Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10216 del 19/05/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10216 Anno 2015
Presidente: ODDO MASSIMO
Relatore: GIUSTI ALBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CAPPELLETTI Liliana, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. Francesco Ciddio, con domicilio eletto nello studio di quest’ultimo in Roma, via XX Settembre, n. 15;
– ricorrente contro
CAPPELLETTI Bruna, rappresentata e difesa, in forza di procura
speciale a margine del controricorso, dagli Avv. Marco Morra e
Lucio Nicolais, con domicilio eletto nello studio di
quest’ultimo in Roma, piazza Mazzini, n. 27;
– controricorrente e sul ricorso proposto da:

Data pubblicazione: 19/05/2015

CAPPELLETTI Bruna, rappresentata e difesa, in forza di procura
speciale a margine del controricorso, dagli Avv. Marco Morra e
Lucio Nicolais, con domicilio eletto nello studio di
quest’ultimo in Roma, piazza Mazzini, n. 27;

contro
CAPPELLETTI Liliana;
– intimata avverso la sentenza della Corte d’appello di Ancona n. 457 del
4 luglio 2009.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 17 aprile 2015 dal Consigliere relatore Dott. Alberto
Giusti;
uditi gli Avv. Francesco Ciddio e Lucio Nicolais;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. Alberto Celeste, che ha concluso per
il rigetto di entrambi i ricorsi.
Ritenuto in fatto
l. – Con atto di citazione notificato in data 30 settembre
1998, Liliana Cappelletti conveniva in giudizio dinanzi al
Tribunale di Fermo la sorella Bruna Cappelletti e – premettendo che essa attrice e la convenuta erano comproprietarie
quota,

pro

quali eredi del padre, di un appezzamento di terreno,

sito in Fermo, località Marina Palmense, nonché, quali eredi
della madre, di un fabbricato, avente la stessa ubicazione –

– 2 –

614,\

– ricorrente in via incidentale –

chiedeva lo scioglimento della comunione, con assegnazione dei
beni facenti parte della stessa.
Si costituiva la convenuta, deducendo la non comoda divisibilità del fabbricato rurale.

nitiva in data 11 giugno 2003, dichiarava la non comoda divisibilità del fabbricato (l’unico bene oggetto del giudizio a
seguito della limitazione della domanda attrice), rimettendo
la causa in istruttoria per l’effettuazione degli ulteriori
incombenti.
Il primo giudice affermava che la divisione dell’immobile
avrebbe determinato frazionamenti inadeguati anche per il loro
alto costo e la necessaria costituzione di servitù ed osservava che, avendo ciascuna parte chiesto l’assegnazione
dell’intero bene, doveva procedersi (essendo entrambe le parti
titolari di quote uguali e non risultando dagli atti criteri
preferenziali) alla sua assegnazione al miglior offerente tra
le stesse parti, salvo il successivo ricorso alla vendita
all’incanto nell’ipotesi di mancata comparizione delle parti o
di mancanza di loro offerte.
2. – Con sentenza resa pubblica mediante deposito in cancelleria il 4 luglio 2009, la Corte d’appello di Ancona ha respinto il gravame di Liliana Cappelletti, compensando tra le
parti le spese del grado.
A

Esperita c.t.u., l’adito Tribunale, con sentenza non defi-

2.1.

Disattesa

l’eccezione

di

inammissibilità

dell’appello per carenza di motivi specifici, la Corte territoriale ha invece condiviso quanto sostenuto dall’appellata in
ordine all’inammissibilità della domanda, formulata nell’atto

te, non solo al fabbricato, ma anche all’area scoperta contigua al fabbricato: ciò in quanto, nel primo grado di giudizio,
l’attrice aveva limitato, nelle conclusioni analiticamente
formulate all’udienza del 22 marzo 2001, la richiesta di scioglimento della comunione al fabbricato facente parte
dell’eredità materna, con annesso spazio di area scoperta circostante, in tal modo rinunciando, implicitamente ma inequivocabilmente, alla domanda di divisione dell’appezzamento di
terreno oggetto dell’eredità paterna.
La Corte territoriale ha poi confermato la conclusione di
non comoda divisibilità del fabbricato, sia per la necessità
di dover fronteggiare interventi costosi per la divisione materiale del bene (implicanti la realizzazione di aperture, di
due bagni e di una scala interna, l’asportazione di porte e la
separazione degli impianti), sia perché la creazione di due
unità abitative, ciascuna delle quali necessariamente penalizzata quanto a superfici, avrebbe determinato una apprezzabile
incidenza negativa sul valore complessivo dell’immobile.
Attesa l’insussistenza di elementi per preferire
l’assegnazione dell’immobile all’una o all’altra delle parti

