Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10226 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. I, 28/04/2010, (ud. 17/02/2010, dep. 28/04/2010), n.10226

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITTORIA Paolo – Presidente –

Dott. CECCHERINI Aldo – Consigliere –

Dott. PICCININNI Carlo – Consigliere –

Dott. BERNABAI Renato – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.F. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA VERONA 9, presso l’avvocato CALDARA GIAN ROBERTO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA, COMUNIONE DELLE A.S.L. DEL LAZIO;

– intimati –

contro

B.G.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso l’avvocato CICCOTTI

SIMONE, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale per

Notaio dott.ssa ADRIANA RIGANO’ di ROMA – Rep. n. 1662 del 28.1.10;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4449/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 18/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

17/02/2010 dal Consigliere Dott. CULTRERA Maria Rosaria;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato CALDARA che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per la resistente, l’Avvocato CICCOTTI SIMONE, con procura

speciale, che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 28134/20000, il Tribunale di Roma ha dichiarato estinto il giudizio introdotto con citazione 13 e 17 ottobre 1984 da B.G.M. nei confronti di F. e P.G. in ragione del fatto, il processo, dichiarato interrotto a seguito del decesso del convenuto P.G., era stato riassunto dall’attore nei confronti degli eredi del defunto e dell’altro convenuto ma non anche nei confronti del Comune di Roma, avente veste di litisconsorte necessario perchè intervenuto in giudizio a seguito di chiamata jussu judicis. Con sentenza n. 4449 depositata il 18 ottobre 2004, la Corte d’appello di Roma ha riformato tale statuizione, rimettendo gli atti al primo giudice.

P.F. ricorre per Cassazione avverso questa decisione in base a due mezzi.

Ha spiegato difesa B.G.M.. Gli altri intimati non hanno invece resistito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La Corte di merito ha ravvisato errore del primo giudice, al quale ha rimesso gli atti ai sensi dell’art. 354 c.p.c. per aver omesso di disporre l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’amministrazione pretermessa, pur in presenza di relativa istanza dell’attore di concessione di termine per provvedere alla notifica dell’atto di riassunzione, nei confronti sia dell’anzidetta parte processuale che di D.C.A., anch’egli chiamato in causa.

Richiamandosi a precedenti enunciati di questa Corte, ha ritenuto che la tempestiva riassunzione del processo interrotto nei confronti delle altre parti spiegava effetto conservativo estensibile agli altri soggetti, contraddittori necessari, e ciò non esimeva il giudice dal dovere di concedere termine per la notifica dell’atto di riassunzione alle parti pretermesse. Il ricorrente denuncia tale statuizione deducendo col primo motivo violazione e falsa applicazione degli artt. 303 – 305 e 107 c.p.c., e sostiene che il principio applicato dalla Corte territoriale opera nel solo caso d’inizio del giudizio, e non anche in fattispecie, quale quella in esame, in cui il procedimento sia già iniziato ed il giudice abbia dato ordine d’integrare il contraddittorio nei confronti di tutti i litisconsorti necessari, e l’ordine sia rimasto inadempiuto nei confronti di taluno. Resta preclusa in simile evenienza l’assegnazione di nuovo termine, perchè essa equivarrebbe alla proroga, inammissibile, del termine perentorio.

Col secondo motivo deduce analogo vizio assumendo che la Corte territoriale ha equivocato il tenore della richiesta del B., che ha qualificato come esplicitamente intesa all’integrazione del contraddittorio, laddove essa rappresentava nuova riassunzione inammissibilmente intervenuta dopo la scadenza del termine perentorio. In conclusione, il principio richiamato dalla Corte territoriale non opera nella specie poichè il B. non formulò richiesta di concessione del termine per integrare le notifiche alle parti pretermesse, ma con l’istanza 23 settembre 1998 chiese solo l’ammissione dei mezzi istruttori articolati. Pur reputando che l’equivoca istanza avesse il contenuto ravvisato dal giudice d’appello, devesi rilevare che essa venne proposta oltre la scadenza del termine semestrale improrogabile. I motivi, logicamente connessi e perciò meritevoli d’esame congiunto, sono privi di fondamento.

La Corte territoriale ha risolto il nodo controverso espressamente richiamando l’enunciato di questa Corte n. 4488/2002 che ha affermato che “la tempestiva riassunzione del processo interrotto, eseguito nei confronti di uno dei litisconsorti necessari, impedisce ogni decadenza o preclusione, poichè i suoi effetti conservativi si estendono agli altri soggetti necessari, nei cui confronti, in difetto di loro spontanea costituzione, deve essere disposta l’integrazione del contraddittorio”. Nel caso in esame l’attore ha chiesto ed ottenuto termine per notificare ai chiamati in causa l’atto di riassunzione, con istanza, il cui tenore è univoco nel senso inteso dal giudice istruttore, depositata effettivamente dopo la scadenza del termine semestrale per la riassunzione, ma quando il processo aveva recuperato la sua fisiologica dinamica essendo stato l’atto di riassunzione regolarmente e tempestivamente depositato e notificato alle altre parti in causa. L’integrazione del contraddittorio non procura pertanto illegittima rimessione in termini, come lamenta il ricorrente, intervenuta dopo la decadenza conseguente alla mancata osservanza del termine di cui all’art. 305 c.p.c., perchè tale effetto preclusivo è stato impedito dalla tempestiva riassunzione del processo interrotto eseguita nei confronti dell’altra parte convenuta.

Come si è affermato nell’arresto riferito, che ha trovato ulteriore conferma – Cass. nn. 15095/2005, 17689/2009 – la disposizione processuale citata deve essere letta in combinato col disposto dell’art. 102 c.p.c., comma 2, che ammette la concessione del termine per integrare il contraddittorio siccome il ripristino del litisconsorzio necessario interviene nell’alveo del processo riemerso regolarmente dallo stato di quiescenza in forza del deposito del ricorso in riassunzione entro il termine di legge e la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza entro il termine indicato dal giudice ad alcune delle parti. La decadenza per violazione del termine perentorio, in conclusione, deve essere scrutinata con riferimento solo alla data dell’atto di riassunzione.

Se dunque il processo prosegue regolarmente, la regolarità del contraddittorio, laddove non sia integro, va ripristinata entro ulteriore termine che il giudice, se richiesto, deve concedere ai sensi dell’art. 102 c.p.c..

Ne discende il rigetto del ricorso con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE Rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

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