Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10230 del 29/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 29/05/2020, (ud. 09/10/2019, dep. 29/05/2020), n.10230

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. FRACANZANI Marcello M. – Consigliere –

Dott. SAIEVA Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 1610/2018 R.G. proposto da:

N.G.B., rappresentato e difeso dall’avv. Moretti

Giuseppe del Foro di Ferrara pec: avvgiuseppemoretti.pec.giuffre.it;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante p.t.,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato,

domiciliata ope legis in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

– intimata –

Avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Sicilia, Sezione staccata di Siracusa n. 2015/4/17, pronunciata

l’8.5.2017 e depositata il 30.5.2017,11

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

9.10.2019 dal Consigliere Saieva Giuseppe.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza n. 94/2015, depositata in data 13.01.2015, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sezione staccata di Siracusa accoglieva il ricorso proposto da N.G.B., nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, riconoscendo ai sensi della L. n. 289 del 2002 il diritto al rimborso della somma complessiva di Euro 24.237,67, oltre interessi, a titolo di parziale rimborso dell’Irpef versata per gli anni 1990, 1991 e 1992 previsto per i soggetti colpiti dal sisma del 13 dicembre 1990.

2. Persistendo l’inerzia dell’ufficio impositore, messo in mora con atto notificato in data 4.1.2017, il N. con ricorso in data 8.2.2017 chiedeva alla medesima C.T.R. di disporre l’ottemperanza al giudicato formatosi sull’anzidetta sentenza n. 94/2015.

3. L’Ufficio rappresentava di avere provveduto ad effettuare il rimborso dell’importo complessivo di Euro 24.237,67, in data 1 e 2.12.2016 e chiedeva, pertanto, declaratoria di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese di giudizio.

4. Con sentenza n. 2015/4/17 pronunciata l’8.5.2017 e depositata il 30.5.2017, la Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, Sezione staccata di Siracusa accoglieva il ricorso limitatamente alla richiesta di pagamento degli interessi legali, dalla data della domanda al soddisfo.

5. Avverso tale sentenza il N. ha proposto ricorso per cassazione affidandolo a due motivi.

6. L’Agenzia delle entrate, benchè ritualmente intimata, non si è costituita in giudizio.

7. Il ricorso è stato fissato nella camera di consiglio del 9.10.2019, ai sensi degli artt. 375 c.p.c., u.c., e art. 380-bis1 c.p.c..

8 In data 27.9.2019 il ricorrente depositava memoria ex art. 380-bis c.p.c. con cui ribadiva le deduzioni difensive contenute nel ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo il ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione ed errata applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70 e del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44, lamentando che la C.T.R. nonostante con la sentenza divenuta irrevocabile avesse precisato che l’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale di Siracusa era tenuta al rimborso delle somme richieste, “oltre gli interessi come per legge”, aveva limitato il calcolo degli interessi e la liquidazione degli stessi, dal giorno di presentazione dell’istanza di rimborso, contravvenendo sia a quanto previsto dalla sentenza n. 94/16/15 passata in giudicato e soprattutto da quanto previsto dal D.P.R. n. 602 del 1973, art. 44.

1.1. Va innanzitutto precisato che questa Corte, con giurisprudenza costante, ha avuto modo di chiarire che “il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70 – a mente del quale il ricorso per cassazione contro la sentenza pronunciata in esito al giudizio di ottemperanza è ammesso per “violazione delle norme del procedimento” – deve essere interpretato nel senso che è possibile denunciare alla Suprema Corte non soltanto la violazione delle norme disciplinanti il predetto giudizio, ma anche ogni altro “error in procedendo” nel quale sia incorso il giudice dell’ottemperanza ed, in particolare, il mancato o difettoso esercizio del potere-dovere di interpretare ed eventualmente integrare il “dictum” costituito dal giudicato cui l’amministrazione non si sia adeguata o l’omesso esame di una pretesa che avrebbe dovuto trovare ingresso in quella sede.” (cfr. Sez. 5, Ordinanza n. 23487 del 28/09/2018 (Rv. 650511 – 01).

