Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10211 del 28/05/2020

Cassazione civile sez. lav., 28/05/2020, (ud. 27/11/2019, dep. 28/05/2020), n.10211

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. MAROTTA Caterina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10418-2014 proposto da:

F.M., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GLORIOSO 13,

presso lo studio dell’avvocato ANDREA BUSSA, che lo rappresenta e

difende unitamente agli avvocati LIVIO BUSSA, SERGIO ACQUILINO;

– ricorrente principale –

COMUNE LOANO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA FILIPPO NICOLAI, 70, presso lo studio

dell’avvocato LUCA GABRIELLI, rappresentato e difeso dall’avvocato

MARCO BARILATI;

– controricorrente – ricorrente incidentale –

avverso la sentenza n. 501/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,

depositata il 16/10/2013 R.G.N. 955/2012.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza in data 4-16 ottobre 2013 n. 501 la Corte d’appello di Genova riformava la sentenza del Tribunale di Savona e, per l’effetto, rigettava la domanda proposta da F.M. – dipendente del COMUNE di LOANO, inquadrato nella categoria D ed addetto alla unità operativa “Tributi” – per il risarcimento del danno subito negli anni 2002-2010 per la mancata determinazione dei criteri di ripartizione tra i dipendenti dell’ufficio tributi del compenso incentivante per il recupero della evasione ICI.

2. Osservava che l’art. 4 CCNL 2000-2001 prevedeva che il contratto collettivo decentrato integrativo di ente stabilisse, tra l’altro, i suddetti criteri di ripartizione; considerato che tali criteri avrebbero dovuto essere stabiliti mediante accordo tra le parti collettive e che la cifra totale da destinare al compenso incentivante non era stata mai posta in discussione, la responsabilità del COMUNE per il mancato accordo avrebbe potuto essere affermata solo ove fosse stato provato il suo rifiuto a trattare o un suo comportamento ostruzionistico.

3. Il Tribunale di Savona, nel diverso giudizio già celebrato tra le stesse parti per il pagamento del compenso incentivante, nel rigettare la domanda (sentenza del 31 gennaio 2011) aveva affermato che sulla base delle allegazioni e dei documenti prodotti dal F. non era possibile stabilire se il mancato accordo fosse dipeso dalla condotta negatoria ed ostruzionistica della amministrazione ovvero da pretese infondate ed inaccoglibili dei lavoratori.

4. Tale valutazione doveva essere confermata, non avendo il F. apportato alcun ulteriore elemento idoneo a modificarla; il COMUNE aveva prodotto i verbali degli incontri con i sindacati del 2.12.2011 e del 18.1.2012, da cui risultava che ancora a quest’ultima data il sindacato non aveva preso posizione tra le varie proposte avanzate dalle parti (due dall’amministrazione ed una dalle RSU), per disaccordi tra i dipendenti dell’ufficio tributi.

5. Non si poteva imputare a colpa del COMUNE la mancata adozione dell’atto unilaterale previsto dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3 ter nelle more dell’adozione del contratto integrativo, non solo perchè si trattava di una facoltà e non di un obbligo ma anche perchè senza una chiara posizione del sindacato si sarebbe trattato di un atto contrario allo spirito dell’accordo. Non valeva sostenere che l’amministrazione avrebbe dovuto attenersi ai criteri validi per il periodo precedente, perchè non risultava che la situazione di fatto (numero degli addetti all’ufficio ed attività svolta da ciascuno di essi) fosse rimasta invariata.

6. Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza F.M., articolato in due motivi; ha resistito con controricorso il COMUNE di LOANO, che ha altresì proposto ricorso incidentale subordinato, articolato in un unico motivo, cui ha opposto difese F.M. con controricorso.

7. Il F. ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1. Con il primo motivo F.M., ricorrente in via principale, ha dedotto violazione degli artt. 112,115,116, 437 c.p.c. e degli artt. 1362 e 1363 c.c. nonchè omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio oggetto di discussione tra le parti.

2. Ha dedotto che la Corte territoriale non aveva correttamente interpretato la sentenza resa dal Tribunale di Savona nel precedente giudizio di pagamento intercorso tra le stesse parti (sent. n. 1/2011). Ivi il Tribunale aveva ritenuto che non potevano essergli riconosciuti i compensi incentivanti in mancanza dei criteri di ripartizione dell’incentivo, da individuare con accordo sindacale. Aveva anche indicato la azione risarcitoria come rimedio esperibile per il danno derivato dall’inerzia della amministrazione.

3. Ha altresì dedotto che dai documenti di causa, ai quali egli aveva fatto specifico riferimento nella memoria difensiva d’appello, emergeva che la mancata adozione dei criteri di ripartizione dell’incentivo era imputabile all’inerzia della amministrazione comunale.

