Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10215 del 19/05/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10215 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: PICCIALLI LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 2610-2010 proposto da:
DI PREDIL S.a.s. di PRESSA SALVATORE c.f. 01036130787,
in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 12,
presso lo studio dell’avvocato MARIA CHIEFARI,
rappresentata

e

difesa

dagli

avvocati

ANGELO

COSENTINO, VITTORIO COSENTINO;
– ricorrente contro

GEOS 3 S.r.l. Cooperativa Edilizia in Liquidazione in
persona del legale rappresentante pro tempore;

Data pubblicazione: 19/05/2015

- intimata –

avverso la sentenza n. 903/2008 della CORTE D’APPELLO
di CATANZARO, depositata il 02/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/04/2015 dal Presidente Dott. LUIGI

udito l’Avvocato VIT-ri9GRIO COSENTINO, difensore della
ricorrente, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’improcedibilità

o,

l’inammissibilità del ricorso.

in

subordine,

PICCIALLI;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 18/6/1986 la società Cooperativa
GECOS 3 conveniva in giudizio la società Di Predil alla
quale aveva dato in appalto il lavoro di completamento
di un edificio sociale e, deducendo ritardi, gravi

contratto di appalto e rispetto al capitolato speciale,
deducendo inoltre mancata consegna di magazzini e
locali garage e di tre chiavi in dotazione ad ogni
portoncino blindato, npchiedeva la consegna dei locali
predetto e delle chiavi, oltre al risarcimento dei
danni.
La convenuta chiedeva il rigetto della domanda e in via
riconvenzionale il pagamento del saldo dei lavori
eseguiti.
Il Tribunale di Cosenza, dopo l’espletamento di CTU e
delle prove orali accoglieva la domanda attrice

e

condannava la convenuta al pagamento della somma di
euro 11.305,00 oltre rivalutazione dal Luglio 1987.
La

società

Di

s.a.s.

Predil

proponeva

appello

chiedendo:
– il rinnovo della CTU,

il rigetto della domanda di risarcimento danni

(contestando

l’imputabilità

3

dei

ritardi

e

difetti di costruzione e difformità rispetto al

l’inadempimento dell’obbligo di puntale pagamento del
corrispettivo);

la condanna di GECOS al pagamento del saldo dei

lavori pari a euro 51.645,69, oltre revisione prezzi,
rivalutazione e interessi.

incidentale la condanna dell’appaltatrice al pagamento
di ulteriori somme, a suo dire erroneamente accreditate
dal giudice di primo grado all’appaltatrice.
Con sentenza del 2/12/2008 la Corte di Appello di
Catanzaro rigettava l’appello principale e accoglieva
l’appello incidentale rilevando:
– che i vizi erano stati correttamente accertati dal
consulente in sede di sopralluogo e sulla base della
sua diretta percezione
– che la mancanza di qualità delle opere eseguite da Di
Predil era stata correttamente accertata dal consulente
in base al raffronto tra quanto da lui stesso
constatato e il contenuto del capitolato speciale di
appalto;
– che pertanto non era necessario il rinnovo della CTU
richiesto dall’appellante principale
– che contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante
principale DI Predil, questa sk era obbligata a

4

GECOS chiedeva il rigetto dell’appello e con appello

rispettare il capitolato speciale di appalto con la
scrittura privata del 3/11/1982, con la quale era stato
previsto che la stessa subentrasse in tutti diritti e
obblighi di cui al contratto con la precedente
appaltatrice t che a sua volta si era impegnata al

La Corte di Appello provvedeva poi a rideterminare il
corrispettivo dovuto per il lavori eseguiti, dal quale
detraeva quanto dovuto alla committente per lavori
pagati e non eseguiti.
La società DI PREDIL ha proposto ricorso affidato a
quattro motivi; non risultano formulati i quesiti di
diritto e il momento di sintesi quanto al vizio di
motivazione.

