Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10219 del 26/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 26/04/2017, (ud. 24/01/2017, dep.26/04/2017),  n. 10219

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SESTINI Danilo – Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. ROSSI Marco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12118-2015 proposto da:

B.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA ELVIA RECINA, 6,

presso lo studio dell’avvocato GIOVANNA DE PETRILLO ROMANELLI, che

lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MONTEGROTTO TERME, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

LIEGI, 35/B, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO COLAGRANDE,

rappresentato e difeso dall’avvocato ALBERTO CARTIA;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 715/2014 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 20/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. MARCO

ROSSETTI.

Fatto

RILEVATO

che:

– nel 2001 il Comune di Montegrotto Terme convenne dinanzi al Tribunale di Padova, sezione staccata di Este, tra gli altri B.N., chiedendone la condanna al risarcimento di un danno ambientale;

– dedusse che il convenuto, quale presidente e direttore dei lavori della società Cave Trachite s.r.l., aveva effettuato scavi abusivi per l’estrazione di trachite, in eccesso rispetto a quanto consentitogli con l’atto autorizzatorio; aveva inoltre, realizzato una strada nell’area della cava, la quale aveva alterato il profilo geomorfologico del terreno;

– soggiunse che il convenuto era stato per questi fatti condannato in sede penale, e le statuizioni civili erano divenute irrevocabili;

– la Corte d’appello di Venezia, con sentenza 20 marzo 2014 n. 715, ha accolto la domanda dell’amministrazione, e condannato B.N. (in solido con altri due convenuti) al pagamento in favore del Comune di 146.888 Euro;

– tale sentenza è stata impugnata per cassazione da B.N., con ricorso fondato su un motivo.

Diritto

CONSIDERATO

che:

– il Comune di Montegrotto Terme ha preliminarmente eccepito l’incompletezza del contraddittorio, assumendo che esso andrebbe integrato ex art. 331 c.p.p. nei confronti degli altri due convenuti ( Bo.Si. e la Cave Trachite s.r.l.);

– l’eccezione è infondata, in quanto gli altri convenuti, essendo corresponsabili dell’illecito ex art. 2055 c.c., sono anche coobbligati solidali, e quando vi è solidarietà non vi è mai litisconsorzio necessario, essendo facoltà del creditore convenire in giudizio l’uno o l’altro dei condebitori;

– con l’unico motivo di ricorso B.N. sostiene che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3; è denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 2043, 2059 e 2697 c.c.; artt. 115 e 116 c.p.c.; art. 651 c.p.p. e ss.;

– tale motivo, formalmente unitario, contiene due censure così riassumibili: (a) la Corte d’appello ha errato nel ritenere dimostrato sia l’an debeatur che il quantum debeatur, non avendo il Comune fornito a tal riguardo alcuna prova; (b) poichè in sede penale l’imputato (odierno ricorrente) era stato prosciolto per prescrizione, la sentenza penale non aveva alcun effetto vincolante per il giudice civile, e non poteva essere posta a fondamento della sentenza civile di condanna al risarcimento del danno;

– ambedue le suddette censure sono infondate;

– l’odierno ricorrente, infatti, in sede penale è stato prosciolto per prescrizione del reato in grado di appello, dopo essere stato condannato in primo grado, con una sentenza in cui il giudice penale d’appello ha dichiarato di “confermare le statuizioni civilistiche della impugnata sentenza”;

– trova, pertanto, applicazione il principio – già stabilito da questa Corte – secondo cui qualora, in sede penale, sia stata pronunciata in primo grado la condanna, anche generica, alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, ed il giudice di appello, nel dichiarare il reato estinto per prescrizione, decida sull’impugnazione ai soli effetti delle disposizioni e dei capi della sentenza che concernono gli interessi civili, “una tale decisione (…), comportando necessariamente, quale suo indispensabile presupposto, l’affermazione della sussistenza del reato e della sua commissione da parte dell’imputato, dà luogo a giudicato civile, come tale vincolante in ogni altro giudizio tra le stesse parti, in cui si verta sulle conseguenze, anche diverse dalle restituzioni o dal risarcimento, derivanti dal fatto, la cui illiceità, ormai definitivamente stabilita, non può più essere messa in discussione” (Sez. 2, Sentenza n. 14921 del 21/06/2010; nello stesso senso Sez. 3, Sentenza n. 2083 del 29/01/2013);

– pertanto correttamente la Corte d’appello ha ritenuto sussistenti i fatti accertati dal giudice penale, ed in particolare la sottrazione indebita di circa 10.000 metri cubi di trachite;

– una volta escluso che il giudice penale abbia violato l’art. 651 c.p.c., stabilire se abbia correttamente o scorrettamente stimato il danno è questione di puro fatto, sottratta al sindacato di questa Corte;

– il ricorso va pertanto rigettato;

– le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo;

– il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

PQM

(-) rigetta il ricorso;

(-) condanna B.N. alla rifusione in favore di Comune di Montegrotto Terme delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 5.800, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2;

(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dal D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, per il versamento da parte di B.N. di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Sesta civile della Corte di cassazione, il 24 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2017

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