Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10225 del 19/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 10225 Anno 2015
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: DE MARINIS NICOLA

SENTENZA

sul ricorso 16506-2009 proposto da:
LOJODICE OSCAR C.F. LJDSCR55H02A662W, domiciliato in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE
SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso da sè
medesimo, giusta delega in atti;
– ricorrente 2015
954

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

Data pubblicazione: 19/05/2015

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
GIUSEPPE IOVINO, GIANNI GAVIOLI, giusta delega in
atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n. 4808/2008 del TRIBUNALE di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2015 dal Consigliere Dott. NICOLA DE
MARINIS;
udito l’Avvocato DI MEGLIO ALESSANDRO per delega
GAVIOLI GIANNI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. RENATO FINOCCHI GHERSI che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso, in subordine
rigetto.

TRANI, depositata il 24/07/2008 R.G.N. 7703/2006;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 24 luglio 2008, il Tribunale di Trani, in funzione di giudice del lavoro,
accoglieva l’opposizione proposta dall’INPS avverso il precetto con il quale il creditore
opposto, avv. Oscar Loiodice — che, riconosciuto distrattario delle competenze giudiziali
liquidate nel procedimento di cognizione definito dallo stesso Tribunale di Trani in

agiva in proprio e quale difensore del Croce in forza del titolo esecutivo rappresentato dalla
sentenza predetta – intimava all’Istituto il pagamento dei diritti maturati successivamente
all’emissione del titolo azionato.
La decisione del Tribunale discende dall’essersi questo, una volta respinta in quanto
preclusa l’eccezione di competenza per materia sollevata dal Loiodice, espresso nel senso
che, allorché il debitore abbia corrisposto per intero l’importo di cui al titolo esecutivo di
riferimento, non può il creditore intimare precetto, sulla base dello stesso precetto, per il
pagamento delle spese processuali successive all’emanazione del titolo azionato.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’avv. Loiodice, affidando l’impugnazione a tre
motivi, cui resiste, con controricorso, l’INPS assumendo,tra l’altro, che il ricorrente aveva
agito con colpa grave ed instando per la sua condanna ai sensi dell’art. 385, comma 4, cpc.

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Con il primo motivo il ricorrente, denunciando violazione di plurime norme del codice

di procedura civile, nonché vizio di motivazione, deduce che, trattandosi di un credito
personale (civile) del procuratore distrattario e non di un credito di lavoro, non poteva
trovare applicazione il procedimento di cui all’art. 618 bis cpc.
Con il secondo motivo il ricorrente, denunciando violazione dell’art. 474 cpc, nonché vizio
di motivazione, si duole che la sentenza impugnata avesse negato che il creditore
procedente fosse munito di titolo esecutivo.
Con il terzo motivo il ricorrente, denunciando violazione degli arti. 112 e 474 cpc, nonché
vizio di motivazione, si duole che la sentenza impugnata non abbia considerato che, al
momento della notifica dell’atto di precetto, l’Inps era comunque debitore di una somma di
denaro per residuo credito per spese processuali.
2. Osserva preliminarmente la Corte che l’art. 366 bis cpc è applicabile ai ricorsi per
cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati dopo l’entrata in vigore (2.3.2006)
del dl.vo 2 febbraio 2006, n. 40 (cfr, art. 27, comma 2, dl.vo n. 40/06) e anteriormente al

funzione di giudice del lavoro con sentenza favorevole al suo assistito, Sig. Leone Croce,

4.7.2009 (data di entrata in vigore della legge n. 68 del 2009) e, quindi, anche al presente
ricorso, atteso che la sentenza impugnata è stata pubblicata il 24.7.2008.
In base alla norma suddetta, nei casi previsti dall’articolo 360, primo comma, numeri 1), 2),

3) e 4), cpc, l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere, a pena di inammissibilità,
con la formulazione di un quesito di diritto, mentre, nel caso previsto dall’articolo 360,

primo comma, n. 5), cpc, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, sempre a pena di
inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la

motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione.
Secondo l’orientamento di questa Corte, il principio di diritto previsto dall’art. 366 bis cpc
deve consistere in una chiara sintesi logico-giuridica della questione sottoposta al vaglio
del giudice di legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa od
affermativa – che ad esso si dia, discenda in modo univoco l’accoglimento od il rigetto del
gravame (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20360/2007), mentre la censura concernente
l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve contenere un momento di sintesi
(omologo del quesito di diritto) che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non
ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua
ammissibilità (cfr, ex plurimis, Cass., SU, n. 20603/2007).
I motivi del presente ricorso sono stati svolti per violazione di norme processuali, vizio
riconducibile ai paradigmi di cui all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, cpc, e per vizio di
motivazione, riconducibile al paradigma di cui all’art. 360, comma 1, n. 5, cpc, ma sono
tutti privi sia dei quesiti di diritto che dei momenti di sintesi, onde devono ritenersi
inammissibili.
2.

L’art. 385, con-mia 4, cpc, su cui si fonda la richiesta di condanna del ricorrente svolta

dall’Inps, è stato abrogato dall’art. 46, comma 20, legge n. 69/09.
Peraltro deve escludersi che la proposizione di un ricorso fondato su opzioni ermeneutiche
astrattamente non implausibili, quand’ anche giuridicamente non condivisibili, configuri
colpa grave della parte ricorrente.
3.

In definitiva il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione
delle
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4spese, che liquida in euro 500,00 (cinquecento), di cui euro 400,00 (quattrocento) per
compensi), oltre accessori come per legge.

‘Go(

Così deciso in Roma il 25 febbraio 2015.

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