4. Tanto risultava:

– dalla raccomandata del 9.8.2002 con cui egli, per il tramite del legale di fiducia, chiedeva il pagamento degli incentivi (doc. 15);

– dal sollecito di pagamento inviato in data 21.8.2002 dalle RSU – dalla nota del direttore generale del COMUNE 28.8.2002 prot. n. 29569 – di riscontro alla diffida delle RSU – con cui si assumeva che gli importi erano quantificabili soltanto a fine anno e sarebbero stati erogati in conformità alla vigente disciplina del regolamento comunale;

– dalla replica della RSU in data 16.9.2002 – nota protocollo 29569/34400- ove si rappresentava che le somme erano già state esattamente stanziate nel bilancio di previsione del 2002 sicchè non era necessario attendere il termine dell’esercizio (doc. 17);

– dalla lettera personale dei dipendenti dell’ufficio tributi in data 14.11.2006 (doc. 20), di sollecito e costituzione in mora della amministrazione e del dirigente competente per la liquidazione dei compensi accessori (per l’anno 2002 secondo i termini e modalità seguiti nelle precedenti annualità e per gli anni 2003 e successivi con i termini e le modalità indicati nel contratto integrativo decentrato presentato dalle RSU con nota 1.12.2005 n. 41326).

5. Il ricorrente ha altresì esposto che le proposte contenute nella piattaforma di contratto decentrato dell’1.12.2005 non avevano trovato risposta per lungo tempo, come dai solleciti inoltrati dalla medesima RSU, prodotti in causa (documenti da 74/1 a 74/5) e che soltanto in data 12 ottobre 2011 era stata emanata la delibera con cui per la prima volta l’ente impartiva direttive alla delegazione trattante di parte pubblica.

6. Tale situazione era confermata dai verbali delle prove (testi M.M. e G.P.A.) assunte nella precedente causa per il pagamento degli incentivi (doc. 55).

7. Si censura la statuizione della Corte territoriale anche per avere valorizzato i verbali di incontro con i sindacati del 2 dicembre 2001 e del 18 gennaio 2012, in contrasto con il disposto dell’art. 437 c.p.c., trattandosi di documenti nuovi prodotti tardivamente: in relazione all’epoca della loro formazione essi avrebbero dovuto essere prodotti alla udienza di discussione del primo grado, celebrata in data 30 marzo 2012.

8. Si deduce in ogni caso che tali documenti – se correttamente letti – non fondavano le conclusioni assunte dalla Corte territoriale.

9. Il motivo è inammissibile.

10. La censura difetta di decisività laddove denuncia l’errore che sarebbe stato commesso dal giudice dell’appello nell’interpretare la sentenza resa dal Tribunale di Savona nel diverso giudizio per il pagamento del compenso incentivante.

11. La Corte territoriale ha invero respinto la domanda risarcitoria oggetto di causa sulla base di autonome valutazioni, che non risultano vincolate dal giudizio espresso, in punto di responsabilità della amministrazione comunale, nella sentenza resa sulla domanda di pagamento dell’incentivo. Tale sentenza è stata richiamata nella motivazione della sentenza impugnata non con forza di giudicato bensì come argomento meramente rafforzativo del convincimento raggiunto dal collegio giudicante.

12. Per il resto il motivo – piuttosto che evidenziare uno specifico fatto storico non esaminato nella sentenza impugnata – chiede a questa Corte di procedere ad una nuova valutazione dell’intero complesso dei documenti di parte, che la Corte territoriale ha già reputato non idonei a provare un comportamento dell’ente comunale contrario a correttezza e buona fede (pagina 4 della sentenza impugnata, capoverso sesto).

13. In sostanza, piuttosto che dedurre l’omesso esame di un fatto storico decisivo, si chiede a questa Corte un inammissibile riesame del materiale istruttorio.

14. Quanto alla pretesa violazione dell’art. 437 c.p.c., la parte ricorrente non trascrive gli atti processuali dai quali risulterebbe la allegazione tardiva dei documenti.

15.Le censure aventi ad oggetto la interpretazione dei medesimi documenti, infine, sono inammissibili per difetto di specificità; manca, invero, sia la trascrizione del loro contenuto, eseguita soltanto per stralci, che la indicazione dei canoni ermeneutici che sarebbero stati violati e delle ragioni della violazione.

16. Con il secondo motivo la parte ricorrente in via principale ha lamentato violazione degli artt. 1175, 1374 e 1375 c.c., del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3 bis, dell’art. 4, commi 1 e 2 CCNL 2000-2001 anche in relazione all’art. 14 regolamento generale delle entrate comunali ed all’art. 12 del regolamento della disciplina ICI del COMUNE di LOANO.

