Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 10211 del 19/05/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 10211 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: SCALISI ANTONINO

SENTENZA

sul ricorso 3735-2013 proposto da:
AZIENDA AGRICOLA FORNERA s.s. DI RODIGHIERO CLAUDIO &
Co. p.iva 03457450272, in persona del legale
rappresentante pro tempore, domiciliata ex lege in
ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA della CORTE
DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato
RICCARDO MAZZON;
– ricorrente

cOntro

CEDRELLI IOLANDA, elettivamente

domiciliata in ROMA,

VIA GIOSUE’ BORSI 4, presso lo

studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 19/05/2015

FEDERICA SCAFARELLI, che la rappresenta e difende
unitamente all’avvocato RODOLFO MARIGONDA;

controricorrente

avverso la sentenza n. 2254/2012 della CORTE D’APPELLO
di VENEZIA, depositata il 18/10/2012;

udienza del 26/03/2015 dal Consigliere Dott. ANTONINO
SCALISI;
udito l’Avvocato GIANLUCA CALDERARA, con delega orale
dell’Avvocato FEDERICA SCAFARELLI difensore della
resistente, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per il
rigetto del primo motivo, per l’accoglimento del
secondo motivo e per l’assorbimento del terzo motivo
del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Svolgimento del processo
Basso Sergio, in data 30 settembre 2010 proponeva ricorso ex art. 702 bis cpc
avanti il Tribunale di Venezia, per sentire accertare e dichiarare la nullità
dell’accordo dallo stesso stipulato con la società Fornera ss. di Rodighiero
Claudio & Co. Az Agricola il 28 giugno 2010, sostenendo che questo

costituiva un preliminare di preliminare e, come tale, nullo per mancanza di
causa. Oggetto dell’accordi di cui si dice era un terreno facente parte del
mappale 53 di mq 77.712,78 e del mappale 5 di mq 77.262,78 cui era
comproprietario insieme al fratello Dino.
Si costituiva l’Azienda Agricola Fornera, sostenendo che l’accordo di cui si
dice, integrava gli estremi di un preliminare puro e semplice,
dunque, il rigetto della domanda del ricorrente e in

chiedeva,

via riconvenzionale,

sentenza ex art. 2932 cc. produttiva degli effetti dell’accordo.
Morto Basso Sergio si costituiva volontariamente la moglie Cedrelli Jolanda,
quale erede universale.
Il Tribunale di Venezia con ordinanza del 10 novembre 2011 rigettava la
domanda della parte ricorrente, rigettava anche le domande tutte di parte
resistente, rigettava la domanda di condanna ex art. 96, formulata da parte
ricorrente. Compensava interamente tra le parti le spese giudiziali.
Avverso questa ordinanza proponeva appello, davanti alla Corte di Appello di
Venezia, la sig.ra Cedrelli Iolanda, insistendo per l’asserita nullità
dell’accordo preliminare stipulato tra le parti il 28 ottobre 2010.
Si costituiva l’Azienda agricola Fornera ribadendo le proprie posizioni e
i‘l
difese già svolte

nel primo grado di giudizio e chiedeva che venisse

confermata l’ordinanza impugnata, relativamente alla validità dell’accordo e
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_

riproponeva in via incidentale la richiesta che venisse emessa sentenza ex art.
2032 cc., nonché la condanna dell’appellante al pagamento delle spese del
giudizio.
La Corte di appello di Venezia con sentenza n. 2254 del 2012, accoglieva
l’appello principale proposto da Cedrelli Iolanda, e respingeva l’appello

incidentale, dichiarava la nullità della scrittura inter partes del 28 giugno
2010, condannava l’appellata al pagamento delle spese di entrambi i gradi del
giudizio. Secondo la Corte veneziana, il documento in questione integrava gli
estremi di un accordo prodromico, privo della valenza di un preliminare
obbligatorio, comunque, sarebbe ormai jus receptum che il preliminare del
preliminare è nullo per difetto di causa, non essendo meritevole di tutela
l’interesse di obbligarsi ad obbligarsi perché produttivo, come si esprime la
Suprema Corte, di un’inutile complicazione e, ciò aggiungasi, in ragione del
rilievo, che già l’ordinamento prevede la tutela specifica e reale di cui all’art.
2932 cc., ed esige a tal fine che i contraenti definiscano un accordo
direttamente preliminare e, cioè, senz’altro per essi obbligatorio e, quindi,
coercibile secondo lo schema legale ivi tassativamente disciplinato.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da Fornera SS. di Rodighiero
Claudio & Co. Az Agricola con ricorso affidato a quattro motivi. Cedrelli
Iolanda ha resistito con controricorso, illustrato con memoria.
Motivi della decisione
1.= Con il primo motivo del ricorso Fornera di Rodighiero Claudio & Co. Az
Agricola, denuncia la violazione ai sensi dell’art. 360 n. 3 cpc., Violazione e
falsa applicazione dell’art. 702

