Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10212 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. lav., 28/05/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 28/05/2020), n.10212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2464-2016 proposto da:

Q.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI

NICOTERA 29, presso lo studio dell’avvocato GASPARE SALERNO, che la

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

INTERAMNIA CLUB SOCIETA’ SPORTIVA DILETTANTISTICA S.R.L. IN

LIQUIDAZIONE, in persona del Liquidatore pro tempore, INTERAMNIA

FITNESS A.S.D. ASSOCIAZIONE SPORTIVA DILETTANTISTICA, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliate in

ROMA, VIA LEONARDO GREPPI 77, presso lo studio dell’avvocato ANTONIO

RUGGERO BIANCHI, rappresentate e difese dall’avvocato PIETRO

REFERZA;

– controricorrenti –

e contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del suo

Presidente e legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale

mandatario della S.C.C.I. S.P.A. società di cartolarizzazione dei

crediti I.N.P.S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale dell’Istituto,

rappresentati e difesi dagli avvocati ANTONINO SGROI, EMANUELE DE

ROSE, GIUSEPPE MATANO, CARLA D’ALOISIO, ESTER ADA SCIPLINO e LELIO

MARITATO;

– resistenti con mandato –

e contro

ASD FIT POINT;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1203/2015 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 19/11/2015, R.G.N. 144/2015.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. la Corte d’appello di L’Aquila respingeva il gravame proposto da Q.A. avverso la decisione del Tribunale di Teramo che aveva rigettato la domanda della predetta, intesa al riconoscimento della sussistenza di un unico rapporto di lavoro subordinato, in luogo dei rapporti di collaborazione continuativa e coordinata intercorsi nel tempo con le società Interamnia Fitness ASD Associazione Sportiva Dilettantistica, Interamnia Club Società Sportiva Dilettantistica s.r.l. in liquidazione ASD FI Point, dal 13.9.2004 al 31.8.2009, ed alla condanna della prima al pagamento delle conseguenti differenze retributive, oltre che alla regolarizzazione della posizione contributiva;

2. la Corte, disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello per asserita genericità ed indeterminatezza, rilevava che, per il principio dell’acquisizione della prova, andava valutato tutto il materiale probatorio acquisito agli atti, dovendo tale principio contemperarsi con quello generale del riparto dell’onere probatorio fissato dall’art. 2697 c.c.;

3. in particolare, rilevava che era emerso che la Q. seguiva orari non fissi ma flessibili, compatibili con altri suoi impegni e deponenti per l’esistenza in capo alla medesima di un effettivo potere di autorganizzazione. Le deduzioni della lavoratrice non erano peraltro supportate dalla ricorrenza degli elementi tipici della subordinazione e, segnatamente, della eterodirezione, nel senso della sua sottoposizione al potere direttivo di conformazione e disciplinare della datrice di lavoro, e neanche della dedotta successiva cessione d’azienda erano stati provati gli elementi significativi, quali il subentro nella utilizzazione degli stessi locali, degli stessi mezzi e delle stesse attrezzature, nonchè la fruizione dello stesso personale e della stessa clientela; per quel che rileva nella presente sede, quanto alle spese processuali, doveva ritenersi che la condanna contenuta in dispositivo, seppur generica, era stata disposta in favore di tutti i convenuti vittoriosi;

4. di tale decisione domanda la cassazione la Q., che ha affidato l’impugnazione a cinque motivi, riassunti in memoria, cui hanno resistito, con unico controricorso, la Interamnia Club società Sportiva Dilettantistica s.r.l. in liquidazione e la Interamnia Fitness Associazione Sportiva Dilettantistica; l’INPS, in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. s.p.a., ha rilasciato procura speciale in calce al ricorso notificato.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. con il primo motivo, la Q. denunzia omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ed erroneità dell’ammissione delle prove orali chieste dalle allora resistenti, in ragione della decadenza verificatasi ex art. 416 c.p.c., per essere la costituzione avvenuta tardivamente solo in udienza, contestando l’avvenuto utilizzo dei poteri istruttori del giudice quando si siano verificate decadenze e preclusioni in danno di una o di entrambe le parti;

2. con il secondo motivo, la ricorrente evidenzia la totale (valutazione di) irrilevanza da parte del giudice di prime cure e d’appello delle prove testimoniali di parte ricorrente; con lo stesso motivo deduce nullità della sentenza e/o del procedimento con riguardo alla mancata considerazione delle deposizioni favorevoli ad essa ricorrente rese dai testi indicati;

3. con il terzo motivo, non rubricato attraverso la indicazione del vizio ascritto alla pronunzia, la ricorrente contesta l’effettuazione di un “copia ed incolla” di note conclusive di parte resistente effettuata dal giudice di primo grado ed evidenzia l’opinabilità dell’affermazione del giudice di appello che aveva ritenuto possibile tale tecnica quando la motivazione contenga ragioni fondate, attribuibili al decidente ed espresse in modo chiaro ed univoco;

4. con il quarto motivo, è dedotto vizio motivazionale aggravato dalla asserita mancata considerazione di precedenti giudicati della Commissione Tributaria provinciale di Teramo (sent. n. 354/2/10 R.G. 672/09; sentenza di condanna della Interamnia Club s.r.l. R.G. n. 599/08 Dec. 120/09 – dep. 22.6.09);

5. il q. motivo si compendia nella deduzione di nullità del dispositivo della sentenza di primo grado, per assunta violazione degli artt. 132 e 161 c.p.c. e art. 152 c.p.c., comma 2, nonchè di nullità della sentenza di secondo grado per violazione di legge, sul rilievo che la decisione di primo grado non specifichi in che misura la somma per spese processuali liquidata in primo grado andasse ripartita tra le parti vittoriose;

