Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10213 del 10/05/2011

Cassazione civile sez. III, 10/05/2011, (ud. 24/03/2011, dep. 10/05/2011), n.10213

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMATUCCI Alfonso – Presidente –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 8526/2009 proposto da:

S.M. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA XX SETTEMBRE 1, presso lo studio dell’avvocato PESCE

GIOVANNI (STUDIO UGHI & NUNZIANTE), rappresentata e

difesa

dall’avvocato SEMERARO Giuseppe giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

ENEL DISTRIBUZIONE S.P.A. (OMISSIS) in persona dell’avvocato

T.R. Procuratore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA PO 25/B, presso lo studio dell’avvocato GENTILE Giovanni

Giuseppe, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati

TANZARIELLO ROBERTO, GIORGIO GIOVANNI giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5/2009 della CORTE D’APPELLO di LECCE sezione

distaccata di TARANTO, emessa il 17/10/2008, depositata il

14/01/2009, R.G.N. 488/2003;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

24/03/2011 dal Consigliere Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

udito l’Avvocato GIOVANNI GENTILE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per il rigetto.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 18-24 febbraio 1987 S. M. – affittuaria di un’azienda agricola – ha chiesto al Tribunale di Taranto la condanna dell’ENEL al pagamento in suo favore di L. 22.365.000, in risarcimento dei danni arrecatile con il rifiuto dell’allacciamento di energia elettrica, richiesto nell’aprile 1984.

Il rifiuto aveva comportato l’impossibilità di irrigare una piantagione di pomodori, il cui raccolto era andato perduto.

La convenuta ha resistito alla domanda, adducendo che il proprietario concedente l’affitto dell’azienda, D.F.F.T., proprietario della cabina elettrica in luogo, non aveva dato il suo consenso alla somministrazione di energia all’affittuaria. Ha chiesto di essere autorizzata a chiamare in causa il D.F..

L’intervento in causa non è stato disposto ed, istruita la causa anche tramite CTU, il Tribunale ha condannato l’ENEL al risarcimento dei danni, quantificati in Euro 7.500,00 comprensivi di rivalutazione monetaria e interessi legali.

Proposto appello principale dall’Enel e incidentale dalla S., con sentenza n. 5/2009, notificata il 5 febbraio 2009, la Corte di appello di Lecce-Sezione distaccata di Taranto, in riforma della sentenza di primo grado, ha respinto integralmente la domanda di risarcimento dei danni.

Con atto notificato il 1 aprile 2009 quest’ultima propone due motivi di ricorso per cassazione.

Resiste l’ENEL con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- La sentenza impugnata ha assolto l’Enel con la motivazione che dagli atti di causa emerge che la cabina elettrica che eroga energia all’azienda agricola appartiene in proprietà al concedente D. F. e che questi ha negato il suo consenso all’allacciamento, sicchè il mancato accoglimento della domanda di somministrazione non è imputabile all’Enel.

Ha soggiunto che comunque la domanda di risarcimento è infondata, poichè i danni non sono imputabili alla mancata irrigazione, ma ad altre cause, quali la natura del terreno e la sua mancata preparazione, la tardività della semina, ecc.).

2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione della L. 11 febbraio 1971, n. 11, art. 10; L. 3 maggio 1982, n. 203, art. 17, comma 6; artt. 2135, 2137, 1559, 1362 e 2043 cod. civ., nonchè violazione della L. n. 203 del 1982, nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso che sussistesse un obbligo dell’ENEL di concludere il contratto di somministrazione dell’energia, in mancanza del consenso del proprietario.

