Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10229 del 28/04/2010
Cassazione civile sez. I, 28/04/2010, (ud. 24/02/2010, dep. 28/04/2010), n.10229
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –
Dott. CECCHERINI Aldo – rel. Consigliere –
Dott. NAPPI Aniello – Consigliere –
Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –
Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
M.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIANGIACOMO
PORRO 20, presso l’avvocato DI ROCCO BREZZA, rappresentato e difeso
dall’avvocato MASSUCCI BRUNO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
CASSA DI RISPARMIO DI CHIETI (C.F. (OMISSIS)), in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,
VIALE GIUSEPPE MAZZINI 55, presso l’avvocato MONACO SORGE CARMINE,
rappresentata e difesa dall’avvocato BENEDETTI MASSIMO giusta procura
a margine del controricorso;
– controricorrente –
contro
D.L.C., C.C., CURATELA FALLIMENTO
RIFLESSI DI FERRETTI FRANCO & CESARONI MARIO NONCHE’ SOCI
ILLIMITATI,
ONCEAS SPA;
– intimati –
avverso la sentenza n. 710/2004 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
depositata il 22/09/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
24/02/2010 dal Consigliere Dott. CECCHERINI Aldo;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza 11 novembre 1999 il Tribunale di Lanciano accolse l’opposizione proposta da M.F., D.L.C. e C.C. all’estensione nei loro confronti del fallimento della Riflessi s.n.c. di Ferretti Franco e Cesaroni Mario dichiarato il 6 dicembre 1993 dallo stesso tribunale, facendo applicazione dei principi stabiliti nella sentenza 12 marzo 1999 n. 66 della Corte costituzionale circa i limiti di applicabilita’ della L. Fall., art. 147; vale a dire, della necessita’ di verificare che l’insolvenza preesistesse all’uscita dei soci, e che tale uscita si fosse verificata nel termine di un anno stabilito dalla l. Fall., artt. 10 e 11. Il tribunale compenso’ le spese del giudizio in considerazione della sopravvenienza della sentenza della Corte costituzionale.
Il signor M.F. propose appello avverso la predetta sentenza, lamentando che il tribunale, facendo proprio il principio affermato dalla Corte costituzionale, aveva omesso di pronunciarsi su tutte le altre censure da lui mosse alla sentenza dichiarativa di fallimento in estensione nei suoi confronti, e cioe’: -violazione della L. Fall., art. 10, essendo egli receduto dalla societa’ piu’ di un anno prima della dichiarazione di fallimento della societa’; – violazione della L. Fall., art. 15, essendo egli stato sentito soltanto nell’udienza di comparizione relativa al fallimento della societa’, e non anche nel giudizio di estensione del fallimento; – insussistenza delle passivita’ al tempo in cui egli era socio; – difetto di motivazione, essendosi il tribunale limitato a far sua la relazione del curatore, basata su personali impressioni e supposizioni.
La Corte d’appello dell’Aquila, con sentenza 22 settembre 2004, respinse l’appello, compensando le spese del grado. La corte affermo’ che l’appellante non aveva interesse agli ulteriori accertamenti richiesti, essendo stata la sua domanda interamente accolta in primo grado, e che la compensazione delle spese del giudizio di primo grado era giustificata dalla sopravvenienza dei principi giuridici applicati.
Per la cassazione della sentenza, non notificata, ricorre il signor M.F. con atto notificato il 22 – 24 ottobre 2005, affidato a due mezzi.
La Cassa di Risparmio di Chieti resiste con controricorso notificato il 18 novembre 2005.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 100 c.p.c. e la sua illogica interpretazione. Egli aveva chiesto la revoca del fallimento per ragioni diverse dalla sopravvenienza della sentenza della Corte costituzionale n. 66 del 1999, sulla quale il tribunale si era basato, e fondate sulla grave negligenza del curatore che aveva proposto l’estensione del fallimento, e del tribunale che aveva accolto la richiesta. L’interesse alla base dell’azione risulterebbe evidente considerando l’azione risarcitoria che egli avrebbe promosso contro il curatore e gli altri responsabili.
La censura e’ priva di fondamento. L’interesse ad agire, richiesto dall’art. 100 c.p.c. come condizione dell’azione, deve essere apprezzata con riferimento alla domanda proposta nello stesso giudizio. Cio’ e’ reso esplicito dalla formulazione della stessa disposizione appena citata, a norma della quale per proporre una domanda (o per contraddire alla stesso) e’ necessario avervi interesse. E’ pertanto escluso che si possa proporre, o, come nel caso presente, proseguire un’azione esclusivamente per un interesse che potrebbe giustificare un’azione diversa.
Con il secondo motivo si ripropongono in questa sede le censure contro la sentenza di estensione del fallimento, che i giudici di merito non hanno esaminato. Si tratta di questioni che sarebbero state riservate al giudizio di rinvio, nell’ipotesi di accoglimento del motivo precedente, e nel presente giudizio devono essere dichiarate inammissibili.
In conclusione il ricorso deve essere rigettato. Le spese del giudizio di legittimita’ seguono la soccombenza, e sono liquidate come in dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre alle spese generali e agli accessori come per legge.
Cosi’ deciso a Roma, nella Camera di consiglio della sezione prima della Corte suprema di Cassazione, il 24 febbraio 2010.
Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010