La. u-L,AutSt

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-~yvz ,

La società GEOS 3 s.r.l. è rimasta intimata.
Motivi della decisione.
1. Con il primo motivo la ricorrente deduce la
violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e dell’art. 2697
c.c. e il difetto di motivazione in ordine
all’identificazione e alla valutazione della prova e in
ordine all’esistenza e relativa liquidazione della
somma di denaro dovuta per tali visi,nonché in ordine
al debito per opere non eseguite

5

rispetto del capitolato speciale.

2.

Con il secondo motivo la ricorrente deduce la

violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e dell’art. 2697
c.c. e il difetto di motivazione in ordine al calcolo
della ritenuta operata sui S.A.L. (stati avanzamento
lavori);
Con il terzo motivo la ricorrente deduce la

violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e dell’art. 1224
c.c. e il difetto di motivazione in ordine alla
rivalutazione e interessi sul ritardato pagamento dei
S.A.L. (stati avanzamento lavori) e alla differenza tra
il credito dell’appaltatrice, come riportato nel conto
finale del direttore lavori e il minor credito
accertato in sentenza.
4.

Con il quarto motivo la ricorrente deduce la

violazione degli artt. 115, 116 c.p.c. e dell’art. 1224
c.c. e il difetto di motivazione alla richiesta di
vedersi riconosciuta la rivalutazione e gli interessi
sia sulle somme corrisposte in ritardo, sia su quelle
del credito finale come risultanti dalla contabilità
redatta dal direttore dei lavori
5. Occorre premettere che al ricorso in esame, con il
quale è stata impugnata una sentenza depositata in data
2/12/2008, è applicabile l’art. 366 bis c.p.c. che
prevede la formulazione dei quesiti e, quanto al vizio

6

3.

di motivazione, il cosiddetto momento di sintesi.
Infatti, alla stregua del principio generale di cui
all’art. 11, comma l, disp. prel. c.c., secondo cui, in
mancanza

di

un’espressa

disposizione

normativa

contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e

specifico disposto del comma quinto dell’art. 58 della
legge 18 giugno 2009, n. 69, in base al quale le norme
previste da detta legge si applicano ai ricorsi per
cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati
a decorrere dalla data di entrata in vigore della
medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art.
366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi dell’art.
47 della citata legge n. 69 del 2009) è diventata
efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai
provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta
data, con la conseguenza che per quelli proposti
antecedentemente (dopo l’entrata in vigore del d. lgs.
n. 40 del 2006) tale norma

è da ritenersi ancora

applicabile (Cass. 24/03/2010 n. 7119).
Sul punto è stato escluso ogni dubbio di legittimità
costituzionale del comma quinto dell’art. 58 cit. per
contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto rientra nella
discrezionalità del legislatore disciplinare nel tempo

7

non ha effetto retroattivo, nonché del correlato

l’applicabilità delle disposizioni processuali e non
appare irragionevole il mantenimento della pregressa
disciplina per i ricorsi per cassazione promossi
avverso provvedimenti pubblicati prima dell’entrata in
vigore della novella (Cass. 16/12/2009 n. 26364).

ricorso manca il momento di sintesi, prescritto
dall’art. 366 bis c.p.c. che implica la necessità di
una separata individuazione

del fatto controverso e

delle ragioni di inadeguatezza della motivazione,
connessa all’esigenza di chiarezza emergente dallo
stesso art.

366 bis c.p.c.;

infatti,

secondo la

costante giurisprudenza di questa Corte, la regola
processuale dell’art. 366 bis c.p.c. impone nella
formulazione della censura un distinto momento di
sintesi

(omologo

del

quesito

di

diritto)

che

circoscriva puntualmente i limiti della critica alla
motivazione in fatto con l’indicazione di quali siano
le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente
inidonea a sorreggere la decisione in modo da non
ingenerare incertezze in sede di valutazione della sua
ammissibilità (cfr. 18/11/2011 n. 24255; Cass. S.U.
18/6/2008 n. 16528); questa Corte ha altresì precisato
che è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis cod.