1.2. Va poi evidenziato che, nell’ambito del giudizio d’ottemperanza alle decisioni delle commissioni tributarie, è interpretazione unanime di questa Corte che il potere del giudice sul comando definitivo inevaso, va esercitato entro i confini invalicabili posti dall’oggetto della controversia definita col giudicato (c.d. carattere chiuso del giudizio di ottemperanza), di tal che il giudice dell’ottemperanza può, sì, enucleare e precisare il contenuto degli obblighi nascenti dalla decisione passata in giudicato, chiarendone il reale significato e rendendolo quindi “effettivo”, ma nel limite invalicabile del non poter attribuire un diritto nuovo ed ulteriore rispetto a quello riconosciuto con la sentenza da eseguire (cfr. Cass. n. 13681 del 2005), nè dal poter negare il diritto riconosciuto dal dictum azionato (cfr. Cass. n. 8830 del 2014 Rv. 630773 – 01).

1.3. Ciò posto, è evidente che la C.T.R. avendo semplicemente disposto in sede di giudizio di ottemperanza il rimborso delle somme richieste, “oltre gli interessi come per legge”, correttamente ha limitato gli interessi dovuti dall’ufficio impositore riconoscendoli dalla domanda e non dall’effettivo versamento, avendo qualificato gli interessi dovuti come legali, ossia ordinari, decorrenti dal giorno della presentazione della richiesta, quale atto di messa in mora ai sensi dell’art. 1224 c.c..

1.4. Nel caso di specie, infatti, la restituzione delle imposte non consegue ad un versamento eccedente e quindi non dovuto; quindi, va escluso che si tratti di interessi dovuti dalla data del versamento, in quanto tate versamento è stato effettuato doverosamente e nella misura prevista, talchè non sussiste la ratio per cui gli interessi dovrebbero decorrere dalla data del versamento.

1.5. Solo a seguito dell’entrata in vigore della L. 289 del 2002, art. 9, comma 17 (e dell’interpretazione autentica datane dalla L. n. 190 del 2014, art. 1 comma 665) è stata prevista espressamente la facoltà, per i soggetti residenti nelle zone interessate dal sisma, di richiedere il rimborso delle imposte versate per gli anni 1990, 1991 e 1992 e pertanto non poteva che applicarsi la regola generale secondo cui gli interessi ordinari decorrono dalla data di presentazione della richiesta di rimborso (entro il termine previsto) valevole come messa in mora.

2. Con il secondo motivo il ricorrente deduce ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

2.1. Detto motivo si appalesa inammissibile.

2.2. Con la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito dalla L. 7 agosto 2012, n. 134, il legislatore, infatti, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame, non già di un punto decisivo della controversia, ma di un “fatto storico”, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti ed abbia carattere decisivo (vale a dire che se esamìnato avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Con tale modifica normativa è dunque venuta meno la possibilità di demandare a questa Corte il controllo in ordine alla logicità ed alla sufficienza della motivazione. L’omesso esame di elementi istruttori non integra infatti di per sè vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; il motivo di ricorso deve comunque specificamente indicare un “fatto” controverso o decisivo in relazione al quale la motivazione si assume carente, dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo (principale o secondario), purchè controverso e decisivo (Cass., 8 settembre 2016, n. 17761).

2.3. Nel caso in esame il ricorrente non denuncia alcun omesso esame di un fatto storico, ma censura genericamente la motivazione della decisione impugnata, sollecitando questa Corte a sostituirla con altra a lui favorevole.

3. Il ricorso va pertanto rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Sussistono i presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese di giudizio in favore dell’Agenzia delle Entrate che liquida in 2.300,00 Euro, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 ottobre 2019.

Depositato in Cancelleria il 29 maggio 2020.

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