Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10229 del 18/05/2016


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 10229 Anno 2016
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: SCODITTI ENRICO

SENTENZA
sul ricorso 10222-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende;
– ricorrente –

2016
1489

CALCESTRUZZI IRPINI SPA in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato
in ROMA VIA QUINTILIO VARO 68, presso lo studio
dell’avvocato SPINELLO EMILIA, rappresentato e difeso
dall’avvocato LUIGI VANNETIELLO giusta delega

a

Data pubblicazione: 18/05/2016

margine;
– controricorrente e ricorrente incidentale contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;
– intimata –

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il
22/02/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/05/2016 dal Consigliere Dott. ENRICO
SCODITTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato PALATIELLO che si
riporta al ricorso;
udito per il controricorrente l’Avvocato SPINELLO per
delega dell’Avvocato VANNETIELLO che si riporta al
controricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per raccoglimento per quanto di ragione del ricorso
principale e l’accoglimento del ricorso incidentale.

avverso la sentenza n. 96/2010 della

Svolgimento del processo
Nei confronti di Calcestruzzi Irpini s.p.a. venne emesso in relazione all’anno
d’imposta 2003 avviso di accertamento per costi non deducibili e
sottofatturazione di operazioni attive per euro 272.448,00 erroneamente
assoggettate ad aliquota agevolata (10%). Il ricorso dei contribuente venne
parzialmente accolto dalla CTP, che dichiarò non recuperabile a tassazione

sottofatturazione la somma di euro 272.448,00 per lavori di costruzione di
garage interrato. La Commissione Tributaria Regionale della Campania accolse
parzialmente sia l’appello principale proposto dall’Ufficio che quello incidentale
proposto dalla contribuente così disponendo: “in parziale riforma della
sentenza impugnata, ridetermina in euro 3.580,00 l’importo dei costi non
recuperabili a tassazione; fermo il resto”. La motivazione era la seguente.
Con il primo motivo di appello l’Ufficio eccepisce che l’importo di euro
27.987,00 attiene a tre specifici recuperi (costi per tasse automobilistiche non
deducibili di euro 1.996,00, spese di rappresentanza non deducibili di euro
5.991,00 e costi pluriennali per l’acquisto di piante di euro 20.000,00) e che
per mero errore la CTP ha ritenuto che l’illegittimità del rilievo relativo al costo
sostenuto per l’acquisto delle piante riguardasse l’intero importo. “La vertenza,
pertanto, deve essere ristretta al solo recupero delle spese sostenute per
l’acquisto delle piante che, come risulta sia dal p.v.c. che dall’avviso di
accertamento, è di euro 20.000,00, fermi gli altri due rilievi, non accolti (e che,
pertanto, qui si riconfermano), per complessivi euro 7.987,00”. Il costo,
relativo a spese di manutenzione del verde delle aiuole e per impianto di
alberi, non esaurisce la sua utilità nell’esercizio in cui è stato sostenuto (2003),
ma esplica la sua funzione anche negli esercizi successivi sicché è deducibile in
quote costanti nell’esercizio in cui è stato sostenuto e nei quattro successivi
(art. 74 – ora 108 – TUIR). Sul secondo motivo di appello, avente ad oggetto
l’appalto per la costruzione di garage-parcheggio in parte interrato, corretta è
l’applicazione dell’aliquota IVA ridotta al 10% perché la società appaltante G.
Benevento Finauto s.p.a., avendo costituito il vincolo di pertinenzialità ai sensi
dell’art. 9 1. n. 122/1989, aveva chiesto alla contribuente la fatturazione dei

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l’importo di euro 27.987,00 (costo per l’acquisto di piante) e non oggetto di

lavori di appalto con IVA ridotta ai sensi dell’art. 11 della medesima legge.
Circa l’appello incidentale va osservato quanto segue: quanto al primo motivo
(perdite su crediti prescritti) manca la prova dell’invocata inesigibilità ai sensi
dell’art. 66 (ora 101), comma 5, TUIR; con riferimento alle spese per trasferte
e per omaggi e regalie manca la documentazione; fondata è invece la
doglianza per spese notarli’ e spese per l’acquisto di sollevatore