quater cpc. inammissibilità dell’appello

promosso da Cedrelli Iolanda avverso l’ordinanza di rigetto 10 novembre

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2010 del Tribunale di Venezia. Secondo la ricorrente, avrebbe errato la Corte
di Appello di Venezia nel non aver dichiarato inammissibile l’appello
proposto avverso l’ordinanza emessa il 10 novembre 2010 dal Tribunale di
Venezia perché proposto al di fuori della previsione legale di cui all’art. 702
quater cod. proc. civ. In particolare, secondo la ricorrente alla luce del
l’ordinanza di

combinato disposto degli artt. 702 ter e quater cpc.,

accoglimento sarebbe appellabile perché, altrimenti, passerebbe in giudicato,
mentre l’ordinanza di rigetto non passerebbe in giudicato e per questo non
sarebbe appellabile, In quest’ultimo caso, la tutela del soccombente sarebbe
affidata alla facoltà di riproporre la domanda se del caso in via ordinaria.
1.1.= Il motivo è inammissibile per novità della censura.
L’eccezione relativa all’inammissibilità dell’appello avverso l’ordinanza di
rigetto ex art. 702 cpc. viene sollevata per la prima volta in sede di legittimità,
posto che era stata proposta eccezione basata sulla formulazione dell’atto
introduttivo, ma in ordine alla non appellabilità. Invero, poiché la questione
sollevata non risulta trattata nella sentenza impugnata, la ricorrente, al fine di
evitare una statuizione di inammissibilità della censura in quanto nuova,
aveva l’onere, in realtà non assolto, di allegare l’avvenuta deduzione della
questione dinanzi al giudice di merito, indicando, altresì, in quale atto del
giudizio precedente lo avesse fatto, onde consentire a questa Corte di
controllare “ex actis” la veridicità di tale asserzione prima di esaminare, nel
merito, la questione stessa.
1.1.a) Tuttavia, appare opportuno evidenziare, anche in questa sede che, come
ha già affermato questa Corte in altra occasione (Cass. Ord. n. 11465 del
14/05/2013) in tema di procedimento sommario di cognizione, l’art. 7043

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quater disciplina un mezzo di impugnazione che ha natura di appello (e non di
reclamo cautelare), la cui mancata proposizione, comporta il passaggio in
giudicato dell’ordinanza emessa ex art. 702-bis cod. proc. civ., prefigurando
un procedimento con pienezza sia di cognizione (come in primo grado), che di
istruttoria (a differenza del primo grado, ove è semplificata), analogo a quello

disciplinato dall’art. 345, secondo comma, cod. proc. civ. Ne consegue che
tale impugnazione va proposta alla Corte d’appello e non al Tribunale in sede
collegiale.
1.1.b).= Va qui, comunque, aggiunto che la tesi secondo cui la sequenza
normativa seguita dall’art. 702 ter e 702 quater cpc. ( l’art. 702 terc. cp.c. , al
quinto comma ultima parte, statuisce che “il giudice provvede con ordinanza
all’accoglimento o al rigetto delle domande”; il successivo sesto comma
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prevede che “l’ordinanza è provvisoriamente esecutiva e costituisce titolo per
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la iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione”; infine l’art. 702 quater
c.p.c. attribuisce gli effetti del giudicato sostanziale alla ordinanza “emessa ai
sensi del sesto comma dell’art. 702 terc.p.c.”) sarebbe ostativa all’appellabilità
della pronuncia di rigetto, atteso che l’art. 702 quater c.p.c. (che prevede la
idoneità al giudicato e, dunque, la proponibilità dell’appello) richiama
l’ordinanza di cui al sesto comma dell’art. 702 ter c.p.c., che in quanto indicata
come provvisoriamente esecutiva ed idonea a costituire titolo per l’iscrizione
di ipoteca o trascrizione, viene individuata esclusivamente in quella di
accoglimento della domanda, non è condivisibile, sia per ragioni di principio,
sia per ragioni assiologiche pratiche. Intanto, va qui chiarito che appare
arbitrario sostenere che il sesto comma dell’art. 702 ter si riferisca,
semplicemente, alle ordinanze di accoglimento, posto che si limita a
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richiamare l’ordinanza. Piuttosto, considerato che il quinto comma dell’art.
702 ter, individua, sempre e comunque, l’ordinanza (di rigetto o di
accoglimento) come provvedimento conclusivo del procedimento per rito
sommario di cognizione, la funzione del sesto comma è unicamente quella di