6. il ricorso è complessivamente inammissibile:

7. il primo motivo presenta profili di inammissibilità connessi al suo confezionamento come motivo composito, simultaneamente volto a denunciare violazione di legge e vizio di motivazione, avuto riguardo al principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, è inammissibile la mescolanza e la sovrapposizione di mezzi di impugnazione eterogenei, facenti riferimento alle diverse ipotesi contemplate dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5, non essendo consentita la prospettazione di una medesima questione sotto profili incompatibili, quali quelli della violazione di norme di diritto, sostanziali e processuali, che suppone accertati gli elementi del fatto in relazione al quale si deve decidere della violazione o falsa applicazione della norma, e del vizio di motivazione, che quegli elementi di fatto intende precisamente rimettere in discussione (Cass. 23 giugno 2017, n. 15651; Cass. 28 settembre 2016, n. 19133; Cass. 23 settembre 2011, n. 19443 e, da ultimo Cass. 23.10.2018 n. 26874, nei termini riportati);

7.1. per il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 vale anche il rilievo della preclusione della sua deduzione in caso di doppia conforme, come nel caso considerato;

7.2. la ricorrente denuncia la decadenza dalle prove verificatasi in prime cure per la tardiva costituzione della parte resistente, ma non precisa quali fossero stati i testi escussi indicati dalla stessa e non specifica in che modo la deposizione dell’unico teste sia risultata decisiva nella complessiva valutazione compiuta dal giudice del merito; peraltro, a fronte della ritenuta applicazione del principio dell’acquisizione della prova, sul quale il giudice di secondo grado ha fondato la decisione, non specifica in che modo il principio in questione sia stato erroneamente applicato, posto che, nel sistema processualcivilistico vigente opera il principio cosiddetto dell’acquisizione della prova, in forza del quale ogni emergenza istruttoria, una volta raccolta, è legittimamente utilizzabile dal giudice indipendentemente dalla sua provenienza (cfr. da ultimo Cass. 25.2.2019 n. 5409, Cass. 25.09.2013 n. 21909);

7.3. le censure non risultano del tutto conferenti rispetto alla motivazione adottata dal giudice del gravame, reiterandosi l’eccezione di decadenza connessa alla tardiva costituzione della resistente che aveva costituito oggetto dei rilievi già avanzati in primo grado ed omettendosi peraltro ogni trascrizione del motivo specificamente articolato in sede di gravame avverso la decisione del primo giudice;

7.4. quanto ai rilievi sulla mancata considerazione degli elementi atti a denotare una cessione d’azienda, gli stessi attengono alla valutazione probatoria che compete al giudice del merito, e la contestazione si sostanzia nella attribuzione di diverso peso probatorio agli elementi acquisiti, dei quali si contraddice la valutazione effettuata, con motivazioni che impingono nel merito ed esulano come tali dal catalogo dei vizi denunziabili in sede di legittimità;

8. il secondo motivo è inammissibile per i termini in cui risulta prospettato, in quanto, in tema di procedimento civile, sono riservati al giudice del merito l’interpretazione e la valutazione del materiale probatorio, il controllo dell’attendibilità e della concludenza delle prove, la scelta, tra le risultanze probatorie, di quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, nonchè la scelta delle prove ritenute idonee alla formazione del proprio convincimento. E’, pertanto, insindacabile, in sede di legittimità, il “peso probatorio” di alcune testimonianze rispetto ad altre, in base al quale il giudice di secondo grado sia pervenuto a un giudizio logicamente motivato, diverso da quello formulato dal primo giudice (cfr., tra le altre, Cass. 08.08.2019 n. 21187, Cass. 10.06.2014 n. 13054);

9. Il terzo motivo è privo di autosufficienza ed in ogni caso è condivisibile il principio espresso da questa Corte secondo cui “la sentenza di appello che si rifaccia alla motivazione della statuizione impugnata non è nulla, qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, atteso che il giudice del gravame può aderire a quella motivazione senza necessità, ove la condivida, di ripeterne tutti gli argomenti o di rinvenirne altri” (Cfr., tra le altre, Cass. 26.05.2016 n. 10937);

10. analoghi profili di inammissibilità sono rinvenibili nel quarto motivo, ove non risulta trascritto il contenuto delle sentenze delle Commissioni tributarie menzionate, per evidenziarne la rilevanza ai fini della presente decisione e comunque il vizio è dedotto in maniera impropria come vizio motivazionale, senza riferimento allo schema deduttivo dell’art. 360 c.p.c., n. 5 novellato, ratione temporis applicabile;

11. infine, quanto alla censura articolata nel quinto motivo, non si censura la sentenza di secondo grado ma, inammissibilmente, quella di primo grado e non è chiaro se si contesti anche la compensazione delle spese quale disposta in secondo grado: in definitiva, anche tale motivo non è idoneamente articolato ed è esposto in maniera generica e confusa;

12. le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e sono liquidate in dispositivo in favore delle controricorrenti, nulla dovendo statuirsi nei confronti dell’INPS, che non ha svolto alcuna attività difensiva;

13. sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, avuto riguardo a quanto precisato in dispositivo pur nella sussistenza di Delib. ammissiva della ricorrente al gratuito patrocinio.

P.Q.M.

la Corte dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate, in favore delle controricorrenti, in Euro 200,00 per esborsi, Euro 4200,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del citato D.P.R., art. 13, comma 1 bis, ove dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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