a più esercizi, concorrono alla determinazione del risultato dell’esercizio 2003
con una quota pari al 20%, e cioè euro 3.340,00, sicché la ripresa a tassazione
va effettuata solo per la parte che va capitalizzata, pari ad euro 13.360,00; il
costo di euro 1.680,00 sostenuto per l’acquisto di sollevatore oleopneumatico
concorre alla determinazione del risultato dell’esercizio 2003 con una quota
pari al 10%, e cioè euro 160,00, sicché la ripresa a tassazione va effettuata
solo per la parte che va capitalizzata, pari ad euro 1.512,00; non sono quindi
recuperabili a tassazione euro 3.580,00 (euro 3.340,00 + euro 168).
Ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di
due motivi. Resiste con controricorso la contribuente, che ha altresì proposto
ricorso incidentale sulla base di tre motivi.
Motivi della decisione
Con il primo motivo del ricorso principale si denuncia violazione degli
artt. 111 Cost, 1, 2 e 36 d. leg. n. 546/1992, 132 e 156 c.p.c., ai sensi dell’art.
360 n. 4 c.p.c. Osserva la ricorrente che, benché sia stato accolto il primo
motivo di appello, nel dispositivo si ridetermina “in euro 3.580,00 l’importo dei
costi non recuperabili a tassazione; fermo il resto” e che, pur essendo la
difformità di dispositivo e motivazione emendabile come errore materiale ai
sensi dell’art. 287 c.p.c., il contrasto insanabile fra motivazione e dispositivo,
non consentendo di individuare la statuizione del giudice, non può essere
eliminato con la procedura di correzione dell’errore materiale e determina la
nullità della sentenza ai sensi dell’art. 156, comma 2, c.p.c.. Precisa la
ricorrente che la censura viene proposta in via prudenziale.
Il motivo è infondato. Secondo il consolidato orientamento di questa
Corte, solo il contrasto insanabile tra dispositivo e motivazione determina la

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oleopneumatico. Le spese notarili per euro 16.700,00, in quanto spese relative

nullità della sentenza. Tale insanabilità deve escludersi quando sussista una
parziale coerenza tra dispositivo e motivazione, divergenti solo da un punto di
vista quantitativo, e la seconda inoltre sia ancorata ad un elemento obiettivo
che inequivocabilmente la sostenga (sì da potersi escludere l’ipotesi di un
ripensamento del giudice); in tal caso è configurabile l’ipotesi legale del mero
errore materiale, con la conseguenza che, da un lato, è consentito

qualificarsi come inammissibile l’eventuale impugnazione diretta a far valere la
nullità della sentenza asseritamente dipendente dal contrasto tra dispositivo e
motivazione (fra le tante Cass. 14 maggio 2007, n. 11020; 27 agosto 2007, n.
18090; 3 luglio 2008, n. 18202). Laddove ricorra l’errore materiale, va
evidenziato che la procedura prevista dall’art. 287 c.p.c. è applicabile anche
nel procedimento innanzi alle commissioni tributarie (Cass. 19 luglio 2006, n.
16488). Nel caso di specie non ricorre una divergenza fra dispositivo e
motivazione tale da investire il giudizio concettuale della decisione e da
incidere sul contenuto della sentenza (cfr. Cass. 20 dicembre 2013, n. 28523).
La divergenza è meramente quantitativa perché mentre nei dispositivo si
determina l’importo dei costi non recuperabili a tassazione in euro 3.580,00,
che è la quota di spese notarili e spese per l’acquisto di sollevatore
oleopneumatico corrispondente ai costi deducibili nell’anno 2003, nella
motivazione si riforma la sentenza di primo grado non solo relativamente a tali
costi (non deducibili per la CTP), ma anche con riferimento alla sottrazione a
recupero fiscale operata dalla CTP dell’importo di 27.987,00 quale costo per
l’acquisto di piante. Tale costo, meglio identificato in motivazione in euro
20.000,00, per la CTR è deducibile in quote costanti nell’esercizio in cui è stato
sostenuto (2003) e nei quattro successivi. Secondo la CTR, quindi, sono costi
non recuperabili a tassazione non solo euro 3.580,00, ma anche la quinta parte
di euro 20.000,00, corrispondente alla quota deducibile nel 2003 (e non
l’importo di euro 27.987,00, come affermato dalla CTP). Il riferimento nel
dispositivo solo all’importo di euro 3.580,00 costituisce una mera divergenza
quantitativa, mentre ancorato ad un elemento obiettivo è quanto accertato in

