenuto della sentenza della CTP in cui si dava
atto che la ricorrente società aveva “affermato di
aver ricevuto in data 5/12/2005 la notifica

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Cons

. Luciotti

dichiarato inammissibile per tardività il ricorso

dell’avviso di accertamento opposto” (così a pag. 4
del ricorso).
2.

Con il secondo motivo deduce, ai sensi

dell’art.

360,

primo

comma,

n.

3,

c.p.c.,

la

violazione degli artt. 14 L. n. 898 del 1982 e 145
c.p.c., per avere la CTR ritenuto tardivamente
notificato il ricorso di primo grado omettendo di

considerare che il citato art. 14 non consente la
notificazione degli atti a mezzo posta alle persone
giuridiche, che l’atto notificato era privo di una
relata di notifica completa, non essendo indicati la
data,

il luogo e la persona incaricata della

spedizione, che la notifica era stata effettuata
all’indirizzo ma non alla sede della società e,
infine, che l’atto era stato consegnato a persona non
addetta alla ricezione della posta, non essendo al
servizio

o

alle

dipendenze

della

società

destinataria.
3. Va esaminato per prima tale ultimo motivo, in
quanto logicamente preliminare.
4. La società ricorrente con il mezzo in esame
lamenta, sotto un primo profilo, che la CTR avrebbe
erroneamente ritenuto che l’art. 14 della L. n. 898
del 1982 consentisse la notificazione degli atti a
mezzo posta anche alle persone giuridiche e, sotto un
secondo profilo, che i giudici di merito non avevano
tenuto conto di alcune circostanze dedotte nell’atto
di appello – quali la mancanza di una relata di
notifica, perché priva della data e del luogo e della
persona incaricata della spedizione, nonché del fatto
che la notifica era stata effettuata all’indirizzo ma

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Cons.

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non alla sede della società e che l’atto era stato

consegnato a persona non addetta alla ricezione della
posta

indirizzata

dell’invalidità

alla

società

dimostrative

della notificazione dell’atto

impositivo.
4.1. Il primo profilo di doglianza dedotto nel
mezzo in esame è inammissibile, prima ancora che

infondato, in quanto la dedotta violazione dell’art.
14 L. 898 del 1982 è disposizione nel caso di specie
non applicabile, in guanto la notificazione risulta
essere stata effettuata direttamente
dall’Amministrazione finanziaria (v. pag. 7 del
ricorso ove

è trascritta la “relata”)

e,

pertanto,

alla spedizione dell’atto si applicano le norme
concernenti il servizio postale ordinario e non
quelle della legge n. 890 del 1982 (Cass. n. 17598
del 2010).
4.2.

E’,

peraltro,

infondato,

in quanto la

legislazione vigente tra notifica a mezzo posta e
quella a mezzo ufficiale giudiziario non pone alcuna

differenza o limitazione in ragione del soggetto
destinatario dell’atto, che nelle notifiche dirette a
persone giuridiche si perfeziona comunque con la
consegna materiale dell’atto da notificare ad una
persona fisica (espressamente individuata dall’art.
145

c.p.c. nel rappresentante della medesima o nella

persona all’uopo incaricata o addetta alla sede o, da
ultimo, nel portiere dello stabile ove la società ha
sede).

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5. Gli altri profili di doglianza esposti nel
motivo in esame sono anch’essi inammissibili per
difetto di autosufficienza del motivo.
La ricorrente, infatti, omette di riprodurre il
contenuto dell’atto e, precisamente, dell’avviso di
ricevimento della raccomandata a mezzo della quale
l’Agenzia ha spedito, per la notificazione, l’avviso

di accertamento, in tal modo sottraendosi al
prescritto adempimento in punto di autosufficienza ed
impedendo a questa Corte di effettuare il necessario
vaglio critico ai fini della valutazione della
fondatezza delle doglianze esposte nel motivo (ex
multis, Casa. n. 23575 del 18/11/2015; n. 14784 del
15/07/2015). Onere da cui la parte non è dispensata
neanche nelle ipotesi di denuncia di error in
procedendo, in cui la Corte ha diretto accesso agli
atti di causa, in quanto, in tali ipotesi,
l’esercizio del potere di diretto esame degli atti
del giudizio di merito presuppone comunque
l’ammissibilità del motivo di censura, onde il
ricorrente non è dispensato dall’onere di specificare
(a pena, appunto, di inammissibilità) il contenuto
della critica mossa alla sentenza impugnata,
indicando anche specificamente i fatti

processuali

alla base dell’errore denunciato, e tale
specificazione deve essere contenuta nello stesso
ricorso per cassazione, per U principio di
autosufficienza di esso (ex multis, Cass., Sez. l,
sent. n. 20405 del 20/09/2006; Sez. L, sent. n. 6225
del 23/03/2005; Sez. 5, sent. n. 1170 del 23/01/2004;
Sez. 5, sent. n. 23575 del 15/11/2015).

n.

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5.1. In ogni caso, le doglianze rivolte dalla
ricorrente alle modalità di recapito del piego
raccomandato contenente l’avviso di accertamento sono
infondate aLteso che: a) la relata di notifica non
deve essere redatta in caso di notificazione a mezzo
posta (Cass. n. 9111/12 e n. 272/14); b) (Cass. n. 9111/12 e n.
272/14); c) anche nel caso di notificazione eseguita
dall’agente postale, la relata di notificazione fa
fede fino a querela di falso – che nella specie non
risulta essere stata proposta – per le attestazioni
che riguardano l’attività svolta, comprensiva della
qualifica del soggetto cui l’atto è stato consegnato
(ex multis Cass. n. 2421/14 e n. 16289/15 e, più
specificatamente in ordine al soggetto rinvenuto
presso il domicilio del destinatario, Sez. 5, sent.
n. 1906 del 29/01/2008).
6. L’inammissibilità del motivo di ricorso in
esame, con la conseguente conferma della statuizione
di appello che ha dichiarato la tardività del ricorso
di primo grado, comporta l’assorbimento del primo
mezzo, con cui il giudice di merito ha dichiarato
inammissibile, perché nuova, la censura di nullità od
inesistenza della notificazione dell’avviso di
accertamento.

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7.Conclusivamente, quindi, può essere dichiarato
inammissibile il secondo motivo di ricorso, assorbito
il primo, e la ricorrente condannata alle spese
processuali, liquidate come in dispositivo ai sensi
del d.m. Giustizia n. 55 del 2014.
P.Q.M.

ricorso, assorbito il primo, e condanna la ricorrente
al pagamento delle spese processuali che liquida in
10.000,00 oltre spese prenotate a debito.
Così deciso nella camera di consiglio della 5 ^
sezione civile del 2 maggio 2016.

La Corte dichiara inammissibile il secondo motivo di

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