precedente, è, quando ne ricorrano i presupposti, provvisoriamente esecutiva.
Che, poi, il riferimento all’ordinanza contenuto nel sesto comma non possa
essere inteso come sola ordinanza di accoglimento è dato, anche, dal fatto che
pure l’ordinanza di rigetto deve contenere la statuizione sulle spese e come
tale, anche, questa ordinanza, comunque, sarebbe provvisoriamente esecutiva.
Ora, se questo è il senso da attribuire alla normativa di cui all’art. 702 ter, il
richiamo operato dall’art. 702 quater all’ordinanza di cui al sesto comma
dell’art. 702 ter non deve essere interpretato in maniera riduttiva, con
riferimento al solo provvedimento di accoglimento, ma deve essere riferito a
qualsivoglia ordinanza conclusiva, qualunque sia il suo contenuto.
Tale interpretazione, come pure è stato detto dalla dottrina più attenta e dalla
stessa giurisprudenza, soprattutto, di merito, deve essere preferita perché più
conforme ai principi costituzionali ispiratori del giusto processo; e sia perché,
opinando diversamente e consentendo la riproposizione del ricorso in caso di
rigetto della domanda, si vanificherebbe tutta l’attività svolta dal primo
giudice e si porrebbero problemi circa l’appellabilità della (eventuale)
condanna alle spese.
2.= Con il secondo motivo la ricorrente, denuncia la violazione ai sensi
dell’art. 360 n. 3 cpc., Violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 1363,
1366, 1267 cc. con riferimento all’art. 1325 cc, Omessa ed insufficiente
.

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chiarire che quell’ordinanza, cioè l’ordinanza già indicata nel comma

motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. Secondo la
ricorrente, la Corte veneziana, diversamente da quanto aveva fatto il
Tribunale, non prende assolutamente in considerazione le norme che devono
necessariamente sottendere all’interpretazione del contratto, ossia gli artt.
1362,1363, 1366,1367 cc. e si sarebbe limitata a considerare, esclusivamente,

l’espressione letterale usata dalle parti. Piuttosto, la Corte distrettuale avrebbe
dovuto considerare ed analizzare l’accordo del 28 giugno 2010 nel suo
complesso, non limitandosi,come invece è avvenuto, al senso letterale delle
parole ma indagando quale fosse stata ala comune intenzione delle parti,
valutando, anche, il loro comportamento successivo alla conclusione del
contratto, interpretando le clausole le une per mezzo delle altre attribuendo a
ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto e, successivamente,
interpretando il contratto secondo buona fede ed, in modo tale che nel dubbio
_

possa avere qualche effetto anziché non averne alcuno. Tenuto conto di questi
criteri ermeneutici, secondo la ricorrente, la corte veneziana avrebbe accertato
che il contratto de quo presentava tutti gli elementi formali e sostanziali di un
preliminare vero e proprio: a) vi era la completa individuazione dei soggetti;
stabilito per la vendita; c) vi era

b) vi era l’indicazione del prezzo

l’individuazione dell’oggetto non specificatamente determinato a causa della
non conclusa operazione di divisione, ma, comunque, agilmente determinabile
a conclusione della stessa. Con il rimando ad un successivo preliminare, le
parti altro non intendevano

se non l’inserimento nell’accordo già preso

dellì’indicazione dei dati catastali dell’immobile oggetto del contratto una
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volta che questi fossero disponibili a seguito della redazione di perizia
2.1.= Il motivo è infondato non solo perché si risolve in una istanza di
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revisione della valutazione e del convincimento della Corte distrettuale, cioè,
nella richiesta di un nuovo giudizio di merito, non proponibile nel giudizio di
cassazione se, come nel caso in esame, la valutazione dei fatti e delle prove
operata dal giudice del merito non presenza vizi logici, né violazione di legge,

compiutamente l’iter logico della sua decisione ed ha adeguatamente indicato
le ragioni e gli elementi di fatto e di diritto posti a fondamento della sua
decisione di ritenere che il documento del 28 giugno 2010 doveva qualificarsi
come accordo prodromico, privo della valenza di un preliminare obbligatorio,
eventualmente coercibile ex art. 2932 cc..
Il Collegio, pur prendendo atto che le SSUU con sentenza n. 4628 del 2015
hanno ritenuto valido il preliminare del preliminare, sia pure con opportune
_
precisazioni, osserva che la questione decisa dalle SU non rileva nel caso di
_