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l’esperimento del relativo procedimento di correzione e, dall’altro, deve

motivazione, sicché l’inciso “fermo il resto” in dispositivo è inidoneo di per sé a
determinare un insanabile contrasto fra motivazione e dispositivo.
Con il secondo motivo si denuncia insufficiente motivazione ai sensi
dell’art. 360 n. 5 c,p.c., nonché violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e
11 1. n. 122/1989, ai sensi dell’art. 360 n. 3 c.p.c. Osserva la ricorrente che la
CTR ha omesso di esaminare (da cui l’insufficienza della motivazione) la

del vincolo pertinenziale, con riferimento all’applicazione dell’aliquota IVA
ridotta al 10%, per essere destinato il garage/parcheggio a soddisfare
l’interesse esclusivo della concessionaria e non anche l’interesse generale della
popolazione residente, sicché all’opera non poteva attribuirsi la qualifica di
opera di urbanizzazione primaria. Osserva inoltre la ricorrente che il deposito
servente alla concessionaria a scopo di custodia di veicoli da porre in vendita è
privo della natura di pertinenza delle singole unità immobiliari di cui all’art. 9 I.
n. 122 del 1989 sia perché non garantisce il posto auto al conducente
dell’autoveicolo che transita sulla pubblica via sia perché il concetto di
pertinenza implica manufatti di piccole dimensioni rispetto al fabbricato
principale cui ineriscono secondo un rapporto di uno ad uno rispetto all’unità
immobiliare di riferimento.
Il motivo è in parte fondato ed in parte assorbito. Il motivo si articola in
due sub-motivi, l’uno per vizio motivazionale, l’altro per violazione di legge,
chiaramente separabili e valutabili in modo indipendente. La denuncia di vizio
motivazionale è fondata.
Deve premettersi che, in tema di IVA, l’aliquota ridotta non è applicabile
in virtù della semplice dichiarazione del vincolo pertinenziale esistente fra unità
immobiliari, in quanto, trattandosi di un’eccezione a quella ordinaria
generalmente prevista, il contribuente deve dimostrare la ricorrenza dei relativi
presupposti di fatto (Cass. 28 gennaio 2014, n. 1735). Come recita l’art. 9 1. n.
122 del 1989, i proprietari di immobili possono realizzare nel sottosuolo degli
stessi ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati parcheggi da
destinare a pertinenza delle singole unità immobiliari, anche in deroga agli
strumenti urbanistici ed ai regolamenti edilizi vigenti. Nel procedimento logico

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contestazione sollevata dall’Ufficio in ordine all’eccepito difetto di sussistenza

della decisione non risulta chiaramente contemplata la circostanza, dedotta
nell’atto di appello, della natura dell’opera oggetto di appalto per il quale
risulta corrisposta VIVA secondo l’aliquota agevolata, e cioè un
garage/parcheggio destinato all’attività commerciale di una concessionaria.
Non si comprende dall’itinerario logico della decisione quindi se tale circostanza
di fatto sia stata tenuta presente dalla CTR per concludere nel senso della

parcheggio è infatti enunciata quale contenuto del motivo di appello, ma non
risulta poi valutata dal giudice tributario, che si è limitato a rilevare il dato
della costituzione del vincolo di pertinenzialità dell’area in discorso (si parla
solo di “costruendo garage-parcheggio”) al fabbricato sulla base di scrittura
privata autenticata e la richiesta di fatturazione dei lavori da parte
dell’appaltante con applicazione dell’IVA ridotta. Se la valutazione di spettanza
dell’aliquota agevolata si sia basata sull’esame della circostanza di fatto della
realizzazione dì un garage/parcheggio destinato all’attività commerciale di una
concessionaria non è dato comprendere dal tessuto della motivazione, la quale
appare così affetta da una grave lacuna sul piano dell’itinerario logico. Il
giudice di merito dovrà pertanto valutare la circostanza dedotta con l’atto

di

appello (la destinazione del garage/parcheggio a soddisfare l’interesse
esclusivo della concessionaria), apprezzarla nella sua portata storica e
valutare, all’esito di tale apprezzamento, se ricorrano i presupposti di fatto
dell’aliquota agevolata.
L’accoglimento del sub-motivo relativo al vizio motivazionale determina
l’assorbimento di quello relativo alla violazione di legge.
Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia
violazione degli artt. 111 Cost, 1, 2 e 36 d. leg. n. 546/1992, 132 e 156 c.p.c.,
ai sensi dell’art. 360 n. 3 e 4 c.p.c., nonché erronea applicazione dell’art. 108
TUIR in luogo dell’applicazione dell’art. 109 TUIR. Osserva la ricorrente in via
incidentale che le spese di euro 20.000,00 sostenute per l’acquisto di piante, e
la sistemazione delle stesse su aree sottoposte ad interventi di estrazione di
materiale calcareo, vanno imputate solo all’esercizio in cui sono state
sostenute, in conformità di quanto disposto dall’art. 75 TUIR (oggi art. 109),