Fa rilevare che essa è affittuaria di un’azienda agricola dotata di pozzo artesiano, con cabina elettrica a servizio del pozzo, e che i suddetti accessori (pozzo, cabina elettrica e impianto di irrigazione) rientrano nel contratto di affitto quali dotazioni dell’azienda; che la normativa in tema di affitto agrario attribuisce all’affittuario la titolarità esclusiva dell’impresa agraria e che in particolare la L. n. 11 del 1971, art. 10, gli attribuisce tutte le iniziative in tema di organizzazione e gestione dell’azienda, in vista della razionale coltivazione del fondo; che la L. L. n. 203 del 1982, art. 17, attribuisce parimenti all’affittuario il potere di proporre istanze alla pubblica amministrazione, per ottenere permessi, concessioni ed autorizzazioni necessarie all’esercizio dell’attività, sicchè l’Enel non aveva alcun bisogno del consenso del proprietario per fornire l’energia elettrica; che peraltro quest’ultimo aveva preventivamente autorizzato la somministrazione di energia, nel momento in cui aveva menzionato nel contratto di affitto il diritto dell’affittuaria di fare uso del pozzo e dell’impianto di irrigazione.

La ricorrente lamenta poi motivazione insufficiente e contraddittoria.

3.- Il motivo è fondato.

Va premesso che all’epoca dei fatti di cui si discute (anni 1984- 1987) l’Enel era titolare di monopolio legale per la somministrazione di energia elettrica e, per effetto di tale sua posizione, era tenuto per legge a contrattare con chiunque facesse richiesta delle sue prestazioni, osservando la parità di trattamento (art. 2597 cod. civ.).

A fronte della richiesta del soggetto titolare di un’impresa agricola in forza di contratto di affitto, qual era la S., l’Enel non poteva rifiutare di concedere la fornitura sulla base dell’asserito rifiuto di consenso di un soggetto terzo, qual era il proprietario dell’azienda concessa in affitto.

L’ente era certamente tenuto a verificare che la richiedente avesse un titolo che l’autorizzava a disporre dei beni in favore dei quali richiedeva la prestazione del servizio. Ma il titolo di affittuaria, invocato e dimostrato dalla S., era più che sufficiente allo scopo e non spettava all’Enel di andare a sindacare se un tale titolo fosse valido o se fosse soggetto a peculiari limitazioni, in virtù dei rapporti interni con il concedente.

La circostanza che la cabina elettrica fosse di proprietà di quest’ultimo è irrilevante, poichè – essendo detta cabina compresa fra i beni costituenti l’azienda – essa risultava inclusa nel contratto di affitto, quale pertinenza al servizio dei beni aziendali.

La S. aveva quindi un titolo proprio, che l’autorizzava a stipulare il contratto di somministrazione dell’energia, utilizzando quella cabina.

Unico ostacolo avrebbe potuto essere rappresentato dal fatto che la medesima fornitura fosse già in corso in favore di altro soggetto (in ipotesi, in favore del concedente D.F.) e che la somministrazione alla S. venisse a privare il D.F. della relativa utilizzazione.

L’obbligo di contrarre del monopolista legale non consente infatti che la prestazione del servizio a taluno possa costituire causa dell’interruzione della fornitura in favore di altri, considerato che la somministrazione deve avvenire nel rispetto della parità di condizioni. Ma tale circostanza non risulta dedotta da alcuna delle parti della controversia.

Va pertanto ribadito il principio per cui, in regime di monopolio legale dell’offerta di energia elettrica, l’ente monopolista è tenuto a contrarre con chiunque chieda la somministrazione dell’energia e sia in possesso di un titolo che gli attribuisca il diritto di disporre dei beni in favore dei quali formula la richiesta.

Nè l’obbligo gravante sul monopolista legale può essere neutralizzato dalle pretese o dall’opposizione di terzi, in virtù dei loro personali rapporti con il richiedente. (Fermo l’obbligo del nuovo richiedente di affrontare le spese eventualmente necessarie per l’erogazione del servizio, qualora ciò richieda la modificazione degli impianti preesistenti: installazione di un nuovo contatore, ampliamento delle linee, ecc.).