17. Ha assunto che l’obbligo del COMUNE di attivarsi per la determinazione dei criteri per la attribuzione del compenso incentivante derivava – oltre che dal canone della lealtà e correttezza:

– dal regolamento generale delle entrate comunali del COMUNE di LOANO, approvato con Delib. Consiglio Comunale n. 29999, il cui art. 14 prevedeva la attribuzione di compensi incentivanti al personale addetto all’ufficio tributi per la attività accertativa che consentisse il recupero dell’evasione, facendo rinvio al regolamento per la disciplina dell’ICI. Detto regolamento, approvato con Delib. Consiglio comunale n. 281999, disponeva la attribuzione di compensi incentivanti al personale addetto all’ufficio tributi, ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 59, comma 1, lett. p) nella misura del 20% delle somme evase effettivamente recuperate.

– dall’art. 4, commi 1 e 2, del CCNL 2000/2001, a tenore del quale in sede di contrattazione collettiva decentrata integrativa a livello di ente erano regolati i criteri generali relativi ai sistemi di incentivazione del personale sulla base di obiettivi e programmi di incremento della produttività e di miglioramento della qualità del servizio – dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, commi 3 bis e 3 ter.

18. Ha censurato la interpretazione del suddetto art. 40, comma 3 ter, adottata nella sentenza impugnata, assumendo che l’ente, avendo accantonato le somme (come da deposizione del teste V.L.: doc. 56) ed avendo riconosciuto di doverle (memoria difensiva, pagina 8), era tenuto a procedere al pagamento nelle more della sottoscrizione dell’accordo sindacale.

19. Il motivo è inammissibile.

20. Relativamente alle censure svolte in riferimento ai regolamenti comunali (approvati con Delib. consiglio comunale n. 29999 e n. n. 281999) la inammissibilità discende dalla violazione del principio di specificità del ricorso per Cassazione (art. 366 c.p.c.). Sul punto va ribadita la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale (Cass. civ sez. tributaria 20 luglio 2018 n. 19360; sez. lav. 17 ottobre 2016 n. 20966; sez. VI 23 gennaio 2014 n. 1391; Cassazione civile sez. I, 29/08/2006, n. 18661Cass., n. 22648 del 2004; n. 1865 del 2000) qualora con il ricorso per Cassazione si sollevino censure che comportino l’esame di un regolamento comunale è necessario che le norme del regolamento invocate siano interamente trascritte o allegate, non operando, con riguardo alle norme giuridiche secondarie – rispetto al quale va tenuto distinto il caso delle fonti paraprimarie o subprimarie, quale lo statuto comunale – il principio iura novit curia, e non rientrando, pertanto, la conoscenza dei regolamenti comunali tra i doveri del Giudice, che, solo ove disponga di poteri istruttori, può acquisirne diretta conoscenza, indipendentemente dall’attività svolta dalle parti.

21. Quanto alla violazione dell’art. 4 CCNL, la censura è inammissibile per un duplice ordine di ragioni: da un canto il ricorrente non indica sotto quale profilo la sentenza impugnata si porrebbe in contrasto con le disposizioni del CCNL di comparto; d’altra parte la denuncia appare eccentrica rispetto alla ratio decidendi. La Corte territoriale non dubita della necessità dell’intervento della contrattazione integrativa di ente per la distribuzione del compenso incentivante, fondando, invece, la decisione sulla ritenuta non-imputabilità all’ente comunale della mancata sottoscrizione del contratto integrativo.

22. La censura di violazione del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 40, comma 3 ter non si sottrae, da ultimo, al rilievo di inammissibilità, in quanto, pur formalmente deducendo un vizio di interpretazione della norma, nei contenuti richiede un nuovo apprezzamento dei fatti storici, alla luce dei quali si assume emergere la scorrettezza della condotta della amministrazione.

23. Il ricorso principale deve essere conclusivamente dichiarato inammissibile.

24. Ne deriva l’assorbimento del ricorso incidentale, con il quale il COMUNE di LOANO ha riproposto in questa sede, subordinatamente all’accoglimento del ricorso principale, i motivi di appello rimasti assorbiti nella sentenza gravata, relativi alla quantificazione del danno da parte del giudice del primo grado.

25.Conclusivamente va dichiarato inammissibile il ricorso principale ed assorbito l’incidentale.

26. La parte ricorrente in via principale va condannata alla refusione delle spese, liquidate in dispositivo.

27. Trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto- ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (che ha aggiunto il comma 1 quater al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13) – della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la impugnazione integralmente rigettata, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte dichiara la inammissibilità del ricorso principale, assorbito il ricorso incidentale. Condanna la parte ricorrente in via principale al pagamento delle spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 4.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 27 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 28 maggio 2020

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