8

5.1 Quanto al vizio di motivazione nei motivi di

proc.

civ.,

il motivo di

ricorso per omessa,

insufficiente o contraddittoria motivazione qualora non
sia stato formulato il c.d. quesito di fatto, se manca
la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi,
anche quando l’indicazione del fatto decisivo
sia

rilevabile

dal

complesso

della

formulata censura, attesa la “ratio” che sottende la
disposizione

indicata,

associata

alle

esigenze

deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale
deve essere posta in condizione di comprendere, dalla
lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso
dal giudice di merito (Cass. 18/11/2011 n. 24255).
Nulla di tutto ciò è leggibile nei motivi di ricorso.
Ne discende l’inammissibilità dei motivi quanto al
dedotto vizio di motivazione.
5.3 Egualmente, quanto alla violazione di norme di
norme di diritto, la richiamata norma, come detto
applicabile al presente ricorso, prevedeva che, nei
casi previsti dall’art. 360 n. 3 e n. 4,
“l’illustrazione di ciascun motivo si deve concludere,
a pena d’inammissibilità, con la formulazione di un
quesito di diritto”.
Nel ricorso in esame non solo manca del tutto la
prescritta formulazione conclusiva, ma manca persino

9

controverso

graficamente qualsivoglia riferimento ad un quesito di
diritto vero e proprio.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che è
inammissibile, per violazione dell’art. 366-bis c.p.c.,
il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei

di un esplicito quesito di diritto, tale da
circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un
accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla
parte (Cass. S.U. 26/03/2007 n. 7258).
Né il quesito di diritto può essere desunto dal
contenuto del motivo, poiché, in un sistema processuale
che già prevedeva la redazione del motivo con
l’indicazione della violazione denunciata, la
peculiarità del disposto di cui all’art. 366-bis cod.
proc. civ., consiste proprio nell’imposizione, al
patrocinante che redige il motivo, di una sintesi
originale ed autosufficiente della violazione stessa,
funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del
principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio
della funzione nomofilattica della Corte di legittimità
(Cass. 24/07/2008 n. 20409).
Ne discende l’inammissibilità dei motivi quanto al
vizio di violazione di legge.

10

singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione

5.4

Va

aggiunto,

quali

ulteriori

motivi

di

inammissibilità:
– che, quanto al primo motivo, la quantificazione dei
danni si collega all’accertamento già compiuto dal
giudice di primo grado perché la sentenza di appello ha

sentenza impugnata laddove si afferma che

“come

correttamente rilevato anche dal giudice di primo grado
il credito risarcitorio di GECOS 3 per i vizi e le
difformità afferenti ai lavori eseguiti dalla DI Predil
s.a.s. può essere indicato in complessive lire
50.700.000”

e nella pagina successiva si afferma che

deve essere confermato l’accertamento del danno per
vizi e difformità, liquidato in lire 50.700.000) e
pertanto la ricorrente avrebbe dovuto riportare le
censure specifiche svolte con l’atto di appello avverso
la sentenza di primo grado;
– che il secondo motivo è inammissibile per la sua
mancanza di specificità / perché la ricorrente non
riporta il contenuto dei documenti (i S.A.L., il conto
finale e il conto finale redatto dal direttore lavori)
che pone a fondamento della sua censura;
– che il terzo e il quarto motivo sono inammissibili.
perché la ricorrente non indica se e in quali termini

11

confermato la sentenza di primo grado (v. pag. 11 della

la questione della rivalutazione e interessi sul
ritardato pagamento sia stata proposta nel giudizio di
appello, anche considerando che\i- a Corte di Appello ha
operato una compensazione tra debiti e crediti, così che
i crediti dell’appaltatrice sono già stati considerati

6. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile.
Non v’è luogo a provvedere sulle spese di questo
giudizio di legittimità in quanto l’intimata non ha
svolto attività difensive.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Così deciso in Roma, addì 14/4/2015.

nella determinazione del saldo a debito.

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