specie, perché con il mezzo di impugnazione non si è inteso sostenere la
validità di un negozio di tal genere (di un negozio diretto alla tutela di un
interesse delle parti ad una formazione progressiva del contratto fondata su
una differenziazione di contenuti negoziali), ma si sostiene che il contratto di
cui si dice fosse un contratto preliminare completo, e sotto tale profilo la
sentenza è concretamente motivata.
Come ha avuto modo di chiarire la Corte distrettuale “(…..) va rilevato il fatto
che dalle stesse letterali espressioni usate si desume che le parti avessero
voluto una mera puntuazione delle trattative in corso che esse avevano
definito accordo preliminare, dichiarandosi disposti a sottoscrivere, ma, in
seguito un contratto preliminare di compravendita. Pertanto, il documento in
questione è solo accordo prodromico, privo di valenza di un preliminare
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ma anche e/o, soprattutto, perché la Corte distrettuale ha esposto

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obbligatorio, laddove, infatti, né il Basso risulta avere dichiarato di promettere
la vendita di alcunché, né il Rodighiero, a sua volta risulta, di avere promesso
di acquistare un certo bene. E di più, la Corte distrettuale precisa, altresì, che
(…..) le parti avevano indicato taluni elementi del futuro negozio atti
all’identificazione del terreno da compravendere, che, per altro, nemmeno era
con i dati catastali e con l’esatta superficie ed avevano

stato identificato

espressamente dichiarato l’una che era suo semplice intento vendere tra l’altro
solo dopo eseguita la divisione con il fratello, quindi, non in quel momento e
l’altra che offriva un certo prezzo”.
Ora, appare, di tutta evidenza, che i dati valutati dalla Corte distrettuale, non
smentiti dalla ricorrente, consentivano non solo di ritenere il risultato
raggiunto consequenziale, ma di escludere che il documento de quo
contenesse gli elementi strutturali di un vero e proprio preliminare: non vi era
.

l’espressione di un impegno a stipulare una futura vendita, non vi era l’esatta
indicazione dell’oggetto.
Le chiare indicazioni contenute nel documento de quo e, così come indicate
puntualmente dalla Corte distrettuale, appaiono, pertanto, del tutto sufficienti
ad identificare la comune intenzione delle parti e l’elemento letterale
rappresenta, ai sensi dell’art. 1362 cod. civ., l’imprescindibile dato di partenza
dell’indagine ermeneutica, con la conseguente preclusione del ricorso ad altri
criteri di interpretazione, quando la comune volontà delle parti emerga, come
nel caso in esame, in modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate nel
“contratto”.
Piuttosto, a fronte delle valutazioni della Corte distrettuale la parte
contrappone le proprie, ma della maggiore o minore attendibilità di queste

_
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rispetto a quelle compiute dal giudice del merito non è certo consentito
discutere in questa sede di legittimità, né può il ricorrente pretendere il
riesame del merito sol perché la valutazione delle accertate circostanze di
fatto, come operata dal giudice di secondo grado, non collima con le loro
aspettative e confutazioni.

3.= Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione ai sensi dell’art.
360 n. 3 cpc., Erronea applicazione dell’art.1355 cc., e la violazione dell’art.
1359 cc con riferimento all’art. 2932 cc. Avrebbe errato la Corte distrettuale,
secondo la ricorrente nell’aver rigettato il suo appello incidentale teso alla
pronuncia di sentenza costitutiva ex art. 2932 cc., che tenesse luogo del
contratto non concluso dovendo considerare che la condizione prevista
nell’accordo del 18 giugno 2010 pur non considerandosi meramente
_
potestativa, nulla i sensi dell’art. 1355 cc., era certamente una condizione cd.
unilaterale che apposta nell’esclusivo interesse dell’acquirente e demandata
esclusivamente ad un atto di volontà di Basso Sergio., disciplinata dall’art
1369 cc in base al quale la condizione si considera avverata qualora sia
mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse

contrario

all’avverimento della stessa.
3.1.= La censura rimane assorbita dal secondo motivo del ricorso; dato che,
dovendosi escludere, nel caso in esame, l’esistenza di un contratto tra le parti
in causa, diviene superfluo e/o non necessario accertare se la condizione
relativa alla futura divisione tra i fratelli Basso dovesse essere ritenuta come
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verificata ai sensi dell’art. 1359 cc.
Tuttavia va, comunque, precisato che in caso di preliminare di vendita di un
bene immobile, concluso da uno solo dei comproprietari “pro indiviso”, si
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deve escludere la facoltà del promissario acquirente di richiedere ex art. 2932
cod. civ. il trasferimento coattivo, limitatamente alla quota appartenente allo
stipulante, non essendo consentito, in via giudiziale, costituire un rapporto
giuridico diverso da quello voluto dalle parti con il preliminare, in quanto
l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di concludere un contratto è

ammessa, ex art. 2932, primo comma, cod. civ., solo “qualora sia possibile”.
4.= Con il quarto motivo la ricorrente denuncia la violazione ai sensi dell’art.
360 n 3 cpc., Violazione ed erronea applicazione degli artt. 1337 e 1338 cc.
nonché 1218 cc. Avrebbe errato, la Corte di Venezia, secondo la ricorrente,
nell’aver escluso la responsabilità precontrattuale di Basso Sergio per recesso
ingiustificato dalla trattativa ex art. 1337 cc., e per aver sottaciuto l’esistenza
di eventuali cause di invalidità ex art. 1338 cc. Piuttosto, secondo la
ricorrente, posto che la condizione sospensiva apposta all’accordo del 28
giugno 2010, la divisione del terreno di cui si dice, era unilaterale ed affidata
ad un atto di volontà esclusivo del Basso Sergio, il fatto che questi non attui
detta divisione, comporta una sua responsabilità per violazione dell’obbligo
di buona fede ex art. 1337 cc. E di più, il promittente venditore (Basso Sergio)
doveva essere ritenuto responsabile ai sensi dell’art.

1338 cc. per aver

sottaciuto a Fornera l’esistenza di eventuali cause di invalidità del contratto,
quale la presunta violazione agraria asseritamente spettante a Di Tos Isidoro e
comunque
ex art. 1218 cc per non aver eseguito la prestazione dovuta a causa a lui
imputabile., posto che l’unica ragione per cui le parti non sono addivenute al
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contratto definitivo di compravendita è stato un rifiuto ingiustificato di Basso,
nonostante, si fosse impegnato in tal senso.

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4.1.= Anche questo motivo è infondato ed essenzialmente perché non coglie la
ratio decidendi.
Come ha avuto modo di chiarire la corte distrettuale, non si configura nella
fattispecie alcun comportamento

del Basso suscettibile di provocare un

ingiusto danno al Rodighiero, laddove, entrambi le parti, avevano stilato un

mero accordo prodromico che, infatti, deve essere qui dichiarato nullo, perché
non meritevole di tutela e la cui mancata attuazione non potrebbe, pertanto,
dar luogo al richiesto risarcimento del danno, non potendo dare esecuzione ad
un patto nullo. E di più, la Corte distrettuale ha avuto modo di chiarire che,
nel caso in esame la responsabilità del Basso andava esclusa, anche a voler
considerare la dedotta valenza di un valido preliminare perché il fatto stesso
che quell’accordo, era sottoposto a condizione mista e non potestativa, e,
quindi, valido, la circostanza che quella condizione ben poteva non avverarsi
,

erano elementi che escludevano la dedotta responsabilità del Basso verso il
Rodighiero, avendo questi accettato

con quelle pattuizioni che l’affare

potesse non andare a buon fine, nonostante, i buoni intendimenti appalesati.
E’ chiaro, pertanto, che la Corte distrettuale ha escluso la responsabilità del
Basso ritenendo che nel caso concreto non era possibile identificare alcun
inadempimento dello stesso Basso, perché mancava la fonte dell’obbligo cioè
il contratto o un accordo valido, e, comunque, perché l’eventuale interruzione
delle trattative non era imputabile al Basso, ma al mancato avverarsi di una
condizione accettata dalle parti. Né ad identificare una violazione dell’obbligo
di buona fede e/o di correttezza, sarebbe sufficiente, come vorrebbe la
ricorrente, il fatto che il Basso non avrebbe attuato la divisione di cui si dice
disattendendo i buoni intendimenti espressi in sede di stipula dell’accordo,
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k

perché, comunque, la condizione de qua non era meramente potestativa ed il
suo mancato avverarsi non era imputabile allo stesso Basso.
In definitiva, il ricorso va rigettato. Le incertezze giurisprudenziali sono
ragioni sufficienti per compensare le spese del presente giudizio

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.
Così deciso, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della
Corte di Cassazione il 26 marzo 2015

PQM

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