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spettanza dell’aliquota agevolata in discorso. La circostanza del garage-

trattandosi di opere di bonifica, necessarie ed indispensabili, da eseguirsi
annualmente.
Il motivo è inammissibile. La deduzione con la quale si contesti al giudice
del merito non di non aver correttamente individuato la norma regolatrice della
questione controversa o di averla applicata in difformità dal suo contenuto
precettivo, bensì di avere o non avere erroneamente ravvisato, nella situazione

determinata fattispecie normativamente regolata, è inammissibile come
censura ai sensi dell’art. 360 n. 3, giacché tale valutazione non comporta un
giudizio di diritto ma un giudizio di fatto, da impugnarsi, se del caso, sotto il
profilo del vizio di motivazione (Cass. 30 marzo 2005, n. 6653; 29 aprile 2002,
n. 6224). Ed invero, sulla base dell’apprezzamento dei costi quali costi utili non
solo per l’esercizio in cui sono stati sostenuti, ma anche negli esercizi
successivi, la CTR ha ritenuto applicabile la fattispecie delle spese relative a più
esercizi (art. 74 – oggi art. 108 – TUIR). La ricorrente contesta che i costi
rivestano l’utilità anche per gli esercizi successivi, deducendo solo l’utilità per
l’anno di sopportazione della spesa, e nega così che ricorra la fattispecie delle
spese relative a più esercizi. In tal modo, però, si sta contestando il giudizio di
fatto della CTR, contestazione che richiede la denuncia del vizio motivazionale.
Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 111 Cost, 1, 2 e
36 d. leg. n. 546/1992, 132 e 156 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3

e 4 c.p.c.,

nonché violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 108 TUIR. Osserva la ricorrente
che, qualora dovesse essere accolto il rilievo dell’Ufficio in ordine al costo di
euro 20.000,00, dovrebbero dedursi i costi in quote costanti pluriennali ai sensi
dell’art. 108 TUIR a decorrere dall’anno 2003.
Il motivo è inammissibile. La ricorrente non ha interesse ad impugnare in

parte qua la sentenza perché la CTR ha già affermato che l’importo di euro
20.000,00 è deducibile in quote costanti nell’esercizio in cui è stato sostenuto e
nei quattro successivi ai sensi dell’art. 74 (ora 108) TUIR.
Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 111 Cost, 1, 2 e 36
d. leg. n. 546/1992, 132 e 156 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 n. 3, 4 e 5 c.p.c.,
nonché violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 108 TUIR. Osserva la ricorrente

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di fatto in concreto accertata, la ricorrenza degli elementi costitutivi d’una

che la CTR, pur avendo riconosciuto in motivazione le deduzioni per euro
7.987,00, ha omesso il riferimento a tale importo nel dispositivo.
Il motivo è infondato. Ha affermato la CTR che “la vertenza, pertanto,
deve essere ristretta al solo recupero delle spese sostenute per l’acquisto delle
piante che, come risulta sia dal p.v.c. che dall’avviso di accertamento, è di
euro 20.000,00, fermi gli altri due rilievi, non accolti (e che, pertanto, qui si

conclusione accogliendo il motivo di appello proposto dall’Ufficio che lamentava
che la CTP aveva dichiarato non recuperabile a tassazione il costo per
l’acquisto per le piante, ma erroneamente aveva valutato tale costo non pari
ad euro 20.000,00, ma pari ad euro 27.987,00, includendovi anche i costi per
tasse automobilistiche di euro 1.996,00 e quelli per spese di rappresentanza di
euro 5.991,00. Tali costi resterebbero quindi recuperabili a tassazione e non
deducibili. Nel dispositivo pertanto non viene riconosciuta la deducibilità di tali
importi proprio perché in motivazione sono stati ritenuti non deducibili.
P.Q.M.

La Corte accoglie parzialmente il secondo motivo del ricorso principale e
dichiara assorbito per il resto il secondo motivo e rigetta il primo motivo;
rigetta il terzo motivo del ricorso incidentale e lo dichiara per il resto
inammissibile; cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della
Commissione Tributaria Regionale della Campania, che provvederà anche sulle
spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il giorno 2 maggio 2016
Il consigliere

Il presidente

riconfermano), per complessivi euro 7.987,00”. La CTR è giunta a tale

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