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014/\

di impugnazione, di scioglimento della comunione relativamen-

ed esclusa la possibilità, in presenza di richiesta di assegnazione avanzata da ciascuna di esse, di far luogo alla vendita all’incanto, la Corte d’appello ha giudicato conforme a
legge e rientrante nella logica del sistema il criterio con-

il fabbricato alla condividente disposta ad effettuare la migliore offerta sulla base di un valore corrispondente alla metà del valore complessivo del bene quale stimato dal c.t.u.
3. – Per la cassazione della sentenza della Corte d’appello
Liliana Cappelletti ha proposto ricorso, con atto notificato
il 14 dicembre 2009, sulla base di un motivo.
L’intimata ha resistito con controricorso, proponendo a sua
volta ricorso incidentale, affidato ad un mezzo.
Considerato in diritto
1. – Con l’unico motivo, la ricorrente in via principale
denuncia violazione o falsa applicazione dell’art. 720 cod.
civ. nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Con
esso si pone il quesito se, ai sensi dell’art. 720 cod. civ.,
là dove i coeredi siano comproprietari in quote uguali di un
immobile non divisibile e ne abbiano tutti chiesto
l’attribuzione, sia consentito che il giudice disponga che il
bene venga assegnato al coerede che formuli l’offerta più alta
e che soltanto in caso di mancanza di offerte o di mancata

cretamente adottato dal Tribunale, consistente nell’assegnare

comparizione delle parti il bene venga venduto mediante pubblico incanto.
2. – Il motivo è scrutinabile nel merito, essendo da respingere l’eccezione di inammissibilità per difetto di inte-

Infatti, sin dall’atto di appello Liliana Cappelletti, se
in via principale aveva domandato che venisse dichiarata la
comoda divisibilità del fabbricato con assegnazione di due
porzioni in natura alle condividenti titolari di quote uguali,
in subordine – in caso di conferma della sentenza di primo
grado sul punto della non comoda divisibilità del bene immobile – aveva chiesto che venisse comunque dichiarata inammissibile l’assegnazione per intero al miglior offerente tra le
stesse condividenti.
E’ quest’ultima richiesta che sostanzia l’attuale motivo di
ricorso: avendo la Corte d’appello ritenuto che la vendita
all’incanto sia da escludere per avere entrambe le parti domandato l’assegnazione dell’intero bene e giudicato legittimo,
in mancanza di elementi per preferire l’assegnazione
dell’immobile all’una o all’altra parte, l’avvio di una gara
tra i soli condividenti per la migliore offerta, la ricorrente
ha interesse a mettere in discussione i criteri seguiti dal
giudice del merito per lo scioglimento della comunione ereditaria.

resse sollevata dalla difesa della controricorrente.

D’altra parte, l’eccezione di inammissibilità del motivo
muove da un presupposto – l’avere Liliana Cappelletti rinunciato alla domanda di assegnazione a essa del bene oggetto
della divisione – chiaramente smentito dalla sentenza impugna-

[hanno] chiesto l’assegnazione dell’intero bene”.
3. – Nel merito, la censura è fondata.
Ai sensi dell’art. 720 cod. civ., in caso di comunione ereditaria avente ad oggetto un immobile non comodamente divisibile, se vi sono coeredi titolari di quote identiche e tutti
chiedono l’assegnazione, il giudice ha il potere-dovere dà
scegliere tra i più richiedenti valutando ogni ragione di opportunità e convenienza, dandone adeguata motivazione; se poi
non sia ravvisabile alcun criterio oggettivo di preferenza (o
nessuno dei condividenti voglia giovarsi della facoltà di attribuzione dell’intero), soccorre il rimedio residuale della
vendita all’incanto (Cass., Sez. Il, 5 dicembre 1977, n. 5271;
Cass., Sez. Il, 13 maggio 2010, n. 11641).
La consolidata giurisprudenza di questa Corte esclude che
la scelta del condividente cui assegnare il bene possa dipendere dalla maggiore offerta, che uno di essi faccia, rispetto
al prezzo di stima (Cass., Sez. Il, 4 gennaio 1969, n. 8;
Cass., Sez. Il, 11 agosto 1982, n. 4548; Cass., Sez. II, 1 0
febbraio 1995, n. 1158).

ot,
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ta, la quale invece ha evidenziato che “entrambe le parti

Il procedimento divisionale, infatti, non è soggetto a gara
tra i condividenti, altrimenti verrebbe meno la parità di condizione degli aspiranti assegnatari e la scelta verrebbe ad
essere determinata, o quanto meno influenzata, dalle maggiori

Se la scelta dell’assegnatario dovesse essere determinata
dalla somma che egli offre di pagare a conguaglio, verrebbe
meno la caratteristica tipica del procedimento per assegnazione e questo si risolverebbe in una vendita all’incanto:
l’unica particolarità consisterebbe nella limitazione della
gara ai condividenti medesimi.
Ma si tratta di conclusione in contrasto con il sistema
della legge, che ha inteso tener ben distinta l’assegnazione
dalla vendita ed ha mostrato netta preferenza per la prima,
ricorrendo alla seconda come estremo rimedio quando non si
possa addivenire in altro modo allo scioglimento della comunione.
Ha pertanto errato la Corte d’appello a rimettere
l’attribuzione dell’intero bene al condividente disposto ad
effettuare la maggiore offerta sul prezzo di stima.
4. – L’accoglimento del ricorso principale determina
l’assorbimento dell’esame del motivo di ricorso incidentale
con cui Bruna Cappelletti si duole della totale compensazione
tra le parti delle spese del giudizio di appello, denunciando

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o minori possibilità economiche degli aspiranti.

violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 cod. proc.
civ. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione.
5. – La sentenza impugnata è cassata in relazione alla censura accolta.

na, che la deciderà in diversa composizione.
Il giudice del rinvio provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
PER QUESTI MOTIVI

La Corte
l’incidentale;

accoglie

il ricorso principale,

assorbito

cassa la sentenza impugnata in relazione alla

censura accolta e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Ancona, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile della Corte suprema di Cassazione, il 17 a-

La causa deve essere rinviata alla Corte d’appello di Anco-

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