L’Enel aveva il diritto di verificare che la S. avesse un titolo per disporre dei beni in relazione ai quali chiedeva la somministrazione e di esigere che affrontasse le spese di impianto, di gestione e di erogazione, inerenti alla fornitura.

Ricorrendo queste condizioni, il consenso di terzi – ivi incluso il proprietario della cabina elettrica – era del tutto irrilevante perchè, come si è detto, anche la cabina elettrica costituiva oggetto del contratto di affitto.

L’eccezione della resistente, secondo cui l’art. 1 delle condizioni generali contenute nel contratto tipo di somministrazione dell’energia elettrica subordina l’accoglimento della domanda al consenso del proprietario dell’immobile, ove il richiedente tale non sìa, non costituisce un’esimente.

Grava infatti sul monopolista legale non solo l’obbligo formale di effettuare le sue prestazioni in favore di chiunque ne faccia richiesta; ma anche il dovere di predisporre le condizioni per potere di fatto adempiere a quest’obbligo, per quanto concerne sia l’adeguamento degli impianti e della produttività dell’impresa all’entità delle presumibili richieste degli utenti; sia la predisposizione della normativa contrattuale che disciplina i rapporti di fornitura e che deve essere tale da evitare che un soggetto possa precludere all’altro l’accesso all’energia.

Conseguentemente, gli eventuali obblighi contrattuali che il monopolista abbia assunto nei confronti di taluno sono da ritenere inopponibili a chi richieda la prestazione del servizio sulla base di un titolo che gli attribuisca il diritto di disporre legittimamente del bene in favore del quale egli chiede la somministrazione (sia esso un diritto di proprietà o di godimento temporaneo).

Nè è compito del monopolista quello di sindacare se il titolo sia stato legittimamente acquisito, se il rapporto fra privati sia stato legittimamente adempiuto, e così via.

Unico limite che egli incontra, ed unica scelta che non gli è consentita, è quella di sacrificare il diritto dell’uno in favore dell’altro: che poi corrisponde all’obbligo di rispettare la parità di trattamento.

4.- Con il secondo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che, anche a voler superare il problema della responsabilità, la domanda attrice sarebbe infondata nel quantum.

Rileva il ricorrente che la Corte di appello sì è attenuta alla CTU del Dott. C., redatta nel corso del giudizio circa vent’anni dopo gli avvenimenti di cui trattasi, assumendo che essa ricalcava interamente la relazione di accertamento tecnico preventivo, eseguita dal Dott. D.F. nell’immediatezza dei fatti, ed ha affermato che questa seconda relazione avrebbe accertato che le modalità e i tempi della semina, la mancata preparazione del terreno, la natura stessa del terreno, ecc, erano stati la causa esclusiva dei danni.

Al contrario, il Dott. D.F. aveva accertato in sede preventiva che le suddette circostanze avrebbero comportato una minor produzione, rispetto a quella che si sarebbe potuta avere, ma non la totale perdita della produzione, qualora l’irrigazione fosse tempestivamente avvenuta. Aveva perciò accertato che il comportamento dell’Enel ha arrecato dei danni ed ha quantificato tali danni nell’importo di L. 15.606.750.

La Corte di appello ha trascurato di prendere in esame tale circostanza ed ha assunto la sua decisione esclusivamente sulla base della seconda perizia, affermando erroneamente che essa ricalcava integralmente la prima.

4.1.- Il motivo è fondato.

La motivazione della sentenza impugnata risulta effettivamente lacunosa ed illogica, nella parte in cui ha omesso di prendere in esame una serie di dati risultanti dalla prima perizia ed ha ritenuto che il contenuto di quest’ultima riproducesse interamente il contenuto della prima e fosse sufficiente a giustificare il rigetto della domanda.

5.- Il ricorso deve essere accolto, con la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, affinchè decida la controversia uniformandosi ai principi sopra esposti e con congrua e logica motivazione.

6.- Il giudice di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte di cassazione accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Lecce, in diversa composizione, che deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 24 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 10 maggio 2011

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