Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10223 del 28/04/2010

Cassazione civile sez. I, 28/04/2010, (ud. 11/02/2010, dep. 28/04/2010), n.10223

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PANEBIANCO Ugo Riccardo – Presidente –

Dott. FELICETTI Francesco – Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8375-2008 proposto da:

F.C. (c.f. (OMISSIS)), F.M.P. (c.f.

(OMISSIS)), elettivamente domiciliate in ROMA, VIA

CRESCENZIO 25, presso l’avvocato IERADI ANTONIO, rappresentate e

difese dall’avvocato CALDARELLA FORTUNATO giusta procura speciale in

calce;

– ricorrenti –

contro

M.T., F.A., F.D., F.

L., FI.AN., F.G., F.B., F.

M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 85/2007 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 29/01/2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/02/2010 dal Presidente Dott. UGO RICCARDO PANEBIANCO;

udito, per le ricorrenti, l’Avvocato ANTONIO IERADI, con delega, che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

RUSSO Libertino Alberto che ha concluso per l’accoglimento per quanto

di ragione del primo motivo; per l’assorbimento del resto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata in data 8.5.2006 il Tribunale di Foggia, in accoglimento della domanda proposta da F.C. e M.P. con l’adesione di altri fratelli ( B., D., L., An. e G.), dichiarava la interdizione del padre Fi.Mi. e condannava i resistenti M.T. ed F.A. al pagamento di tutte le spese processuali, comprese quelle peritali, mentre le compensava per quanto riguarda la posizione di Fi.Mi..

Questi decedeva in data 2.6.2006 ed i soccombenti, ad eccezione di F.B. e M. (?) che rimanevano contumaci, proponevano impugnazione, chiedendo che, dichiarata cessata la materia del contendere per morte dell’interessato, tutte le spese processali fossero compensate.

Le controparti si costituivano, chiedendo che fosse dichiarata l’inammissibilità o l’infondatezza del gravame.

Con sentenza del 28-29.1.2008 la Corte d’Appello di Bari, dato atto della cessazione della materia del contendere per morte di Fi.

M. e dell’estinzione del procedimento di interdizione, dichiarava che tutte le spese del giudizio di primo grado rimanevano a carico di chi le aveva anticipate e compensava le ulteriori spese del giudizio di appello.

Relativamente alle questioni che sarebbero state poi dedotte con il ricorso per cassazione, la Corte d’Appello, dopo aver premesso che la morte dell’interdicendo nel corso del giudizio determina non solo la cessazione della materia del contendere ma anche l’estinzione dell’intero procedimento con il venir meno delle sentenze emesse nei precedenti gradi, riteneva che dovessero trovare applicazione, quanto alle spese processuali del giudizio di primo grado, l’art. 310 c.p.c., u.c., secondo cui dette spese restano a carico di chi le ha anticipate e, quanto invece a quelle del giudizio di appello, l’art. 92 c.p.c. con conseguente compensazione delle stesse.

Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione F. C. e M.P. che deducono due motivi di censura.

Le controparti non hanno svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso F.C. e M.P. denunciano violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè insufficiente e/o contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta applicabilità dell’art. 310 c.p.c., u.c..

Lamentano che la Corte d’Appello non abbia considerato che alla declaratoria di cessazione della materia del contendere, con conseguente estinzione del giudizio, non segue la regolamentazione delle spese processuali alla stregua della previsione di cui all’art. 310 c.p.c., u.c. in quanto tale norma, costituendo una deviazione dal principio generale della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., è invocabile solo allorchè l’estinzione del giudizio derivi dall’inattività delle parti e non già in presenza di ipotesi diverse di estinzione, trovando applicazione in tal caso il principio della soccombenza virtuale. Al riguardo richiamano tutte le circostanze indicate dal Tribunale per giustificare la disposta condanna delle spese e costituite dalla strenua quanto infondata resistenza delle controparti alla proposta domanda di interdizione.

Deducono poi la contraddittorietà della pronuncia di compensazione delle spese del giudizio di appello dopo che era stato applicato per il giudizio di primo grado l’art. 310 c.p.c., u.c..

Con il secondo motivo le ricorrenti denunciano violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., sostenendo che la Corte d’Appello, a fronte delle conclusioni delle controparti che avevano richiesto la compensazione delle spese fra tutte le parti ed, in subordine, l’imposizione a loro carico di quelle relative alla C.T.U., abbia travalicato i limiti del gravarne, accordando un risultato per loro più favorevole con l’applicazione dell’art. 310 c.p.c., u.c. per il primo grado e la compensazione delle spese per il secondo.

Il ricorso è fondato.

Con l’atto di appello, introdotto dopo il decesso dell’interdicendo intervenuto poco dopo il deposito della sentenza di primo grado, era stata chiesta la cessazione della materia del contendere con la conseguente pronuncia sulle spese processuali in ordine alle quali si censurava la condanna disposta nei loro confronti e la Corte di merito, dato atto della richiesta cessazione, ha dichiarato che dette spese rimanessero a carico delle parti che le avevano anticipate, richiamando a tal fine espressamente l’art. 310 c.p.c., u.c..

Un tale dato normativo, riguardante gli effetti dell’estinzione del processo per inattività delle parti, non è però applicabile nel caso in esame in cui ogni ragione di contrasto è venuta meno per tutt’altra ragione, con la conseguenza che la residua conflittualità relativa alle spese non può che risolversi secondo il principio della soccombenza virtuale ai sensi dell’art. 91 c.p.c..

Al riguardo non v’è dubbio che il procedimento di interdizione, pur nella sua peculiarità per gli indubbi profili pubblicistici accanto a quelli privati, si configura come procedimento contenzioso e richiede pertanto l’applicazione delle regole del processo di cognizione fra le quali il regolamento delle spese ancorato all’esito del giudizio anche se virtuale.

Orbene nel caso in questione nel quale non può prescindersi ai fini in esame dall’esito e dalle concrete modalità del giudizio di primo grado, deve prendersi atto del comportamento conflittuale di coloro che si sono opposti all’interdizione, senza peraltro spiegare, nemmeno in questa sede, le ragioni che lo avrebbero potuto giustificare.

Pertanto la sentenza impugnata – la quale oltre tutto ha pronunciato anche al di là delle richieste della parte nel dichiarare che rimangono a carico di chi le aveva anticipate le spese relative alla C.T.U. su cui in subordine gli stessi appellanti avevano concluso per la condanna nei loro confronti, come correttamente prospettato con il secondo motivo di ricorso – deve essere cassata essendo errata in radice la decisione sulla normativa applicabile.

Ricorrendo i presupposti richiesti dall’art. 384 c.p.c., comma 1 per una decisione nel merito, si impone per le considerazioni sopra espresse sulla ingiustificabile resistenza degli intimati alla pronuncia di interdizione, di condannarli al i pagamento delle spese dell’intero giudizio in favore delle parti costituite nei rispettivi gradi, spese che si liquidano come in dispositivo, tenendo distinto ogni volta ciascun gruppo costituitosi separatamente.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il ricorso di F.C. e F.M.P.. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna M. T. e F.A. al pagamento delle spese dell’intero giudizio che liquida: quanto al giudizio di primo grado in complessivi Euro 4.038,00 di cui Euro 238,00 per spese, Euro 1.600,00 per diritti ed Euro 2.200,00 per onorario oltre accessori di legge a favore di F.C. e F.M.P.; in complessivi Euro 3.400,00 di cui Euro 100,00 per spese, Euro 1.100,00 per diritti ed Euro 2.200,00 per onorario oltre accessori di legge in favore di F.B.; in complessivi Euro 3.400,00 di cui Euro i.100,00 per diritti, Euro 2.200,00 per onorario ed Euro 100,00 per spese oltre accessori di legge in favore di F.D., F.L., Fi.An. e F.G.; quanto al giudizio di appello in complessivi Euro 4.985,00 di cui Euro 3.000,00 per onorario, Euro 1.785,00 per diritti ed Euro 200,00 per spese oltre accessori di legge in favore di F.C. e F.M.P. nonchè in un analogo importo in favore di F.D., F.L., Fi.

A. e F.G.; quanto infine al giudizio di legittimità in Euro 1.500,00 per onorario ed in Euro 200,00 per spese, oltre accessori di legge, in favore di F.C. e F.M. P..

Così deciso in Roma, il 11 febbraio 2010.

Depositato in Cancelleria il 28 aprile 2010

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